Marino esclusivo: “L’Udinese stupirà ancora con il Golden Boy Samardzic”

Segreti e obiettivi dei friulani a due giorni dalla sfida di vertice con l’Atalanta
Marino esclusivo: “L’Udinese stupirà ancora con il Golden Boy Samardzic”© LaPresse

TORINO - Grande conoscitore di calcio e di uomini dentro al calcio, Pierpaolo Marino non per caso è uno degli architetti di questa splendida Udinese che coniuga strepitosi risultati con invidiabili dinamiche di mercato sia dal punto di vista tecnico sia da quello economico. Dirigente fin dal 1984, allora il più giovane d’Italia, in piazze complesse come Avellino prima e il Napoli di Maradona poi, adesso è uno dei dirigenti più anziani e sa coniugare esperienza a modernità di azione e di visione, Anche per questo si integra alla perfezione in un sistema, quello dell’Udinese, da anni all’avanguardia nel cavalcare le trasformazioni del calcio. Direttore tecnico della sorprendente Udinese terza in classifica, ha ricoperto questo incarico per quattro anni dal 2011 anche in quella Atalanta che gettava le basi per la sua crescita esponenziale. L’uomo giusto, insomma, per avvicinarsi alla sfida di domenica che mette di fronte le due realtà più sorprendenti di questa prima fase di campionato. Anche perché, sebbene in possesso di conoscenze tecniche e di esperienza, Pierpaolo Marino non ha abdicato alla dimensione empatica e passionale. 
 
Direttore: lunedì, immediatamente dopo la vittoria contro il Verona, l’abbiamo vista sinceramente commosso. Incredibile, dopo tutti questi anni di calcio... 
 
"Mah, non tanto - sorride - Faccio da tanti anni questo mestiere, ma sempre con la stessa passione. E allora in momenti come questi ti senti partecipe, sebbene non protagonista diretto, nel vivere il record nella storia dell’Udinese e la splendida prova della squadra. L’emozione la provi perché non è solo un mestiere: è il sentimento che sta alla base di tutto per poter fare bene la professione. E’ la molla che mi ha spinto a diventare il direttore più giovane in avvio di carriera e quello più anziano adesso". 
 
Lei ha anche sottolineato il carattere: è uno dei segreti di questa Udinese? 
 
"Sì, è sicuramente una componente importante. Non è un caso che quasi tutte le vittorie importanti siano arrivate in rimonta: una squadra di qualità che lotta fino all’ultimo senza arrendersi". 
 
Quanto è grande il merito di Sottil in questo percorso di crescita e di consapevolezza? 
 
"Lui ha realizzato un grande lavoro, non c’è dubbio. Ma va sottolineato che è stato aiutato dall’aver trovato un gruppo unito, con giocatori di qualità, una squadra forte. Poi lo ha facilitato anche il fatto di conoscere un ambiente e un modo di lavorare in cui ha giocato per quattro anni: ero direttore anche allora... Insomma: è tornato in un ambiente che praticamente non aveva mai lasciato e, da allenatore, ha trasmesso ai giocatori le caratteristiche che lo avevano fatto amare da giocatore".  
 
Lei ha caldeggiato moltissimo l’ingaggio di Sottil: perché? 
 
"Intanto va precisato che la scelta è stata condivisa con la famiglia Pozzo, ma è vero che io seguo sempre i miei ex giocatori che intraprendono la carriera di allenatore. Mi aveva stupito favorevolmente che avesse accettato di mettersi in gioco nelle categorie inferiori, in ambienti in cui si deve sopperire a difficoltà anche fuori dal campo e dare sempre qualche cosa in più: un segno di carattere. Quando l’abbiamo preso eravamo convinti delle sue qualità, ma non che avesse questa rapidità e abilità nell’inserirsi".  
 
Quali sono i segreti del “metodo Udinese”? 
 
