Italia-Brasile 3-2: magnifica ossessione

Nel nuovo libro di Piero Trellini lo spazio, il tempo e il racconto di una partita leggendaria e dei suoi protagonisti
Italia-Brasile 3-2: magnifica ossessione

TORINO. L’esergo dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, premio Nobel nel 2010 («Sarà una festa da ricordare, della quale ancora parleranno quando saranno trascorsi molti anni e i suoi principali protagonisti saranno ormai solo nomi legati alla mitologia del calcio»), sintetizza alla perfezione quello che Italia-Brasile 3-2 ha rappresentato e rappresenta. Una scelta felice per un libro originale e appassionante, che Piero Trellini ha scritto, nella mente e nelle intenzioni, per una vita e che finalmente è in libreria per Mondadori. “La partita. Il romanzo di Italia-Brasile” racconta in seicento pagine - in origine erano più di mille - non soltanto i novanta minuti che hanno cambiato la storia del calcio mondiale, ma anche e soprattutto come si è arrivati a quel pomeriggio del 5 luglio 1982 allo Stadio Sarrià di Barcellona e quale eredità hanno lasciato.

Piero Trellini, la tua è una magnifica ossessione...
«Avevo dodici anni, l’età cruciale in cui si è pronti ad aprirsi al mito e a lasciarsene suggestionare. È anche l’età in cui certi ricordi si cristallizzano e ci accompagnano per tutta la vita».

Cosa è scattato nella tua mente quel giorno?
«Ho iniziato a conservare i giornali, i poster, tutto il materiale che potevo trovare. Pian piano, crescendo, ho accresciuto la mia collezione, procurandomi i diari degli organizzatori, i pacchetti aerei tanto contestati all’epoca perché costosissimi, fino ad avere dalle mani dell’arbitro israeliano Klein il fischietto, il cartellino giallo e il report Fifa».

E l’idea del libro come è nata?
«Mi sono accorto che tutta la narrazione di quell’incontro ruotava sempre e soltanto attorno agli stessi episodi: i tre gol di Rossi, la parata finale di Zoff, la nostra nazionale contro tutto e contro tutti. Gli stessi giocatori a ogni ricorrenza raccontavano quei pochi aneddoti senza mai cercare variazioni sul tema. È come se fosse considerato un sacrilegio provare ad andare oltre. Così ho deciso di farlo io, dilatando in qualche modo la partita e affidandomi a due coordinate: lo spazio e il tempo».

Spieghiamo...
«Lo spazio mi ha indicato il campo, l’arbitro al centro, il pallone, i calciatori, le panchine, i cartelloni pubblicitari, i fotografi, le tribune con le personalità e i giornalisti e così via. Il tempo mi ha spinto a indagare fino a dove si poteva arrivare per raccontare le tante storie che, senza che nessuno potesse saperlo, si stavano sviluppando in parallelo per poi intersecarsi, intrecciarsi, sovrapporsi quel giorno. Molti di questi personaggi - da Spadolini, all’epoca presidente del Consiglio, a Carraro e Sordillo, da Soldati a Brera - hanno un comune denominatore che può essere arbitrario perché lo indico io ma certamente è veritiero e suggestivo. Ma non vorrei dare l’impressione di avere scritto un libro pesante. Non è così, ci sono un sacco di episodi leggeri, divertenti».

È vero. Scegliamone uno.
«Le scarpe di Falcao. Quel Mondiale fu la consacrazione degli sponsor. Falcao si trovava male con le sue Adidas ma c’era un contratto da rispettare. Così se le fece fare da un artigiano e poi dipinse le tre strisce con un pennarello bianco. Se si osservano con attenzione le fotografie, si vede che la righe sbavano».

Qual è stata la sensazione quando sei arrivato alla conclusione?
«Il termine giusto è liberato. Mi sono sentito liberato e mi sono liberato di un mare di scartoffice, per la gioia dei mie familiari». La domanda, di solito banale, in questo caso non lo è: quanto ci è voluto per scriverlo? «Non sono in grado di rispondere. L’ho iniziato tante volte, cambiando direzione, fermandomi e riprendendolo dopo lunghe pause. Posso dire che gli ho dedicato una decina di anni di vita».

Anche perché nel frattempo avevi anche un’azienda di cui occuparti.
«Prima ho lavorato come giornalista, poi ho creato una società editoriale che forniva contenuti per il web e comprendeva anche due piccole case editrici. Con il tempo ci si è allontanati da quelli che erano i miei parametri e così qualche mese fa ho deciso di chiuderla. Adesso collaboro con “Il Post” - dove scrivo storie lunghe, quasi estenuanti - e sto terminando un libro su Dante che uscirà l’anno prossimo». 

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