FIAT 600 Multipla - la monovolume che ha fatto la storia

Nel secondo dopoguerra la rinascita del paese è stata spinta, o meglio, portata anche dai sei posti della FIAT 600 Multipla, la prima monovolume mai prodotta.
FIAT 600 Multipla - la monovolume che ha fatto la storia

La 600 Multipla è stata prodotta dalla FIAT tra il 1956 e il 1967. È la prima monovolume uscita sul mercato, un concetto che sarà ripreso da tutte le case automobilistiche al mondo, ma con un ritardo di circa 30 anni. Eppure il valore della 600 e della 600 Multipla non si ferma qui, ma è molto più ampio e, per capirlo meglio, è necessario fare un passo indietro fino agli anni del dopoguerra.

Nel 1946 l’Italia si trova ad affrontare una grave crisi economica: il paese è distrutto dalla guerra, la produzione agricola è crollata rispetto al decennio precedente, così come quella industriale. Lo stato non ha liquidità e le esportazioni dei prodotti industriali stagnano a causa della mancanza di materie prime. Non solo: il cibo è razionato e la maggior parte dei bambini cresce senza mangiare carne e zuccheri. L’Italia è un paese che produce poco e consuma ancora meno e, nel frattempo, il costo della vita aumenta. Il piano Marshall e i rapporti diretti con numerosi stati stranieri portano dei finanziamenti che non sono risolutivi e sembrano solo prolungare l’agonia di un paese che proprio non riesce a ripartire.

In questo scenario, nel 1946, è stato reintegrato in FIAT con il ruolo di Amministrazione delegato Vittorio Valletta uno dei protagonisti di questa storia. Era stato epurato l’anno precedente dal CNL, con l’infamante accusa di aver collaborato con l’occupante tedesco. Assieme a lui aveva ricevuto il benservito anche Giovanni Agnelli, azionista di maggioranza della società, deceduto proprio nel 1945. Agli inizi del 1946 quindi la FIAT era commissariata e priva dei suoi vertici ma, visti i tempi, non poteva permetterselo e così nel febbraio del 1946 Valletta viene reintegrato in fretta e in furia e, con il benestare di un giovanissimo Gianni Agnelli (l’Avvocato per antonomasia), assume la carica di Presidente, che manterrà per ben 20 anni.

Valletta era entrato una prima volta in FIAT nel 1921, provenendo dalla Direzione Tecnica dell’Aeronautica Militare, stanziata a Torino. Proprio lì aveva conosciuto il Senatore Agnelli che lo avrebbe convinto più tardi a passare nell’azienda di famiglia. Uomo dedito al lavoro, si era dimostrato brillante negli studi tecnici prima ed economici poi, tutti affrontati lavorando. Particolarmente bravo nel trattare con gli operai e capacissimo nell’organizzare il lavoro, prima di entrare in FIAT divenne procuratore generale della Chiribiri, la prima azienda italiana capace di produrre di sana pianta un velivolo e che poi era passata alla produzione di vetture. 

Alcuni anni più tardi, nel 1927, Valletta raccomandò alla SPA (Società Piemontese Automobili) un ragazzo molto giovane, Dante Giacosa, figlio di amici di famiglia. Era la prima volta che i loro destini si incrociavano, ma di lì a poco si sarebbero intrecciati per un lunghissimo periodo.

Nel secondo dopoguerra Valletta ha una visione del paese che non si lascia condizionare dalla situazione contingente. Nel suo modo di pensare la crisi non può fermare l’industria, in particolare quella dell’automobile, ma al contrario, l’industria dell’auto può e deve essere un volano del paese, producendo vetture che siano destinate al mercato interno e che facciano riprendere i consumi. La chiave di volta è la produzione di un’automobile che sia alla portata anche degli operai che la producono, magari con l’aiuto di qualche cambiale. Bisogna solo aspettare il momento propizio. E il momento arriva. Nei primi anni ’50, Valletta incarica Dante Giacosa (che nel frattempo ha portato in FIAT) e i suoi collaboratori di lavorare al progetto di una ultraeconomica che andasse a sostituire la 500 C (una evoluzione della Topolino e nelle forme lontana dalla Nuova 500 che uscirà solo nel 1957), che fosse più comoda e spaziosa (4 posti reali) ma meno costosa (la Topolino era andata ben oltre i prezzi che erano stati immaginati in fase di redazione dei requisiti). Non solo: doveva essere prevista anche una versione Familiare dello stesso modello che andasse a sostituire la 500 giardinetta (la “station wagon” con le fiancate in legno).

