PESCHIERA DEL GARDA - Luca Toni, come si diventa un centravanti da trecento gol in carriera? «Io non sono nato fenomeno e, se sono diventato un buon giocatore, è perché ho cercato di migliorarmi anno dopo anno. La svolta però è arrivata con Guido Attardi, che purtroppo non c'è più, alla Lodigiani: lui è stato il primo allenatore a darmi un po' di importanza».
Lei ha detto: se segniamo ancora io e Di Natale, siamo messi male.
«E confermo: il calcio italiano ha perso punti rispetto agli altri campionati: il ritmo è diverso, gli altri vanno al doppio e ormai troppo spesso ci sono partite... davvero brutte da vedere».
Soluzioni?
«Puntare di più sui settori giovanili e sugli italiani. Il cambiamento deve poi essere radicale. Qui, per esempio, i tifosi non possono andare in trasferta: se lo dici a un inglese o a un tedesco ti risponde "ma voi siete matti". Una delle cose più tristi per un calciatore è inoltre giocare una partita a porte chiuse: sentire la voce del raccattapalle è imbarazzante e ti fa passare la voglia».
Lei che è stato al Bayern, come spiega il sorpasso a doppia velocità della Germania sul nostro calcio?
«Loro sono stati bravi a costruire impianti di proprietà, a creare intorno alla partita un'atmosfera di festa per attrarre le famiglie. Qui è esattamente il contrario: ci sono strutture bruttissime e vecchie e si fa di tutto per allontanare le famiglie dagli stadi. Quello che non capisco poi è perché il problema violenza siano riusciti a risolverlo gli inglesi mentre noi continuiamo a parlare di riforme che non vengono mai attuate».
Qual è la via d'uscita?
«Far governare il nostro mondo a chi è stato calciatore. Come può decidere cosa sia meglio per il calcio uno che non ha mai frequentato un settore giovanile? È come se mandassero il sottoscritto a fare il direttore di banca. Sapete perché il Bayern funziona? Perché comandano Rummenigge e Hoeness, due che hanno fatto la storia del club».
Lei quindi, nei giorni dell'elezione al presidente federale tifava Albertini?
«Io metterei in Federcalcio gente pulita, gente di calcio, gente che sa, insieme naturalmente ai tecnici».
Fuori i nomi.
«Da Vialli a Del Piero, Cannavaro, allo stesso Albertini: ce ne sono tanti. Gente che sa davvero quanto è importante il settore giovanile, che conosce le esigenze dei giocatori, che si rende conto quanto uno stadio fatto bene possa migliorare lo spettacolo. È brutto da dire, però io la politica la lascerei fuori dal calcio. È chiaro, abbiamo bisogno di loro per velocizzare le norme, ma è giusto che chi decide sappia di pallone».
A proposito di stadi di proprietà: quanti punti porta lo Stadium alla Juve?
«Parecchi perché è un impianto molto vicino al campo e non ha la pista d'atletica che è una bruttura: se non ci fosse neanche al Bentegodi, sono convinto che pure il Verona avrebbe 4-5 punti in più a campionato».
Come si fa a segnare 31 gol in un campionato?
«Ti deve andare tutto bene: a Firenze avevo una squadra che giocava per me, io non ho avuto neanche un raffreddore e... ogni volta che toccavo palla, facevo gol. Come sono tanti i 21 gol a Verona con una neopromossa: mi piace entrare nella storia di un club e ci sono riuscito in almeno 2-3 squadre in cui ho giocato».
C'è già il suo erede?
«Gabbiadini è un bel giocatore, lo stesso Okaka ora non sta segnando tanto ma, quando inizierà a farne tanti di gol, potrà diventare importante anche per una grande squadra. Questi ragazzi però bisogna saperli anche aspettare».
Immobile invece è stato costretto a emigrare in Germania...
