Porsche 911 Turbo, la prova tripla – la supercar per tutti i giorni

Questa Turbo si posiziona quasi al top della gamma 911, battuta solo da sé stessa in versione evoluta, in altre parole dalla Turbo S
Porsche 911 Turbo, la prova tripla – la supercar per tutti i giorni

La 911 Turbo di questa prova – serie 991 – è stata presentata esattamente 40 anni dopo l’originale, quella 930 Turbo del 1975 che cambiò per sempre le regole del gioco. Era un mostro di potenza, da controllare faticosamente e con sole 4 marce. Quella di oggi, invece, ne ha 7 e sono gestite dall’elettronica del cambio a doppia frizione. Da allora tutto è cambiato ma il filo conduttore che lega quattro decadi di Turbo è rimasto immutato. La guardi ed è sempre lei. Si notano i muscoli più sviluppati e un equilibrio stilistico che migliora col passare del tempo, alimentando il mito di forme senza età.

Scheda

Dimensioni: lung. 451 cm - alt. 130 cm – larg. 188 cm
Motore: 3.800 cc – 540 CV – 660 Nm
Prestazioni: V.max 320 km/h – 0/100 km/h in 3,0 s
Consumi ed emissioni: 9,1 km/L (ciclo misto) – 212 g/km CO2
Prezzo: 182.915 euro

Francesco Colla

Difficile non innamorarsene al primo sguardo. Forme conturbanti, aria maliziosa e un nome leggendario: 911 Turbo. Un sogno per ogni ragazzino. Rimasto ad appannaggio di un elite, visto il prezzo, ma più facile che mai da guidare. Anche in città: assetto bassissimo e potenza non devono intimorire, la Turbo è capace di affrontare il traffico con la pazienza di una citycar e il 6 cilindri di Zuffenhausen “ronfa” docilmente quando gli si concede solo il minimo del gas. Il flat six lascia senza parole quando si procede a bassa velocità, con un funzionamento talmente regolare da sembrare elettrico e senza fiato quando si schiaccia al massimo l’acceleratore.

Una tigre ben ammaestrata capace di ruggire in un battito di ciglia: meglio non esagerare, sforare (di molto) i limiti è questione di secondi. Così come rimetterci un cerchio: non è un Suv e bisogna stare molto attenti alle buche. Così come ai dossi e alle rampe troppo ripide: per affrontare (quasi) ogni ostacolo la vettura si può dotare di un tasto sul tunnel per aumentare l’altezza dell’anteriore, consentendo di alzare il corpo macchina di alcuni centimetri essenziali. Ciò detto la vita a bordo è entusiasmante anche senza correre: i sedili sportivi, pur non essendo avvolgenti, sono molto confortevoli e c’è spazio a volontà per le gambe. Ma non certo per borse, cappotti e via dicendo: sulla 911 Turbo si viaggia all’insegna della sobrietà racing e l’abitacolo è essenziale.

Dimenticatevi i nuovi volanti multifunzione con decine di tasti e rotelline, sul tre razze Porsche – che avrebbe meritato qualche dettaglio in alluminio in più al posto della plastica -  trova spazio solo il manettino per cambiare modalità di guida; per scorrere il menù nello strumento di destra bisogna usare una levetta posta sotto quella dei tergi, non sempre comodissima. Il resto della strumentazione è posizionata su tunnel e plancia. C’è tutto quel che occorre ma senza troppi fronzoli: è una 911 Turbo, cribbio, non una monovolume.

Riccardo Piergentili

Questa 991 è l’estrema sintesi delle vecchie 911 Turbo, che a causa del motore “a sbalzo” non sono mai state macchine facili da guidare, viaggiando di buon passo. Oggi qualcosa è cambiato e la più gran turistica tra le supercar ha guadagnato quella facilità di guida che ha dato l’ultimo tocco artistico a un quadro di grande valore. Si può usare tutti i giorni con il suo sei cilindri boxer e le due turbine che pompano prepotentemente aria nel condotto d’aspirazione senza controindicazioni per l’erogazione, talmente fluida da sembrare quella di un propulsore aspirato di grossa cilindrata. Da 1500 giri a 6000 giri si avverte una spinta corposa, regolare, gustosa e volendo ci si può addirittura spingere fino a quota 7000 giri.

