Taibi, la coraggiosa solitudine reggina di un numero uno

L’ex portiere, adesso dirigente, è l’unico baluardo di una squadra e di un club che sul campo, sotto la guida di Filippo Inzaghi, si era guadagnata i playoff di Serie B
Taibi, la coraggiosa solitudine reggina di un numero uno© FOTO MOSCA

Martedì 29 agosto il Consiglio di Stato emetterà il suo verdetto sul ricorso della Reggina, esclusa dal campionato di Serie B. Nell'attesa, qui non si parla delle surreali traversie estive vissute a colpi di carta bollata dalla società calabrese, amatissima dai reggini, traditi nelle loro speranze dalle ambizioni infelicemente propalate loro un anno fa. No, qui si parla di Massimo Taibi, 53 anni, direttore sportivo dal 5 maggio 2018 e, da diverse settimane, praticamente anche presidente facente funzioni, allenatore, team manager, dg, preparatore atletico, magazziniere, responsabile della comunicazione. È lui il baluardo unico di una squadra e di un club che sul campo, sotto la guida di Filippo Inzaghi, si era guadagnata i playoff, ma, fuori dal campo, è stata trattata a pesci in faccia. Qui si elogia la coraggiosa solitudine del portiere che entrò nella storia della Serie A come uno dei tre capaci di segnare una rete su azione (gli altri due sono stati MIchelangelo Rampulla e Alberto Brignoli).

Accadde il 1º aprile 2001, durante la partita Reggina-Udinese: colpo di testa vincente su tiro dalla bandierina. Ha scritto Galeano: "Amadeo Carrizo fu il primo portiere che ebbe il coraggio di uscire dall'area per spingersi all'attacco a suo rischio e pericolo, creando delle insidie e perfino dribblando gli avversari in più di una occasione. Prima di Carrizo, questa era stata una follia assolutamente proibita. Più tardi l’audacia si contagiò. Il suo compatriota Gatti, il colombiano Higuita e il paraguayano Chilavert, neanche loro si rassegnarono all'idea che il portiere fosse solo un muro umano, appiccicato alla sua linea, e dimostrarono che il portiere può anche essere uno stoccatore". Ventidue anni dopo quel gol di testa, Taibi sta dimostrando molto di più a chi ama la Reggina, sballottata da una crisi gravissima e a rischio, fra quarantotto ore, di essere costretta a ripartire dai Dilettanti, con Il centro sportivo di Sant'Agata ridotto a un ex impianto modello; i tesserati e i dipendenti che sacrosantamente reclamano dalla proprietà (ma chi è il vero padrone della Reggina?) il pagamento degli stipendi arretrati.

Inzaghi costretto ad andar via

Intanto, la squadra ha messo in mora la società e Filippo Inzaghi è stato costretto ad andarsene dalla situazione creatasi dopo avere resistito sino all'ultimo, al punto di festeggiare il cinquantesimo compleanno insieme con i tifosi, promettendo loro:  "Non lascio le cose a metà e tornerò". Gli stessi tifosi che, a metà settimana, quando la squadra ha ripreso ad allenarsi a porte aperte, si sono presentati in massa per chiedere giustizia e per dire: "Non ci arrendiamo". Ai giocatori e in primis a Taibi. Cocciutamente, orgogliosamente, non si è mai arreso. Ha radunato una ventina di calciatori che hanno ricominciato la preparazione agli ordini di uno staff che la pensa come lui ed è attaccato alla Reggina in senso letterale. A cominciare da Ivan Franceschini, difensore amaranto dal 2001 al 2006 (155 presenze,  5 gol), allenatore della Primavera nella passata stagione, collaboratore di Inzaghi come Gaetano Ungaro, anche lui al lavoro a Sant'Agata assieme a Massimo Macrì e Antonino Liuzzo, preparatore dei portieri. Guida Taibi, che traduce in pratica la convinzione assoluta di un Collega nel ruolo, a nome Albert Camus, Premio Nobel per la letteratura nel 1957, straordinario scrittore, saggista, filosofo, giornalista. E, da ragazzo, portiere del Racing Universitaire Algérois (RUA), sino a quando la tubercolosi non l'obbligò a smettere: "Quel che so della morale, lo devo al calcio. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice". Forza Taibi. Forza Reggina.

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