TORINO - Appuntamento ai piedi della Twin Towers. Le torri gemelle di Kuala Lumpur sono la metafora della lotta mondiale all’ultimo punto tra Pecco Bagnaia e Jorge Martin. Guardare lassù è come immaginare di scalare un Everest di fatica ed emozioni. Due moto identiche, ma loro sono così diversi. Come i gemelli che cantavano. Li vedi in pista, ne hai la conferma anche nell’evento che lancia il GP della Malesia, terz’ultimo atto di un campionato combattutissimo e spettacolare. Lo spagnolo sta al gioco e si mette in posa da pugile, come se ci fosse da salire sul ring. Pecco no. E non è per aristocrazia sabauda, anche se lo chiamano principino. In realtà Bagnaia è da tempo un veco capitano. E gentiluomo. Capitan Ducati. Uno che vorresti sempre in campo, ma soprattutto in spogliatoio (box). Uomo squadra, esempio. Al punto da dare lezioni di classe a tutti. Anche alla stessa Ducati, che deve avercelo nel dna l’incapacità di gestire umanamente i propri piloti. Specie quando sale la pressione.
Martin al posto di Bastianini
Più dei 13 punti che separano i due a sei gare (tre Sprint e tre GP, 111 punti a disposizione), a Sepang si parla dell’ipotesi (concreta) che a Borgo Panigale vogliano tenere comunque il numero 1 sul cupolino, facendo quindi una mossa in stile Red Bull in caso di trionfo finale di Martin, che verrebbe promosso nel team ufficiale, portando Enea Bastianini (che un anno fa ha vinto il ballottaggio per quel posto proprio con lo spagnolo e che questa stagione in pratica l’ha vissuta in infermeria) in Pramac. E se il romagnolo glissa («non ne abbiamo mai parlato: sono stato confermato a Misano e penso che resterò confermato, ma il mio problema non solo queste voci ma vendermi davanti»), Jorge pressa: «Posso dire soltanto che sarò fiero di continuare in Pramac l’anno prossimo, ma ovviamente se la Ducati vorrà portarmi nel team ufficiale con la moto factory, sarò estremamente contento».