Sole cuore, amore e… Francesco

A tu per tu con l'attore romano, protagonista del nuovo film di Daniele Vicari nelle sale dal 4 maggio
Sole cuore, amore e… Francesco

Un talento innato e una profonda dedizione per il proprio mestiere. Bastano poche, semplici parole per descrivere Francesco Montanari che alle parole preferisce i fatti. Ne è prova la sua carriera. Era il 2008 quando acquista notorietà: è il protagonista di “Romanzo Criminale – La Serie”, un format dal successo incredibile che lo fa conoscere al grande pubblico. Umile e appassionato, ha saputo scrollarsi di dosso l’immagine del Libanese mostrando la sua estrema versatilità, dalla tv al cinema, passando per il teatro.

 

Partiamo dal presente e da “Sole, cuore, amore” in uscita il 4 maggio. Che film è e come si è trovato con il regista Daniele Vicari?

«”Sole, cuore, amore” è un film definito alla Festa del Cinema di Roma “necessario” e io condivido. È la storia di Eli (Isabella Ragonese, ndi), di suo marito Mario - il mio personaggio - e di Vale (Eva Grieco, ndi), la migliore amica della protagonista. È una storia  di speranza, di tre umanità che fanno di tutto per vivere e sopravvivere in una società in cui hanno a che fare con il precariato tutti i giorni. Mi spiego, io interpreto Mario: non si vede nel film ma il preambolo è che vengo licenziato dalla fabbrica di Pomezia in cui lavoravo. Io e Isabella abitiamo a Torvaianica, nella periferia romana, abbiamo quattro figli, il più piccolo di sei mesi. Lei trova lavoro in un bar a Roma quindi deve svegliarsi alle 4 di mattina e prendere quattro pullman. Un lavoro faticoso ma che fanno tantissime persone. E io faccio il “mammo”».

Com’è stato immergersi in questa parte?

«È stato un viaggio molto intenso. Io sono un uomo che vuole dei figli, con mia moglie (Andrea Delogu, ndi) ne parliamo sempre, penso che sia il percorso naturale. È chiaro che, nella situazione specifica del film, Mario vive una scissione: lui ha una mentalità di maschio alfa, dell’uomo che deve mantenere la propria famiglia e crescere i propri figli, deve pensare all’economia familiare. D’altra parte, io e Daniele (Vicari, ndi) non volevamo fare vittimismi, semplicemente volevamo fare come le persone vere che reagiscono di fronte alle difficoltà. Nel film, Mario vede la moglie venti minuti la sera quando lei torna dal lavoro, talmente tanto distrutta da non riuscire nemmeno a fare l’amore. Però quei venti minuti sono per lui la ricreazione della giornata, per cui vale la pena svegliarsi la mattina seguente».

Il film è ambientato alla periferia di Roma. Ultimamente, in tv e nel grande schermo, le periferie delle città vengono affiancate alle storie di malavita. “Sole, cuore, amore” rompe nettamente con questo filone…

«Sì, cinematograficamente e letterariamente parlando, la periferia è vista come habitat di malavita. Nella realtà fortunatamente non è così, il 90% delle persone che la abitano sono persone che lavorano come tutti noi. Daniele (Vicari, ndi) voleva descrivere una situazione periferica dove però c’è una vita onesta. La macchina da presa entra in questa famiglia ed è veramente affascinante. Il finale non te lo dico ma è un pugno allo stomaco».

Sul set ha ritrovato Isabella Ragonese con cui nel 2009 in “Oggi Sposi” si era appena incrociato, mentre in questo film ha dovuto costruire un legame molto forte e di grande complicità. Che tipo di lavoro avete dovuto fare?

«Isabella è una persona veramente valida e una professionista che mette in gioco tutta la sua umanità. Ci siamo incontrati e abbiamo fatto delle improvvisazioni in studio, provando delle scene che poi nel film non ci sono: abbiamo costruito il nostro rapporto, come ad esempio la prima volta che ci siamo visti, il nostro matrimonio, la scoperta di quando lei era incinta nel primo figlio. Insomma c’è stato un lavoro di confidenza grazie al quale si percepisce che siamo una coppia vera ed esiste tra noi un legame reale».

È un momento pieno di soddisfazioni per lei. Negli ultimi mesi è stato grande protagonista sia al cinema che a teatro, ma dov’è che si sente più a suo agio?

«Non ho preferenze. Io faccio tanto teatro, mi concedo sempre di fare almeno uno spettacolo l’anno, quest’anno ne ho fatti due, adesso ne rifarò altri due. Mi piace perché è una palestra notevole: hai tutte le sere la possibilità di nascere e morire, di percorrere il ciclo della vita del personaggio. In qualsiasi ambito lo si faccia, penso comunque che il mio lavoro sia un lusso, perché vieni pagato per conoscerti, vai a esplorare le tue possibilità di essere umano».

C’è un personaggio che manca al suo repertorio che vorrebbe interpretare?

«Mi piacerebbe tanto interpretare un santo. O San Tommaso D’Aquino o Sant’Agostino, però va bene qualsiasi santo (ride, ndi). Io sono ateo quindi non mi interessa l’aspetto religioso, mi interessa invece approfondire i conflitti interiori comuni a tutti ma che in questi personaggi sono all’ennesima potenza. Mi affascina molto perché è proprio il paradosso, il parossismo del conflitto/male interiore. Speriamo prima o poi! (ride, ndi)».

Ma lei attore cosa guarda in tv, al cinema o in teatro?

«Io cerco sempre di crescere. L’osservazione per me è fondamentale. Mi piace molto cercare e sperimentare. Guardo tante serie tv, anche quelle più blasonate come Breaking Bad, Dexter… È tutto materiale di studio».

Nato e cresciuto a Roma dove il calcio si respira sin da piccoli. Lei che rapporti ha con questo sport?

«Vedo le partite. L’altra sera ho visto Juventus- Barcellona, una bellissima partita. Ma non ho una squadra, una passione tale che mi porta a tifare. Non trovo nel tifo uno sfogo. Però insomma sono appassionato di sport: mi piacciono molto lo sci e il rugby».

Una carriera affermata e un matrimonio felice. Cosa vuole Francesco Montanari dal suo futuro?

«Io voglio una famiglia come sto costruendo con Andrea. Una famiglia onesta, bella, dove ci sia tanto dialogo. E poi una carriera piena di possibilità e non deludere mai il pubblico perché quando mi fermano per strada e mi dicono “grazie per il tuo lavoro”vuol dire che ho fatto del mio meglio, e questo cerco di farlo sempre».

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