Un’auto economica, con pochissimo margine di guadagno, da destinare a consumatori che non avevano il reddito per comperarla se non a rate, in un momento in cui in non il pane, ma il companatico scarseggiava sulle tavole degli italiani: sicuramente Vittorio Valletta era un uomo coraggioso. Ma perché Valletta affida questo progetto a Dante Giacosa?

L’ingegner Giacosa, l’altro protagonista della storia, è considerato nell’arte del design automobilistico un vero e proprio maestro. Si è laureato giovanissimo, a soli 22 anni, in ingegneria meccanica ma rispetto ai suoi colleghi ha quello che lui stesso ritiene  un vantaggio: un diploma conseguito in studi classici, grazie al quale ha potuto apprendere il latino e il greco, lingue che, per sua ammissione, hanno lasciato un segno indelebile nella sua forma mentis. Come detto la sua carriera inizia alla SPA, proprio grazie a Valletta e quando la SPA viene acquisita da FIAT, Giacosa entra nel reparto motori auto della casa torinese. È il 1929. Giacosa rimarrà in FIAT fino al 1970, quando sarà lui stesso a farsi da parte, giudicandosi ormai vecchio per continuare. Nel frattempo una carriera che spazia dalle auto, agli aerei alle navi ai generatori elettrici e la partecipazione e la conduzione di tutti i più importanti progetti in campo automobilistico della FIAT.

La lista dei successi di Giacosa fa impressione: dalla “Topolino” alla nuova cinquecento, passando per la Bianchina, la Primula, la Campagnola, la A112, la 124, la Dino, la 126 e la 127, solo per citare le più riconoscibili. E qualche fiore all’occhiello come la Cisitalia 202, esposta oggi al MOMA di New York e definita una “scultura in movimento”. Con un CV del genere, (anche se all’epoca in buona parte ancora da costruire), è facile capire perché Valletta si sia rivolto proprio a Giacosa.

Le specifiche non sono delle più semplici: l’auto deve essere piccola come la 500 C ma molto più spaziosa all’interno. Deve costare poco senza essere spartana, e deve pesare 500 kg circa, la velocità deve essere attorno ai 90 km/h.

Il lavoro è lungo, ma Giacosa si lascia guidare proprio dalle specifiche che a loro volta sono state redatte con il criterio dell’economicità: un’auto che costi poco, a produrla e a comperarla. Meno materiale si usa e meglio è: il rischio è che ne venga fuori un’auto spartana, che non piaccia al pubblico, non tanto da convincere gli acquirenti a sobbarcarsi un debito per acquistarla.

Giacosa invece segue il criterio della semplicità, di cui l’economicità sarà solo una conseguenza. E quindi la chiave di volta è fare una vettura che sia “tutto indietro”: motore e trazione nella parte posteriore dell’auto, eliminando così i pesi e i costi di portare la forza motrice dal motore a sbalzo posteriore alle ruote anteriori. In questo modo non solo non ci sarà bisogno di un telaio più grande ma al contrario, l’auto potrà essere più corta della 500 C. Inoltre: avantreno più leggero, auto più abitabile, rumorosità ridotta (non c’è l’albero di trasmissione) e soprattutto spostata alle spalle di autista ed equipaggio.

Il risultato è una vettura leggera, veloce e dalle linee molto curate che piace agli addetti ai lavori e poi agli italiani. A tal punto che al salone dell'auto di Ginevra del 1955 la presentazione della 600 è un vero e proprio trionfo.  Fin da subito poi viene presentata anche la versione Giardinetta (o Giardiniera come era chiamata la 500 C) che poi prenderà il nome di Multipla. FIAT aveva l’esigenza di creare un’auto che fosse allo stesso tempo per uso Familiare e funzionare come un piccolo furgone, essere versatile e passare da 6 posti per una famiglia numerosa o un taxi a due posti e un ampio spazio interno dove riporre attrezzi da lavoro e pronto intervento per un meccanico, un idraulico o ad esempio per un elettricista. Anche qui c’era un vincolo molto forte dato dalle specifiche: non si poteva modificare la parte posteriore della versione berlina per motivi di economicità. Stesso problema, stessa soluzione: la semplicità.

