Ferrari 166 MM - 212 Export Uovo: l'invenzione di Giannino Marzotto

La Ferrari "Uovo" voluta da Giannino Marzotto e realizzata da Franco Reggiani per conto delle Officine Fontana, è stata un'auto da corsa innovativa e unica nel suo genere
Ferrari 166 MM - 212 Export Uovo: l'invenzione di Giannino Marzotto

Nel 1951 nasce la collaborazione tra la Ferrari e Battista Farina, detto “Pinin” mago delle carrozzerie, che tanto bene porterà ad entrambi e che è arrivata fino ai nostri giorni. Negli anni ’50 la Società anonima Carrozzeria Pinin Farina è appena passata dall’essere una eccellenza “artigianale” nella produzione delle auto più belle del mondo ma in “pezzi unici”, a una realtà industriale, grazie agli accordi stretti con Alfa Romeo, Peugeot, Lancia e poi Ferrari.

Pinin (in realtà Giovanni, ma chiamato, sin da piccolo, Pinin – diminutivo di Giuseppe – per la straordinaria somiglianza con il padre Giuseppe) Farina, tra gli altri, ha due talenti, è un gran designer e ha fiuto per gli affari. La sua azienda è nata a Torino nel 1930, grazie a un ingente capitale ricevuto in dote dalla moglie e fatto fruttare (e non poco) nel giro di pochi anni. Dal connubio tra il genio di Farina e la lungimiranza di Enzo Ferrari nasceranno tra le altre la Testarossa, la Ferrari F40, La California, la Ferrari Enzo e la Ferrari FF, solo per citane alcune.

Ma perché il Cavalier Ferrari, nel 1951, decise di affidarsi al talento di Pininfarina? Per capirlo bisogna fare qualche passo indietro e andare a conoscere la storia di due modelli unici, molto particolari, di prototipi elaborati su due modelli di Ferrari, e degli uomini che li costruirono.

Tra il finire degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 molti rampolli delle famiglie blasonate italiane hanno una vera e propria passione (spesso non ricambiata) per le auto veloci, con le quali si sfidano lungo le strade statali o in pista. Conti, Principi e Marchesi, piccoli o grandi imprenditori, ma tutti ricchi, amanti della bella vita, appassionati al mondo dei motori, spesso con molto tempo da impegnare: sono i gentleman driver che non solo corrono sulle auto da corsa, ma spesso le collezionano e le personalizzano elaborandole per renderle uniche (quando non se le costruiscono in proprio, come fece Ferruccio Lamborghini, stanco di avere a che fare con l’intrattabile Commendator Ferrari, soprattutto in tema di “frizioni”). Naturalmente le auto preferite (per chi se le può permettere) per scendere in pista sono le Ferrari e in tal senso tra i migliori clienti della casa del Cavallino Rampante ci sono i fratelli Marzotto e tra questi Giannino, soprannominato il “Conte Volante”. Giannino è figlio di Gaetano Marzotto (Junior), a sua volta discendente da Vittorio Emanuele Marzotto, imprenditore del ramo tessile (e non solo), residente a Valdagno, deciso di fare di Gaetano, sin da piccolo, un dirigente d’azienda. Proprio Gaetano, succeduto al padre, morto in seguito a una ferita da arma da fuoco, provocata da un figlio illegittimo non riconosciuto, terminò la trasformazione meccanica dell’azienda di famiglia rendendola più competitiva e portandola a essere una delle migliori aziende tessili d’Europa. Dei setti figli di Gaetano jr, Vittorio e Giannino erano i più appassionati di auto e competevano anche nelle grandi classiche come il giro di Sicilia e la 1000 Miglia (vinte entrambe da Giannino). Ma farlo su auto ufficiali non bastava più. Giannino Marzotto aveva delle sue idee su aerodinamica e importanza del peso delle vetture e della sua distribuzione. Sapeva esattamente che macchina voleva e per realizzarla chiese aiuto alle carrozzerie Fontana a Padova, che si affidarono alle mani creative del progettista Franco Reggiani.

