Bagnaia ora non può sbagliare: il Mondiale MotoGp si decide in 378 curve

Pecco risorge tra prove e qualifiche ma sceglie male le gomme mentre Martin tira fuori gli attributi e vince la Sprint portandosi a -14 con 25 punti in palio
Bagnaia ora non può sbagliare: il Mondiale MotoGp si decide in 378 curve© Getty Images

TORINO - Lo sterminatore del sabato contro il principe delle domeniche. Appuntamento alle 15 de la tarde nell’arena asfaltata e tortuosa di Valencia. 27 giri, 378 curve per decidere il Mondiale di MotoGP più combattuto degli ultimi anni, il primo dai tempi di Valentino Rossi e Jorge Lorenzo (Yamaha) con la stessa moto. La Ducati padrona, pur griffata da sponsor diversi. Pecco Bagnaia contro Jorge Martin, nell’ordine della classifica che anche dopo l’ennesima (9ª) Sprint della stagione dominata dal torello spagnolo e l’ennesima (dal terribile incidente di Barcellona) faticaccia autolesionista (5°, alle prese con una scelta sbagliata in tutti i sensi delle gomme) del moschettiere-matador torinese. 14 punti di vantaggio, 7 in meno rispetto a come Pecco è arrivato all’ultimo doppio atto, 9 in meno di quanti ne aveva un anno fa nella sfida (vinta) in rimonta contro la Yamaha spompa di Fabio Quartararo. Allora gli bastò un nono posto sofferto, adesso gli servirà un quinto per confernarsi campione e fare la gioia del popolo rosso e della sua Chivasso, che lo seguirà ancora dal maxischermo in Piazza d’Armi. Un nome, una prospettiva.

Jorge per la storia, Pecco per la leggenda

La verità però è che si tratta di Martin (e la Spagna) contro Bagnaia (e l’Italia) e quest’ultimo fors’anche più contro sé stesso che contro l’ex compagno di stanza ai tempi della Mahindra in Moto3. Jorge per la storia, perché nessuno ha mai vinto il titolo della MotoGP con una squadra privata, anche se la Pramac è una costola praticamente ufficiale di Borgo Panigale. Pecco per trasformare la storia (ha già riportato la Ducati sul tetto del mondo dopo 15 anni ed erano 50 anni che un italiano non vinceva nella top class su una moto italiana) in leggenda. Due titoli consecutivi sono roba da fenomeni, nel nuovo millennio riuscita solo a Valentino e Marquez. Non a Stoner e Lorenzo, per esempio. E allora godiamoci queste 378 curve, sapendo che c’è un trend molto preciso che vede Martin strabordante nelle Sprint (9 a 4) e Bagnaia più vincente (6 a 4) ma soprattutto costantemente sul podio (14 a 8) nei gran premi che assegnano per altro il doppio dei punti. Cuore (e attributi) contro testa. Nessun calcolo contro più opzioni e gestioni, sapendo però che Jorge quando si sente forte (come adesso) è intoccabile (le 4 vittorie sono state 4 doppiette con le Sprint) e che Pecco ha tutto da perdere e che se pensa troppo tende all’errore. È successo anche ieri, quando dopo aver raddrizzato subito la mattina un brutto venerdì e aver vinto la sfida delle qualifiche per lui doppie (prima fila con il rivale in seconda), ha voluto seguire le sue convinzioni e ha scelto le gomme meno performanti ma soprattutto diverse da quelle di Martin. Errore strategico, bacchettato anche dal suo maestro Valentino Rossi, che l’ha esposto a un quinto posto che è sì in linea con l’obiettivo minimo per confermarsi campione (gli bastano due quinti posti, 16 punti), ma essendo appunto minimo lo espone a una domenica nella quale non può permettersi errori né sfortune. Senza margini, insomma.