"Tutto deriva da una grande famiglia, quella dei Pozzo, che da 37 anni guida il club trasmettendo idee, concetti manageriali e spirito imprenditoriale. Il successo è passato dall’azienda al calcio in cui è coinvolta la famiglia: da Giampaolo ai figli Gino e Magda. Hanno portato solidità economica, programmazione e grandi intuizioni nell’organizzazione della società".  


 
Senza dimenticare lo scouting, uno dei fiori all’occhiello del club al punto che in tanti si chiedono come sia possibile che riusciate ad anticipare tutti nella corsa ai talenti stranieri. 
 
"Nasce da un’intuizione che il club ha avuto negli Anni 90 lavorando sullo socuting internazionale più di tutti. Con una rete di osservatori, certo, ma anche e soprattutto con sala video che anticipo le moderne piattaforme: registravamo partite a qualsiasi ora e in tutto il mondo attraverso 12 monitor e parabole, con tecnici di calcio che scremavano e selezionavano i possibili obiettivi. Ci ha permesso di anticipare tutti sulla globalizzazione dei mercati". 
 
Però poi c’è tutto l’aspetto dell’inserimento di giocatori che arrivano da tutto il mondo: l’ambiente di Udine aiuta? 
 
"Intanto i ragazzi possono contare su preparatori estremamente competenti e su strutture ottimali: non manca nulla per poter crescere bene. Poi la città: i tifosi sono straordinari per numero e passione, ma allo stesso tempo discreti e non invadenti: c’è serenità per i giocatori". 
 
Ecco, lei che ha lavorato a Bergamo, vede differenze con il “metodo Atalanta”? 
 
"Storicamente l’Atalanta li crea in casa puntando su uno straordinario e storico settore giovanile. I Percassi continuano su questa strada e ora hanno aggiunto un ramo scouting che permette l’arrivo di stranieri giovani di grande prospettiva".  
 
Quali sono i punti di contatto tra le due realtà? 
 
"E’ senz’altro rappresentato dalla proprietà: si tratta di due famiglie di imprenditori importantissimi che hanno trasmesso al club la loro competenza manageriale che ha permesso di costruire imperi aziendali. Coadiuvati, entrambi, da due figli preparatissimi e competenti come Luca Percassi e Gino Pozzo. Sì: il comun denominatore tra i due club è la managerialità, la passione e la solidità delle famiglie che li guidano".  
 
Si aspettava che la sfida contro di loro avrebbe assunto un significato così importante per la classifica? 
 
"Francamente no - sorride - perché non ho la sfera di cristallo. Speravo, questo sì, di arrivarci in piena forma perché ormai con di loro è come sfidare una 'grande'. Direi che lo siamo...". 
 
Chi l’ha colpito di più dei vostri nuovi arrivi? 
 
"Non mi piace fare nomi, però oltre quelli dei vari Lovric e Bijol, già sotto gli ohi di tutti, voglio dire che abbiamo ancora giocatori da mostrare che voi non ancora visto. Quando? Quando non ci saranno più questi: noi lavoriamo anche sui ricambi". 
 
Intanto, a proposito di talenti, Samardzic sembra davvero fenomenale... 
 
"E anche in questo caso non avete visto ancora nulla di quello che mostra a noi in allenamento. Deve crescere, si deve affinare. Quando è arrivato, l’anno scorso, gli dissi 'ti chiamerò Golden Boy', perché mi ricorda Rivera, ma un rivera mancino e non destro , quindi ancora più 'sensibile'. E lo dico a ragion veduta perché sono così anziano - sorride - da aver ancora sfidato Rivera con l’Avellino".  

 Lei portò anche Spalletti all’Udinese... 
 
"E l’avrei portato a Napoli già dopo Reja, ma lui aveva altre proposte. Non mi sorprende quello che fa: è preparato, si aggiorna moderno. Per me non è casuale il suo Napoli". 
 
Qual è l’obiettivo dell’Udinese? 
 
"Vincere partita per partita. Continuare a stupire settimana per settimana. Perché - sorride - vi abbiamo stupiti, vero?". 

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