«Era il capocannoniere, la Juve l'aveva in mano e l'ha venduto per prendere Morata. Non so se abbia fatto bene oppure no, però è l'esempio di come le grandi squadre italiane guardino prima all'estero e facciano fatica a puntare sui nostri di campioni».
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Lei ha detto: se segniamo ancora io e Di Natale, siamo messi male.
«E confermo: il calcio italiano ha perso punti rispetto agli altri campionati: il ritmo è diverso, gli altri vanno al doppio e ormai troppo spesso ci sono partite... davvero brutte da vedere».
Soluzioni?
«Puntare di più sui settori giovanili e sugli italiani. Il cambiamento deve poi essere radicale. Qui, per esempio, i tifosi non possono andare in trasferta: se lo dici a un inglese o a un tedesco ti risponde "ma voi siete matti". Una delle cose più tristi per un calciatore è inoltre giocare una partita a porte chiuse: sentire la voce del raccattapalle è imbarazzante e ti fa passare la voglia».
Lei che è stato al Bayern, come spiega il sorpasso a doppia velocità della Germania sul nostro calcio?
«Loro sono stati bravi a costruire impianti di proprietà, a creare intorno alla partita un'atmosfera di festa per attrarre le famiglie. Qui è esattamente il contrario: ci sono strutture bruttissime e vecchie e si fa di tutto per allontanare le famiglie dagli stadi. Quello che non capisco poi è perché il problema violenza siano riusciti a risolverlo gli inglesi mentre noi continuiamo a parlare di riforme che non vengono mai attuate».
Qual è la via d'uscita?
«Far governare il nostro mondo a chi è stato calciatore. Come può decidere cosa sia meglio per il calcio uno che non ha mai frequentato un settore giovanile? È come se mandassero il sottoscritto a fare il direttore di banca. Sapete perché il Bayern funziona? Perché comandano Rummenigge e Hoeness, due che hanno fatto la storia del club».
Lei quindi, nei giorni dell'elezione al presidente federale tifava Albertini?
«Io metterei in Federcalcio gente pulita, gente di calcio, gente che sa, insieme naturalmente ai tecnici».
Fuori i nomi.
«Da Vialli a Del Piero, Cannavaro, allo stesso Albertini: ce ne sono tanti. Gente che sa davvero quanto è importante il settore giovanile, che conosce le esigenze dei giocatori, che si rende conto quanto uno stadio fatto bene possa migliorare lo spettacolo. È brutto da dire, però io la politica la lascerei fuori dal calcio. È chiaro, abbiamo bisogno di loro per velocizzare le norme, ma è giusto che chi decide sappia di pallone».
A proposito di stadi di proprietà: quanti punti porta lo Stadium alla Juve?
«Parecchi perché è un impianto molto vicino al campo e non ha la pista d'atletica che è una bruttura: se non ci fosse neanche al Bentegodi, sono convinto che pure il Verona avrebbe 4-5 punti in più a campionato».
Come si fa a segnare 31 gol in un campionato?
«Ti deve andare tutto bene: a Firenze avevo una squadra che giocava per me, io non ho avuto neanche un raffreddore e... ogni volta che toccavo palla, facevo gol. Come sono tanti i 21 gol a Verona con una neopromossa: mi piace entrare nella storia di un club e ci sono riuscito in almeno 2-3 squadre in cui ho giocato».
C'è già il suo erede?
«Gabbiadini è un bel giocatore, lo stesso Okaka ora non sta segnando tanto ma, quando inizierà a farne tanti di gol, potrà diventare importante anche per una grande squadra. Questi ragazzi però bisogna saperli anche aspettare».
Immobile invece è stato costretto a emigrare in Germania...
«Era il capocannoniere, la Juve l'aveva in mano e l'ha venduto per prendere Morata. Non so se abbia fatto bene oppure no, però è l'esempio di come le grandi squadre italiane guardino prima all'estero e facciano fatica a puntare sui nostri di campioni».
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