Verona, oh yeah. Setti verso il sì agli americani

Il fondo a stelle e strisce che vuole il club alza l’offerta a 120 milioni, il patron verso l’addio dopo 12 anni

Il Verona è vicino a diventare il sesto club di Serie A a stelle e strisce. È entrata nel vivo, infatti, la trattativa con il fondo statunitense che vuole rilevare da mesi la società gialloblù. Un affare svelato nei suoi contorni da Tuttosport lo scorso 27 settembre, allorquando gli emissari che stavano portando avanti l’operazione avevano imbastito i primi contatti ufficiali e individuato entro Natale la deadline per chiudere l’operazione. Detto, fatto. Nella giornata di domani è previsto un nuovo aggiornamento tra le parti per provare ad arrivare al signing, da completare nelle prossime settimane. La regia dell’advisor Deutsche Bank - ovvero l’istituto di credito al quale il presidente Maurizio Setti ha dato mandato per verificare la consistenza dei gruppi interessati a rilevare le quote societarie - sta aiutando le parti ad avvicinarsi all’intesa definitiva. Si procede in maniera spedita.

La prima offerta

La prima offerta da 100 milioni presentata a fine settembre era stata respinta al mittente, con Setti che aveva cercato di mantenere pieni poteri. Il modello a cui l’imprenditore carpigiano ammiccava era quello strutturato dai Percassi col fondo Bain Capital (guidato da Steven Pagliuca) all’Atalanta. Il che gli permetterebbe di restare all’interno della nuova compagine sociale con un ruolo di spicco e soprattutto mantenendo una certa operatività. Da parte del fondo americano (con investitori anglosassoni al loro interno) la risposta è stata tiepida. Quello della Dea rappresenta un unicum sul mercato. Parliamoci chiamo: chi coopterebbe un modello in cui bisogna investire capitali freschi ed ingenti senza poi aver l’ultima parola quando si devono prendere delle decisioni? (Quasi) nessuno.

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Marroccu e il fondo americano alzano la posta

E allora avanti tutta con l’intermediazione di una vecchia conoscenza della formazione scaligera. Quel Francesco Marroccu che ha lavorato all’Hellas come direttore sportivo fino allo scorso giugno e che adesso è pronto a tornare da direttore generale degli americani. Il più classico dei rientri dalla porta principale dopo essere stati defenestrati. Marroccu e il fondo americano hanno alzato la posta: pronti 120 milioni per acquistare il Verona. Setti vacilla: ne chiede 150, ma potrebbe accettarne 130. Insomma, ci siamo quasi. Le distanze si sono notevolmente assottigliate e la svolta appare dietro l’angolo. E così un’altra squadra di A potrebbe diventare “made in Usa”.

Verona 6° club made in Usa

Il Verona sarebbe appunto il sesto club della massima serie di proprietà americana dopo Fiorentina (Commisso), Roma (Friedkin), Milan (Cardinale), Genoa (holding 777 Partners) e Atalanta (Pagliuca). Una tendenza significativa e volta a espandersi. Non va dimenticato che appartengono a proprietà americane pure gloriosi club di B (Parma, Pisa, Spezia e Venezia) e di C (Cesena e Spal). Il segnale lampante della direzione in cui sta andando il nostro calcio, dove i mecenati indigeni ormai si contano sulle dita delle mani. Ma torniamo a Setti: dopo quasi 12 anni appare al crepuscolo la sua era veronese. Anni caratterizzati da successi (3 promozioni in A più un paio di campionati a ridosso della zona Europa), ma anche contestazioni (2 retrocessioni in B). Complessivamente però non va dimenticato come durante la sua presidenza diversi giocatori e allenatori importanti siano transitati dal Bentegodi: da Toni a Tudor passando per Zaccagni, Simeone e Rrahmani fino a Dimarco, Casale e Juric tanto per citare i più importanti.

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Il Verona è vicino a diventare il sesto club di Serie A a stelle e strisce. È entrata nel vivo, infatti, la trattativa con il fondo statunitense che vuole rilevare da mesi la società gialloblù. Un affare svelato nei suoi contorni da Tuttosport lo scorso 27 settembre, allorquando gli emissari che stavano portando avanti l’operazione avevano imbastito i primi contatti ufficiali e individuato entro Natale la deadline per chiudere l’operazione. Detto, fatto. Nella giornata di domani è previsto un nuovo aggiornamento tra le parti per provare ad arrivare al signing, da completare nelle prossime settimane. La regia dell’advisor Deutsche Bank - ovvero l’istituto di credito al quale il presidente Maurizio Setti ha dato mandato per verificare la consistenza dei gruppi interessati a rilevare le quote societarie - sta aiutando le parti ad avvicinarsi all’intesa definitiva. Si procede in maniera spedita.

La prima offerta

La prima offerta da 100 milioni presentata a fine settembre era stata respinta al mittente, con Setti che aveva cercato di mantenere pieni poteri. Il modello a cui l’imprenditore carpigiano ammiccava era quello strutturato dai Percassi col fondo Bain Capital (guidato da Steven Pagliuca) all’Atalanta. Il che gli permetterebbe di restare all’interno della nuova compagine sociale con un ruolo di spicco e soprattutto mantenendo una certa operatività. Da parte del fondo americano (con investitori anglosassoni al loro interno) la risposta è stata tiepida. Quello della Dea rappresenta un unicum sul mercato. Parliamoci chiamo: chi coopterebbe un modello in cui bisogna investire capitali freschi ed ingenti senza poi aver l’ultima parola quando si devono prendere delle decisioni? (Quasi) nessuno.

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