Max IV d’Olanda, re dei re. Quattro Mondiali di fila in F1, a 27 anni Verstappen raggiunge leggende come Juan Manuel Fangio (1954-57 per la cinquina col 1951), Sebastian Vettel (cannibale del primo ciclo Red Bull: 2010-2013) e Lewis Hamilton (2017-2020) al quale nell’ultimo giro dell’ultima gara nel 2021 ha spezzato il sogno dell’ottavo titolo, aprendo il suo impero. E si mette nella scia di Michael Schumacher, che con la cinquina nella Ferrari d’oro (2000-2005) ha portato a 7 il suo conto di corone iridate. E lo fa col quinto posto di Las Vegas, come gli altri due piloti che si sono laureati campioni a Las Vegas, il Nelson Piquet (1981) padre della sua fidanzata Kelly e Keke Rosberg (1982), papà del Nico che nel 2016 ha battuto Hamilton, interrompendo una striscia che poteva arrivare addirittura a quota sei. Un quinto posto che dà la misura della “inferiorità” della RB20, la Red Bull nata supponente (Adrian Newey ha rivoluzionato un’auto stradominante prima di andarsene in Aston Martin) nel pieno di una devastante crisi politica e umana interna (Christian Horner indagato per comportamenti inopportuni con una dipendente e la guerra di proprietà tra l’erede di Dietrich Mateschitz e il socio thailandese) e scavalcata tecnicamente da McLaren e Ferrari e nelle ultime gare “invernali”’ pure da Mercedes. Non a caso la Red Bull è “solo” terza nella classifica costruttori, con Sergio Perez a malapena in zona punti e in classifica con un terzo di quelli del compagno di squadra. Che dopo il trionfo incontra nel paddock Zak Brown, l’a.d. McLaren, e lo punzecchia per gli attacchi ricevuti in questi anni: «Avevi detto che potevo vincere solo con la macchina migliore... Questa stagione è stata un po’ differente».
Le parole di Marko, Norris e Verstappen
La voce del padrone, del più forte di tutto e tutti. Adorato dal mentore Helmut Marko, l’uomo che Horner ha dovuto tenere per non perdere il suo crac. «Max ha coperto i difetti della RB20, senza di lui non avremmo vinto» sentenzia il superconsulente del team di Milton Keynes. Ma anche Lando Norris, battuto a Las Vegas (6°) e costretto a un pit-stop finale per conquistare il punto del giro veloce in funzione della lotta Costruttori con la Ferrari, s’inchina: «Max non ha punti deboli: ha guidato meglio di me, merita il titolo». Arrivato con due gare d’anticipo ribaltando un trend che tra la sua Olanda e Singapore l’aveva visto perdere 26 punti in 4 gare da Lando. Al quale nelle ultime quattro ha invece risposto con un +11. Col capolavoro brasiliano a demarcare il suo territorio. E ampliarlo. «È stata una stagione molto impegnativa e sono fiero delle prestazioni che ho avuto - afferma Verstappen -. La macchina è stata veloce all’inizio, ma poi non penso che fosse la più forte. Lo si vede dalla posizione tra i Costruttori. Siamo rimasti uniti e alla fine abbiamo raggiunto l’obiettivo, dobbiamo essere fieri del lavoro che abbiamo fatto. Essere quattro volte di fila campione del mondo è qualcosa che non pensavo mai che potesse accadere. Mi sento sollevato e orgoglioso». Un viaggio iniziato il 3 ottobre 2014, esordendo nelle prove libere del GP del Giappone a 17 anni e 3 giorni, per diventare titolare della Toro Rosso cinque mesi dopo. E vincente ancora diciottenne al primo GP (Barcellona 2016) dopo lo switch in corsa con la Red Bull. Anni da Bad Boy prima di avere in mano l’auto migliore, frutto del cambio regolamentare (le monoposto a effetto suolo), e gestire e gestirsi. Fino a questo 2024 nel quale ha dovuto tornare cattivo per respingere Norris. Un viaggio che non è finito. «Mi godo questo momento, ma ho ancora fame».
