Dakar 2022, Akeel e Al-Obaidan: due principesse al di là del deserto

Un’ampia partecipazione femminile e un evento in grado di fare la storia. Le due pilota sono in gara contro la discriminazione: "Apriamo una porta, altre donne saudite ci seguano"
Dakar 2022, Akeel e Al-Obaidan: due principesse al di là del deserto

In un Paese dove si può divorziare con un sms - vale solo per l’uomo, sia chiaro - e nel quale le azioni più importanti di ogni donna devono essere “autorizzate” dal “mahalam”, il tutore (padrone?) sempre uomo, anche i piccoli passi somigliano alla scoperta della Luna. E bisogna apprezzarli, perché ogni goccia in grado di intaccare la rigidità della cultura islamica sul tema donne è come sfondare ogni volta a picconate uno dei mattoni di cui è composto questo muro altissimo.

Così, trovare alla Dakar 2022 due donne pilota arabe senza il velo del niqab o il burqa, accompagnate per giunta da navigatori uomini, è un passo avanti sconvolgente da queste parti, per quanto possa essere normale dalle nostre. Tenendo sempre in considerazione che le donne arabe sono state autorizzate per legge a guidare - come a prendere autobus, treni e taxi - solo dal 24 giugno del 2018!

Per quanto parziale e limitata, vedere i volti felici e sorridenti di Mashael Al-Obaidan e Dania Akeel, le “principesse del deserto”, al volante dei propri mezzi durante queste prime due tappe della Dakar 2022 (sono rispettivamente 26ª e 14ª nei prototipi leggeri), che proprio in Arabia si disputa, è una vittoria storica. Certo, nessuno si illude con questa presenza di aver risolto il problema della discriminazione femminile in Arabia Saudita, visto l’evidente inferiorità della posizione della donna nella società saudita, regolarmente nelle ultime posizioni di tutti i misuratori internazionali in materia, a partire dal valore della parola (due volte più basso rispetto a quello dell’uomo, elemento chiave nei processi) e senza dimenticare tutte le altre limitazioni tra istruzione, casa, figli, matrimoni, conti correnti (non possono averne...). Ma le rivoluzioni da qualche parte devono pur cominciare.

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Eroine rivoluzionarie

Si rendono conto loro stesse del ruolo fondamentale che ricoprono. Mashael e Dania hanno la stessa età, 33 anni, e vengono da famiglie di alto livello. La prima ha studiato alla Loyola University di Los Angeles, la seconda è laureata in storia e politica moderna alla Royal Holloway di Londra e, non a caso, è stata la prima donna araba a conseguire la licenza per gareggiare in circuito, dopo aver iniziato a guidare un quad a soli otto anni, più o meno la stessa età in cui la collega Mashael l’ebbe in regalo dal padre: "Sono consapevole - ha detto Dania nei giorni scorsi - di contribuire a un processo importante. Sto aprendo molte porte e allo stesso tempo abbattendo barriere con quello che farò in una vetrina mondiale come la Dakar. Io e Mashael stiamo costruendo una strada a donne come noi, che avessero voglia di comprendere il viaggio che abbiamo avviato e magari seguirci nel nostro stesso percorso".

Già, un primo passo, ricordando che l’obiettivo era e resta mettere insieme un team fatto di sole donne pilota saudite, come proponeva il progetto “Shero” (“Eroine”), a cui si è lavorato a lungo, prima che fosse accantonato (momentaneamente?). 

Accanto a Mashael c’è il navigatore, l’italiano Jacopo Cerruti, comasco, con all’attivo cinque Dakar in moto. Di fatto, una tendenza. Perché anche la veterana del raid, la spagnola Laia Sanz, alla 12ª partecipazione di fila dal 2011, ha nella sua Mini All4 un navigatore italiano, un altro esperto centauro, Maurizio Gerini. Come se non bastasse, la stessa Camelia Liparoti, italiana impegnata tra i prototipi leggeri, schiera al suo fianco Manuel Lucchese, un altro “dakariano” convinto con le sue tre presenze al raid, versione moto. 

Rebecca Busi, orgoglio tricolore

Complessivamente, la pattuglia rosa al raid più famoso del mondo conta ben 19 elementi (5 tra le moto, 3 in auto, 7 con prototipi leggeri, 3 nelle Side By Side e 1 con i camion, oltre le 27 impegnate con la Dakar Classic) e per l’Italia spicca la figura di Rebecca Busi. Già detentrice di due record: è al debutto assoluto non solo alla Dakar, ma proprio in una gara ufficiale. E, con i suoi 25 anni, è l’italiana più giovane di sempre ad affrontare l’avventura più complicata seguendo le orme del papà. 

Tornando all’Arabia Saudita e al messaggio di speranza che la presenza in gara di Mashael e Dania lancia a tutto il mondo in tema di discriminazione femminile, c’è chi come Bloomberg Economics ritiene che l’apertura delle donne arabe alla guida, quindi ai motori, macchine o moto che siano, abbia anche un suo valore commerciale. Che secondo stime precise potrebbe generare valore per 90 miliardi di dollari al 2030. Hai visto mai si recuperino le perdite per la crisi del petrolio proprio grazie alle donne...

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