Agostini tifa Bagnaia: "Mi rivedo in Pecco, ma serve un personaggio"

L'ultimo pilota italiano ad aver vinto il Mondiale della top class su una moto italiana è arrivato a Valencia, dove il torinese della Ducati può imitarlo dopo 50 anni

VALENCIA - Sul trofeo della top class, quello che Pecco Bagnaia giovedì per scaramanzia non ha voluto toccare in attesa di alzarlo domani sera, ci sono otto placche dorate con il suo nome. Giacomo Agostini, la leggenda dei 15 Mondiali (8 nella 500) e delle 123 vittorie. Uno dei sei italiani ad essere inciso nella storia più potente e mitologica delle due ruote, uno dei due totem con Valentino Rossi. Gli unici ad uscire dal coro. Il Dottore, l'ultimo italiano a vincere il titolo nella MotoGP ormai 13 anni fa (2009). Ago, l'ultimo italiano a riuscirci su una moto italiana (MV Agusta) nel 1972.

Giacomo, che effetto fa trovare un erede cinquant'anni dopo?
«È passato così tanto tempo, che molti dei miei tifosi sono morti... Scherzi a parte. Sapete che nel cuore ho anche la Yamaha, ma come italiano dico che tutti dobbiamo essere molto orgogliosi di quello che hanno fatto Pecco e la Ducati. Avere un pilota e una Casa, che significa tecnologia, migliori di tutti è una gran cosa. Spero che Pecco ce la faccia, che finalmente dopo cinquant'anni riesca ad emergere così prepotentemente un binomio tutto italiano».

Di quel trionfo del 1972 cosa ricorda?
«L'emozione che non cambia mai, anche dopo tanti anni e successi, dopo essere riuscito a portare in giro per il mondo sia il pilota sia la tecnologia italiana. Ricordo la tensione e la preoccupazione, nonostante avessi già vinto tanto, potessi in qualche modo essere... abituato».

A proposito di MV Agusta, è stata appena salvata dalla Ktm.
«Sono contento, perché è un marchio che ha ancora tanto appeal e prospettiva. Quando vado in giro per il mondo chiedo sempre se vogliono che venga con la MV o la Yamaha, quasi tutti chiedono la MV. Un motivo ci sarà no? La Ktm è un'azienda molto forte e soprattutto si occupa di moto e di corse, quello che all'MV s'era perso».

Gli austriaci potrebbero riportare il marchio in MotoGP, sfruttando il posto lasciato dalla Suzuki.
«Magari. Hanno la tecnologia, l'esperienza, un reparto corso efficiente. Sì, può essere un'operazione fattibile e positiva».

Intanto parliamo di oggi: della sfida tra Bagnaia e Quartararo.
«Due ragazzi che mi piacciono, molto. Fabio è fortissimo. S'era già visto fin dall'inizio della carriera, poi si era un po' perso, ma non ha mai mollato ed è riuscito a diventare campione del mondo con la Yamaha, dopo Valentino. In più è una persona squisita. Pecco è un grande pilota, bravo nelle prove. Ecco, in questo mi rivedo in lui. È una che "usa" le prove. Come me vuole avere tutto sotto controllo al 100% prima di dare tutto, in qualifica e in gara. È un approccio che ti costringe a lavorare di più, passo dopo passo, ma che porta lontano».

Quindi merita il titolo?
«Assolutamente. Anche perché nella MotoGP di oggi appena abbassi un filo la concentrazione e il livello, se non sei al top, sei ventesimo. Guardate Marquez. Sono convinto che può tornare quello di prima, ma in questa MotoGP non puoi permetterti la politica del "piano piano". C'è solo quella del "forte forte"...».

Per questo vincono in tanti?
«Sì, ma è anche il limite di questo momento».

Ovvero?
«Vedere che tanti piloti vanno forte e vincono è bello per gli addetti ai lavori e gli appassionati, ma il grande pubblico vuole vedere persone che fanno le cose gli altri non riescono a fare. I supereroi. Quelli come Cassius Clay, per il quale mi alzavo di notte per vedere i suoi incontri. O come Maradona, Merckx, Tomba. Stancano? No. Agostini non ha stancato, Valentino non ha stancato, Hamilton non ha stancato. La gente vuole un idolo, se vincono tutti non si apprezza il valore di quello che questi ragazzi fanno».

Pecco può diventare un personaggio?
«Come tutti, specie gli italiani, è schiacciato ancora dall'ombra di Valentino. La gente ha ancora negli occhi i suoi show, le bambole gonfiabili, i gabinetti in pista... Non le vedremo più, non con Pecco di sicuro. Lui è un ragazzo tranquillo, non uno showman. Ma anch'io ero così. E se vinci tanto, ma proprio tanto, come sta facendo lui adesso, la gente vuole vedere te, solo te. Ecco, mi auguro che il prossimo anno siano al massimo in due o tre a giocarsi le gare».

La Ducati avrà un Dream Team con Bagnaia e Bastianini...
«Forte Enea. Sarà una bella rivalità che può portare spettacolo. Quindi ben venga. Però serve per lo show in questa MotoGP serve anche qualcos'altro».

Cosa?
«Smetterla con tutte queste punizioni per toccatine, rallentamenti, problemi in pista. Se togliamo al pubblico le sportellate e il grande personaggio che le dà e le prende, si rischia di perdere attenzione. Da un po' di tempo si è troppo "puliti". Che non vuole dire approvare il gioco sporco, ma le corse, per quello che sono».

Però è anche una questione di sicurezza.
«Vero, ma oggi le tecnologie e i materiali aiutano in questo. Se penso a quando correvo io, molte volte transitando davanti a un mazzo di fiori per un amico morto il giorno prima, mi sento un sopravvissuto. Allora non ci pensavo, ero travolto dall'amore per le corse e la voglia di vincere, ma ora ho capito che qualcuno da lassù mi ha aiutato. Anche se avevo molta sensibilità e non ero uno che prendeva sempre troppi rischi. Ma quelle erano le corse. Cadevi e morivi».

A proposito di grandi della sua generazione che non ci sono più e di Rosse delle corse: è appena mancato Mauro Forghieri.
«L'ho conosciuto bene. Anche per me s'era parlato e poteva esserci un posto alla Ferrari. Aveva un carattere difficile, però faceva tutto con una personalità incredibile. Era benvoluto dal Drake e per questo non aveva timore di chiedergli le cose, anche quelle più... costose. Ferrari per questo lo apprezzava. E poi alla fine, come sempre nel nostro mondo, contano i fatti, i risultati. E Forghieri anche sotto questo punto di vista ha fatto grandi cose».

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