 

Se riesco a sistemare i sedili al di sopra delle ruote anteriori, il gioco è fatto”. La frase è di Giacosa, mentre parla con i suoi progettisti ed è anche la chiave di volta di tutto il progetto: per non cambiare le dimensioni dell’auto occorre spostare i due sedili anteriori in avanti, modificando il profilo anteriore della ‘600 renderlo diverso da quanto prodotto fino allora, togliendo di fatto il volume anteriore e rendendolo unico con quello centrale dell’auto che ingloba già il posteriore. In questo modo la volumetria dell’abitacolo risulta sufficiente per tre file di sedili, oppure per due sedili anteriori e un grande spazio libero, creando un piccolo furgone. Di più: l’interno della vettura si può modificare, togliendo i sedili centrali e appiattendoli sul fondo dell’auto, così come per i posteriori. Tutti concetti che si ritroveranno molti anni più tardi nelle monovolume, ma che all’epoca erano ben lontani dall’essere anche solo immaginati. La mancanza di un portellone posteriore viene ampiamente compensata dalle grandi portiere che garantiscono una buona accessibilità ai passeggeri ma anche una certa facilità di carico e scarico di attrezzi o merci.

La 600 Multipla fu un vero e proprio successo. La linea insolita piacque agli acquirenti e la spaziosità e i prezzi contenuti ne fecero l’auto preferita dei tassisti, a tal punto che la FIAT stessa avviò una linea di produzione per i taxi che avevano una colorazione caratteristica verde bottiglia nella parta inferiore e “nero 601” nella parte superiore, con le due colorazioni separate da una o più righe colorate che variavano da comune a comune. Sul tetto il “pappagallo” con la scritta TAXI che si accendeva assieme ai fari, e (ma non sempre) la bagagliera per le valigie.

La 600 multipla fu un successo commerciale con 243.000 unità prodotte e acquistate da famiglie numerose, tassisti, artigiani, fattorini e … suore delle case generalizie! Inoltre precorse i tempi di 30 anni, anticipando con le sue forme quella che, a partire dagli anni ’90, divenne una vera e propria moda.

Il nome Multipla venne di nuovo utilizzato da FIAT per un’auto, prodotta tra il 1998 e il 2010, a 6 posti divisi in 6 sedili disposti su due file, abbinati a un bagagliaio molto capiente, in meno di 4 metri di lunghezza (la lunghezza contenuta pare esser l’unico elemento in comune con la più “stilosa” progenitrice). L’auto non ebbe gran successo anche se ne fu fatto un restyling: lo sviluppo in orizzontale dei sedili non convinse gli utenti italiani abituati a ben altro design dalla casa di Torino, ma anche e soprattutto da Alfa e Lancia e la nuova Multipla ebbe una certa celebrità principalmente tra i tassisti.

La FIAT 600 da cui derivava la Multipla fu invece molto di più che un successo commerciale: i fatti diedero ragione a Valletta, dimostrando che gli italiani avevano bisogno non solo di denaro ma anche e soprattutto di idee, di sogni e di libertà. Nel 1956 la libertà e i sogni potevano essere rappresentati da un auto a basso costo, semplice e non spartana, progettata e voluta da un dirigente visionario e da un ingegnere progettista che sapeva il fatto suo. Un sogno da comperare a rate, firmando cambiali per aumentare il raggio di azione della propria immaginazione e pensare di fare gite fuori porta, piccoli viaggi o migliorare la propria situazione lavorativa. Un’auto che si vedeva nella pubblicità nelle riviste, che come una diva compariva nei film, al cinema e che divenne un oggetto di desiderio degli italiani, che si abituarono a investire nei propri sogni e nei propri desideri anche a costo di pagare qualche cambiale a fine mese.

Era l’Italia un po’ ingenua, forse, ma onesta e molto determinata, che dopo l’orrore della guerra ripartiva, anche a bordo di una FIAT 600 Multipla: molto di più che un’auto. 

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