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Le parole di Bagnaia e Martin

"Giocarmi tutto all’ultimo gara? Un po’ me la sono andata a cercare" ammette infatti Pecco riferendosi sia a quanto successo ieri ("abbiamo sbagliato la scelta della gomma posteriore, ma ora farò sicuramente la stessa scelta di Jorge"), sia alla storia di questo campionato. "Siamo primi in campionato e lo siamo stati praticamente per tutta la stagione, ma devo giocarmela per colpa di cinque zero alla domenica e tre al sabato". C’è insomma la consapevolezza dell’essere forte ma anche il retrogusto del rimpianto. Gli stessi sentimenti che esprime in maniera diretta e più potente Jorge. Forse non a caso il gran capo dell’universo rosso Claudio Domenicali vorrebbe un oro ex-aequo alla Tamberi-Barshim, la coppia di fenomeni e amici del salto in alto olimpico di Tokyo 2020. E mai come adesso l’appellativo di Martinator è azzeccato. Jorge in pista picchia come se non esistesse un domani e festeggia toccandosi e mostrando gli attributi ai tifosi in tribuna, al mondo a casa davanti alla tv e a Bagnaia soprattutto. "Ho tirato fuori le palle, a ogni curva rischiavo di cadere ma mi sono detto: o vinci o la smetti contro il muro" racconta lo spagnolo che fedele a sé stesso alza la tensione. "Sono più veloce di Bagnaia, mi fa rabbia essergli dietro in classifica. So di non avere più del 30% di possibilità. Io cercherò di vincere, ma le altre Ducati non lotteranno con Pecco. S’è visto in questa Sprint". Olè.

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TORINO - Lo sterminatore del sabato contro il principe delle domeniche. Appuntamento alle 15 de la tarde nell’arena asfaltata e tortuosa di Valencia. 27 giri, 378 curve per decidere il Mondiale di MotoGP più combattuto degli ultimi anni, il primo dai tempi di Valentino Rossi e Jorge Lorenzo (Yamaha) con la stessa moto. La Ducati padrona, pur griffata da sponsor diversi. Pecco Bagnaia contro Jorge Martin, nell’ordine della classifica che anche dopo l’ennesima (9ª) Sprint della stagione dominata dal torello spagnolo e l’ennesima (dal terribile incidente di Barcellona) faticaccia autolesionista (5°, alle prese con una scelta sbagliata in tutti i sensi delle gomme) del moschettiere-matador torinese. 14 punti di vantaggio, 7 in meno rispetto a come Pecco è arrivato all’ultimo doppio atto, 9 in meno di quanti ne aveva un anno fa nella sfida (vinta) in rimonta contro la Yamaha spompa di Fabio Quartararo. Allora gli bastò un nono posto sofferto, adesso gli servirà un quinto per confernarsi campione e fare la gioia del popolo rosso e della sua Chivasso, che lo seguirà ancora dal maxischermo in Piazza d’Armi. Un nome, una prospettiva.

Jorge per la storia, Pecco per la leggenda

La verità però è che si tratta di Martin (e la Spagna) contro Bagnaia (e l’Italia) e quest’ultimo fors’anche più contro sé stesso che contro l’ex compagno di stanza ai tempi della Mahindra in Moto3. Jorge per la storia, perché nessuno ha mai vinto il titolo della MotoGP con una squadra privata, anche se la Pramac è una costola praticamente ufficiale di Borgo Panigale. Pecco per trasformare la storia (ha già riportato la Ducati sul tetto del mondo dopo 15 anni ed erano 50 anni che un italiano non vinceva nella top class su una moto italiana) in leggenda. Due titoli consecutivi sono roba da fenomeni, nel nuovo millennio riuscita solo a Valentino e Marquez. Non a Stoner e Lorenzo, per esempio. E allora godiamoci queste 378 curve, sapendo che c’è un trend molto preciso che vede Martin strabordante nelle Sprint (9 a 4) e Bagnaia più vincente (6 a 4) ma soprattutto costantemente sul podio (14 a 8) nei gran premi che assegnano per altro il doppio dei punti. Cuore (e attributi) contro testa. Nessun calcolo contro più opzioni e gestioni, sapendo però che Jorge quando si sente forte (come adesso) è intoccabile (le 4 vittorie sono state 4 doppiette con le Sprint) e che Pecco ha tutto da perdere e che se pensa troppo tende all’errore. È successo anche ieri, quando dopo aver raddrizzato subito la mattina un brutto venerdì e aver vinto la sfida delle qualifiche per lui doppie (prima fila con il rivale in seconda), ha voluto seguire le sue convinzioni e ha scelto le gomme meno performanti ma soprattutto diverse da quelle di Martin. Errore strategico, bacchettato anche dal suo maestro Valentino Rossi, che l’ha esposto a un quinto posto che è sì in linea con l’obiettivo minimo per confermarsi campione (gli bastano due quinti posti, 16 punti), ma essendo appunto minimo lo espone a una domenica nella quale non può permettersi errori né sfortune. Senza margini, insomma.

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