Questo farebbe di Mansell un Keith Richards...
«E Prost un Paul McCartney (ride)».
A proposito di musica: Senna ha ispirato un poeta come Dalla.
«Non a caso, un uomo di grande sensibilità e intelligenza come Dalla ha scritto di Senna e Nuvolari, due leggende di umanità intensa. Di Senna colpivano gli occhi, allegri e simpatici, ma venati di malinconia e tristezza, forse di quella saudade di cui i brasiliani dicono di soffrire sempre. D’altronde da piccolo venne spedito in Inghilterra al freddo e in un Paese così diverso dal suo per crescere con i cart... Eppure quello sguardo spirituale si trasformava in... spiritato quando guidava. Aveva una determinazione agonistica da indemoniato, lui che aveva una spiritualità così profonda. Penso a certe gare, a quella con la sola sesta, al giro di Montecarlo... E poi era bello: aveva un profilo da statua greca. Questo aumenta la sensazione che lui sia un eroe tragico, perché tanti sono morti prima di lui in questo sport nel quale il rischio è una componente intrinseca. Ma dei grandissimi della Formula 1 è stato l’ultimo a morire, prima che cambiasse radicalmente la sicurezza, per certi versi ancora più iconico».
Questa mostra lo celebra degnamente.
«Ci piace l’idea che Senna in questo museo si senta a casa, perché al piano di sopra ci sono tantissime automobili, autentiche, con cui hanno corso i suoi colleghi più grandi da Fangia ad Ascari, da Villeneuve a Schumacher... È un luogo accogliente per lui che ritrova il suo mondo».
Visto il successo, vi è venuta la tentazione di farne un’altra, su un altro grande? Penso a Villeneuve o Schumacher, citati prima.
«Ci pensiamo, certamente questa mostra è un’esperienza positiva».