Reggiani nel 1951 aveva solo 25 anni, ma vissuti intensamente. Nel 1940, a 14 anni, era entrato per concorso alle Officine Meccaniche Reggiane, secondo solo alla sorella (il talento era una cosa diffusa in famiglia). Qui si era dedicato al disegno e alla progettazione degli aeromobili (la guerra dettava le regole di mercato), per poi trasferirsi a Parigi, rientrare in Italia, a Padova, per il servizio militare e qui iniziare la collaborazione con le officine Fontana.

L’auto voluta da Marzotto viene costruita su base Ferrari. Viene scelto il telaio della Ferrari 166 MM mentre la carrozzeria viene completamente ridisegnata e realizzata in alluminio (alleggerendo così l’auto di diversi chili) seguendo le linee guida di Giannino Marzotto. Il motore scelto per spingere il prototipo è quello di un’altra Ferrari, il 12 cilindri a V dell’elegantissima e glamour 212 Export. Reggiani, che oltre a essere disegnatore e progettista è un abilissimo scultore modella l’auto dandole una forma stretta e lunga a dir poco insolita: l’abitacolo è quasi sulle ruote posteriori, i fanali sono integrati nei parafanghi che sporgono in avanti, mentre il cofano termina con una presa d’aria ovale, che darà all’auto il soprannome di “Ferrari Uovo”. Lo stesso Marzotto, alla vista dell’auto rimane stupito, ma la sua reazione è nulla in confronto a quella del Commendator Ferrari, che, impallidito e senza parole, dirà più tardi di aver subito una vera e propria violenza. La “Ferrari Uovorivisitata da Reggiani, è un’auto molto particolare, che colpisce per il suo aspetto. Ma messa sulla bilancia, a parità di motore e telaio, pesa 150 chili in meno delle sue cugine ufficiali. Marzotto ci aveva visto giusto e solo una “desciappatura” di un copertone, scambiata per una rottura del differenziale, quando era in testa alla gara, gli impedì di rivincere la 1000 Miglia del 1951, mentre il “Conte Volante” si aggiudico il giro di Toscana e la Trento – Bondone.

E Pinin? La Ferrari Uovo con telaio 166 MM e motore 212 Export è stata anche la sua fortuna. Dopo aver vista l’auto, che in garage era parcheggiata vicino quella che il Commendatore considerava un altro scempio, la Ferrari “Carrettino Siciliano” (e non aveva tutti i torti), il Drake prese la decisione di affidarsi a Pinin Farina e ai suoi disegnatori per concepire e plasmare le carrozzerie delle sue auto e di non vendere più a scuderie private le proprie vetture per farne prototipi. Dictat che colpì anni più tardi un altro rampollo Italiano: il veneziano Giovanni Volpi, proprietario della Scuderia Serenissima, che per la sua Ferrari Drogo Breadvan dovette acquistare una 250 Gto usata.

La Ferrari Uovo nel 1953 fu portata in America per partecipare alla quarta edizione della Carrera Panamericana, una pericolosa corsa a tappe di più di 3000 chilometri per le strade appena asfaltate del Messico, dove si sarebbero sfidate le migliori case del mondo e quindi Europee e di conseguenza Italiane. Proprio nel 1953 la vittoria finale della Carrera Panamericana fu un affare tra Ferrari e le Lancia, e rappresentò uno scontro tra due diverse scuole di pensiero: le pesanti ma potentissime Ferrari, contro le meno prestanti ma leggere ed agili Lancia. La gara si concluse con la vittoria della Lancia D24 pilotata da Juan Manuel Fangio, davanti a Piero Taruffi, sempre su una D24. La Ferrari Uovo proprio all’ultimo momento non fu iscritta alla gara, e fu un vero peccato, in quanto era l’unica auto (italiana) che, grazie alle avveniristiche soluzioni di Reggiani, era riuscita a sintetizzare potenza (di un motore Ferrari) e agilità (carrozzeria alleggerita), e probabilmente avrebbe potuto dire la sua nella corsa alla vittoria finale.

Poco dopo l’auto fu venduta da Giannino Marzotto e finì in America dove passò di mano in mano fino ai giorni nostri quando, battuta all’asta è stata valutata per 5 milioni di Euro. Non male per un’auto brutta.

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