Altro che Sol Levante. La MotoGP da anni ormai (5 titoli costruttori consecutivi, questo già incamerato a Misano) gravita attorno al Pianeta Rosso. Ducati padrona, cannibale delle due ruote con 14 vittorie sulle 15 gare disputate (eccezione l’Aprilia di Viñales ad Austin), 12 doppiette Sprint-GP, 11 podi monopolizzati. L’altra faccia della medaglia. Anzi, il vero e proprio dark side è rappresentato dalla Honda, la Casa che ha perso le ali (e non solo metaforicamente, perché è stata travolta dalle trovate aerodinamiche di Gigi Dall’Igna). Cenerentola del Mondiale con 51 punti, 486 in meno della Ducati, a 42 lunghezze dalla Yamaha, l’altra grande malata giapponese. Le Concessioni (più test, gomme, motori, piloti...) non hanno dato ancora i loro frutti, come le campagne acquisti di tecnici. Ma qualcosa comincia a muoversi e la Honda arriva alla gara di casa, sulla pista di proprietà (Motegi) dove un anno fa ha conquistato l’ultimo podio, regalo d’addio di Marc Marquez (rinato ora sulla Desmosedici), sullo slancio della top10 di Johann Zarco a Mandalika.
Le dichiarazioni di Joan Mir
Certo, per chi ha una storia di trionfi che la rende la Casa più vincente del Motomondiale (63 titoli piloti, 72 costruttori), sembra un’eresia, ma è quello che passa il convento. Al punto che i due piloti titolari Joan Mir (20° nel Mondiale) e Luca Marini (25°) nonostante lo sfortunato GP indonesiano (due cadute, il fratello di Valentino travolto al via dalla carambola innescata da Jack Miller) sono ottimisti. «Sento che con la squadra siamo riusciti a costruire una buona base, quindi spero che riusciremo ad essere protagonisti» afferma il campione del mondo 2020 (con la Suzuki), il primo anno del Covid e della “malattia” Honda. Dai 6 titoli nelle ultime 7 stagioni a neppure il podio tra i Costruttori. «Sono determinato ad affrontare il weekend con un’ulteriore spinta e a dimostrare cosa possiamo fare - dice Marini -. Il nostro pacchetto è migliorato tantissimo e ora anche io riesco a sfruttarlo di più come pilota. La nuova aerodinamica ci ha permesso di fare lo step più grande, perché ora abbiamo molto più feeling. Non al livello della Ducati, ma non siamo affatto male».
Cecchinello: "Senza Honda non ce la farei"
In attesa di ulteriori novità tecniche (anche a livello uomini: si parla di Fabiano Sterlacchini, ex braccio destro di Dall’Igna e poi Ktm), il più realista è Lucio Cecchinello. Il proprietario dello storico team satellite Hrc ha in mano il pilota più prolifico a livello di punti (Zarco 17° in classifica) e nel 2025 darà alla casa alata Nakagima (farà il collaudatore in Giappone, mentre Aleix Espargaro aiuterà la causa nei test in Europa) per far posto al talento thailandese Chandra. «Nell’organizzazione dello sviluppo della moto dell’HRC c’era una falla. Nei test fatti in Giappone mancava un pilota veloce» ammette Cecchinello, che poi entra nel cuore della questione. «Un passo in avanti con le ultime evoluzioni che sono arrivate nei test di Misano lo abbiamo fatto La moto gira un po’ meglio. Siamo nell’ordine di due-tre decimi sul passo gara, ma quando devi recuperare un secondo e mezzo il gap resta ancora grande. Questa al momento è la realtà: dobbiamo continuare a lavorare molto e la strada è sicuramente ancora lunga». Complicata anche dall’addio di Repsol, lo storico mega partner. «Honda è consapevole che la mancanza di competitività ha un effetto devastante sulle sponsorizzazioni - conclude il manager veneto -. Io devo dire grazie ai miei, ma se non ci fosse l’impegno di Honda posso dire che non ce la farei».