Questa Porsche, soprattutto utilizzando la taratura sportiva dell’assetto, è incollata all’asfalto, equilibrata e allo stesso tempo riesce a garantire un eccellente comfort di marcia. Il sottosterzo delle vecchie versioni è un lontano ricordo, in percorrenza la macchina resta neutra e in accelerazione i 560 CV a disposizione sembrano addirittura pochi in rapporto all’incredibile presa sull’asfalto. Anche disinserendo il controllo di trazione la 911 Turbo non diventa un’auto da drifting. Non è stata progettata e sviluppata per lasciare chili di gomma sull’asfalto ma per viaggiare veloce. Questo non significa che per godersela sia necessario attivare sempre la modalità iperspazio ed è parte del suo fascino.

Il miracolo può essere riassunto in un termine: versatilità. Questa Porsche funziona sempre meravigliosamente, sia quando si passeggia, consumando un litro di benzina ogni dieci chilometri e sentendo la musica con un impianto stereo da audiofili, sia quando si viaggia di buon passo, sottoponendo il fisico a accelerazioni e decelerazioni aeronautiche, sia quando si arriva a destinazione, senza una goccia di sudore e con la consapevolezza di avere guidato come avrebbe fatto un buon pilota. Perché sulla 911 Turbo tutto diventa facile senza risultare banale.

Alessandro Vai

Entrare in un circuito con la 911 Turbo e volerne esplorare i limiti non è una cosa per tutti. Non perché sia un’auto feroce, inguidabile o traditrice ma perché va talmente forte che prima di far scendere lo stomaco dall’ottovolante e abituarsi al suo ritmo infernale ci vuole un po’ di tempo. Anche senza i freni carboceramici (optional) la decelerazione è perfetta, senza fading precoce e grazie alla trazione integrale l’aderenza è magnetica, nel senso che sembra esserci una forza invisibile che incolla l’auto al terreno. Poi, non appena le gomme anteriori entrano in temperatura, inizia la festa. Con una distribuzione dei pesi che privilegia il posteriore (circa 60%) lo stile di guida va adeguato di conseguenza.

In ingresso curva si pesta forte sul freno per caricare l’avantreno aumentando la direzionalità mentre il posteriore cede in maniera calibrata alla forza centrifuga e allarga lievemente la traiettoria. In questo modo la 911 Turbo gira più rapidamente e ci si ritrova a centro curva con il muso che punta già nella direzione giusta. A quel punto rimane solo una cosa da fare: “with the pedal to the metal”, come dicono gli americani, e il peso sbilanciato sul posteriore diventa un vantaggio regalando un plus di trazione. Se poi non bastasse, al primo accenno di pattinamento le lamelle del giunto anteriore si chiudono e parte della coppia viene spostata ai pneumatici anteriori. In questo modo il grip è massimo e la Turbo esce dalla curva come una palla di cannone, divorando l’asfalto in attesa della successiva.

Infine, ci sono gli effetti speciali: effettuando una partenza col launch control viene da cercare la scritta NASA da qualche parte sul cruscotto. Prima, seconda, terza... a ogni cambio marcia la 911 ti dà un calcio nella schiena e guadagna velocità anziché perderla. La risposta secca quanto basta della trasmissione dà l’impressione di essere alla guida di una vettura da corsa, perfettamente adattata all’uso su strada. In tutto ciò il boxer ringhia ma non disturba. Un suono cupo, pieno a qualsiasi regime che forse poteva anche essere lasciato più libero.

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