Leclerc sbotta
«Ho fatto il mio lavoro, ma mi fotte tutte le volte. Non è bello, è questione di rispetto». Charles Leclerc sbotta (diciamolo, come “tutte le volte” quando non va bene) subito dopo aver visto Sylverster Stallone sventolargli in faccia la bandiera a scacchi per quarto, dietro a Carlos Sainz. Ce l’ha con lo spagnolo, colpevole di non aver rispettato gli accordi interni e tanto meno gli ordini di scuderia durante quei caotici e anticipati pit-stop per togliere le gomme medie che hanno subito distrutto la gara della Ferrari e lanciato la Mercedes verso la 60ª doppietta della sua storia con Lewis Hamilton, prossimo sposo rosso, in scia a George Russell nonostante la partenza dalla decima posizione. Un Sainz che (ricordiamolo: da separato in casa) vuole andare via riportando la Ferrari sul tetto del mondo costruttori, ma non dietro a Leclerc. Sorpassato in pista dopo che l’ingegnere del monegasco gli aveva detto che non sarebbe stato attaccato. «La prossima volta parlategli in spagnolo...» il sarcasmo di Charles sul momento, per poi portare a termine una gara di difesa che comunque permette alla Ferrari di conquistare 12 punti in più della McLaren (Lando Norris 6° e Oscar Piastri 7° con l’inglese spinto a conquistare il punto addizionale del giro veloce all’ultima tornata) e portarsi a -24 con due GP dalla fine: il prossimo weekend in Qatar, dove sabato con l’ultima Sprint ci sono altri 15 potenziali punti a disposizione, e quello dopo ad Abu Dhani. Due piste però sulla carta favorevoli alle monoposto papaya.
Le parole di Vasseur
Un risultato al di sotto le aspettative, come ammette Fred Vasseur («dovevamo fare più punti») dopo aver cercato di stoppare invano via radio la foga di Leclerc. «So che devo stare zitto, ma a un certo punto la situazione è sempre la stessa...» la risposta del monegasco, che ha peggiorato le cose quando l’ingegner Bozzi gli ha chiesto di raccogliere i detriti delle gomme per evitare di finire sottopeso. «Sì, sì, raccogliamo quel c... che vogliamo. M..., m..., m... E la radio è pure accesa. Mi spiace, è colpa mia. E colpa mia per la prima parte, anche io stavo guidando di m...». Più a freddo il monegasco ha smorzato la questione. «Non sono stato contento del comportamento di Carlos, ma non entro nel dettaglio. Abbiamo finito terzo e quarto, per il Mondiale Costruttori alla fine non cambia nulla». Ammettendo però che è una questione personale. «Cambia certamente qualcosa nella mia lotta con Norris per la seconda posizione tra i piloti». Ma ormai la frittata era fatta. Sentendosi pure dare una lezione di professionalità da Sainz, che dopo aver battuto il compagno fin dalle qualifiche (2° e 4°) non s’è goduto l’ottavo podio stagionale. «Abbiamo deciso di non parlare di queste cose con i media. Ne discuteremo tra noi, ma non serve che ci chiariamo. Io non apro mai la radio e non parlo ai media perché non è una cosa bella da fare». Non certo contento Vasseur, che ha puntato su Leclerc anche per il futuro, pure mettendogli a fianco Hamilton. «Non sono preoccupato - il tentativo di fare il pompiere per la lite con Sainz -. La storia è sempre la stessa, i piloti non dovrebbero fare commenti durante il giro di rientro perché non hanno il quadro completo, ma li fanno lo stesso. Ne parleremo, ma non è un problema». Nulla deve distrarre la squadra dall’obiettivo Mondiale Costruttori. «Concentriamoci sulla prossima gara, il campionato è aperto e tutto può accadere - afferma il team principal -. Sulla carta il Qatar non è la pista migliore per noi, ma cercheremo di fare del nostro meglio e a mettere pressione a McLaren. Spingeremo fino all’ultima curva dell’ultimo giro dell’ultima gara». Poi, in un modo o nell’altro sarà la resa dei conti.