Il nostro calcio ha bisogno di uno, dieci, cento Ranieri

La motivazione non riguarda soltanto l'ambito squisitamente tecnico del settantunenne signore romano, nel 2016 entrato nella storia del calcio mondiale vincendo la Premier League con il Leicester
Il nostro calcio ha bisogno di uno, dieci, cento Ranieri© L.Canu

Qualunque immagini registri la Rete, lì rimane per sempre e, quindi, uno non smette mai di vedere e rivedere quella scena che fa capire perché il nostro calcio abbia bisogno di uno, dieci, cento Claudio Ranieri. La motivazione non riguarda soltanto l'ambito squisitamente tecnico del settantunenne signore romano, nel 2016 entrato nella storia del calcio mondiale vincendo la Premier League con il Leicester, mai, prima di allora, capace di un'impresa così memorabile nei suoi 132 anni di storia. "Oggi Davide ha abbattuto Golia e si chiama Claudio", sbottò in tv un commentatore, inchinandosi all'italiano in un'Inghilterra in delirio per il Re delle Volpi Blu. La forza della passione e dei valori autentici dello sport ha sempre incarnato ogni avventura di Ranieri, come l'ultima meraviglia assoluta a nome Cagliari. Dite voi se possa essere definita altrimenti la rimonta di una squadra che, quando l'allenatore torna a guidarla oltre trent'anni dopo averla condotta dalla C alla A, la porta dal quattordicesimo posto in B di nuovo in A. Di più: conquista la promozione al minuto 94 della finale di ritorno dei playoff, in casa del Bari, davanti a sessantamila spettatori, con gli avversari che hanno a disposizione due risultati su tre. Ed è qui che si staglia la grandezza dell'uomo prima ancora del tecnico.

Emozionano, quelle lacrime che bagnano il trionfo: inatteso, inaspettato e per ciò stesso ancora più assaporato. Commuove, quell'abbraccio con la sua gente che sembra interminabile. Ma il cuore va oltre. C'è Ranieri che, nel frastuono dello stadio, sente arrivare un coro sempre più nitido e sempre più sgraziato, intonato dal settore dove si trovano i tifosi rossoblù. Urlano ai baresi: Serie B! Serie B!. Ranieri punta verso di loro e agita l'indice della mano destra ripetendo: "No, no, no. Dovete applaudire i tifosi del Bari". Lui, per primo, batte le mani, dopo avere zittito i suoi. La scena diventa immediatamente virale sul web e, vivaddio, sono queste le scene che vorremmo sempre vedere, negli stadi prima ancora che sul web. Provate a immaginare se i colleghi di Ranieri lo imitassero, anche solo per una volta. Provate a immaginare se, al primo coro incivile e di qualunque tenore, l'uomo che sta in panchina si alza e dice basta, smettetela, piantatela, perché allo stadio viene per sostenere la propria squadra e non per insultare gli avversari. Ecco dove stanno la portata e l'importanza del gesto barese di Ranieri, Premio Bearzot, Best Fifa men's coach 2016, riconoscimento che la Fifa attribuisce ogni anno al miglior allenatore del mondo; Palma d'Oro al merito tecnico, massima onorificenza del Coni solitamente riservata ai tecnici di squadre vincitrici di Olimpiadi e Mondiali: prima di Ranieri, soltanto Lippi l'aveva ricevuta. Ranieri, Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana, quinto sportivo insignito del titolo dopo Sara Simeoni, Gino Bartali, Silvio Piola e Reinhold Messner. Ha scritto Nicolas de Chamfort, commediografo, scrittore e critico francese: "La stima vale più della celebrità, la considerazione più della fama, più della gloria". Uno, dieci, cento Ranieri.

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