Iannone, le bistecche del Tas non sono buone

Iannone, le bistecche del Tas non sono buone© canoniero

Scandalosa. Intollerabile. Inaccettabile. Non ci sono aggettivi più appropriati per bollare il verdetto del Tribunale per l’Arbitrato Sportivo che a Iannone ha tirato una mazzata senza logica, emettendo una sentenza che sa di emmenthal, tanti sono i buchi scavati in questa assurda vicenda. Iannone è innocente e lo sapevamo sin da prima che il 17 dicembre 2019, la Corte Disciplinare Internazionale della federazione internazionale motociclistica gli comminasse l’iniziale squalifica di 18 mesi. Dite voi come si potesse affermare che il pilota fosse comunque colpevole, nonostante egli ignorasse palesemente che nella bistecca malese addentata a Sepang ci fosse una sostanza proibita. Dite voi come fosse possibile conclamare una simile facezia, assodata l’assenza di colpe di Iannone, punito per il solo fatto di essere risultato positivo.

Bella forza: se il drostanolone rientra nella lista dei dopanti è evidente che scatti la sanzione, una volta acclarata la sua presenza dalle analisi. Ma credere alla buona fede di Andrea, no? Ma a nessuno del collegio giudicante è passato per l’anticamera del cervello che Iannone di mestiere fa il pilota, non il cuoco, non lavora manco in un ristorante della Malesia e non cucina mai di persona le bistecche servite al suo tavolo? Macché. E siccome quando si tocca il fondo, c’è sempre qualcuno che comincia a scavare, il Tas ha usato pala e piccone, recependo in toto il ricorso della Wada e stangando Iannone senza pietà. Che razza di lotta al doping è mai questa? Com’è possibile calpestare la solare, evidente, marchiana assenza di dolo del campione dell’Aprilia? E come mai ci sono bistecche contaminate che in marzo vengono digerite dal Tas e in novembre al Tas restano sullo stomaco? Vogliamo parlare del precedente di Jarrion Lawson? Ventisei anni, americano, nel 2016 è entrato nella storia dell’atletica collegiale per avere eguagliato un’impresa firmata dal mitico Jesse Owens: nelle finali nazionali della lega collegiale americana, Lawson vince 100, 200 e salto in lungo (10.22 con -2,3, 20.19 con -0,2 e il lungo con 8,15 con +1,6).

Nello stesso anno, egli si piazza quarto ai Giochi di Rio, nel 2017 diventa vicecampione del mondo di salto in lungo dietro al sudafricano Luvo Manyonga. Il 3 agosto 2018, Lawson viene fermato «temporaneamente» dopo il controllo antidoping cui era stato sottoposto il 2 giugno precedente; nel giugno 2019, l’atleta è sospeso per 4 anni dal tribunale indipendente dell’atletica in quanto trovato positivo all’epitrenbolone, uno steroide anabolizzante. Inutilmente, i legali dell’americano presentano ai giudici il conto di un ristorante giapponese dell’Arkansas dove Lawson aveva mangiato un piatto a base di carne («Teriyaki Beef Bowl»), diciannove ore prima del controllo. Di più: gli stessi avvocati documentano il possibile uso dello steroide nell’allevamento di provenienza della carne. Niente da fare, il tribunale sentenzia: «Lawson ha stabilito una possibile, ma non sufficientemente probabile causa di contaminazione e quindi di positività».

Il 9 marzo 2020, il Tas ribalta tutto: all’atleta non può essere addossata «nessuna colpa o negligenza», perché la bistecca dell’Arkansas era contaminata a sua insaputa. Esattamente com’è capitato a Iannone. Naturalmente, nessuno ha risarcito il campione americano per i 19 mesi vissuti nel limbo dell’attesa. Iannone, invece, è stato messo sulla graticola per «soli» undici mesi: agli augusti guardiani del tempio bisognerebbe chiedere come mai ci mettano sempre così tanto tempo per decidere, a costo di compromettere le carriere di chi giudicano. Inquietante, poi, è lo scenario dischiuso dalle parole dell’avvocato De Rensis, raccolte da Mirco Melloni e pubblicate nella pagina accanto: «Riporto quanto hanno dichiarato gli avvocati della Wada nell’udienza: “Se la sentenza che ha condannato a 18 mesi Iannone, dovesse passare in giudicato, per la Wada sarebbe una catastrofe”. Penso sia arrivato il momento di privare la Wada dello strapotere con cui partecipa ai processi nei confronti degli atleti». Iannone è stato sacrificato sull’altare del Sistema Antidoping. Per questo noi saremo sempre dalla parte di Iannone. 

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