Occhio, Spadafora: la Bielorussia è vicina

Occhio, Spadafora: la Bielorussia è vicina© ANSA

Thomas Bach, presidente del Cio, di secondo nome non fa Giobbe, ma la sua pazienza è pari a quella dell’uomo giusto la cui fede venne messa alla prova da Dio. Dal 15 ottobre 2019, data del primo incontro che non c’è mai stato, il capo dello sport mondiale aspetta che il governo italiano e il suo ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, si degnino di presentarsi a Losanna per spiegare che la legge 8 agosto 2019 n. 86 non intacca l’autonomia del Comitato olimpico italiano. Al contrario, la attacca profondamente, essendo la peggiore riforma mai partorita da mente umana.

Per questo, ancora una volta Giovanni Malagò l’ha fatto sapere forte e chiaro a Giuseppe Conte: «Il Cio ha sanzionato la Bielorussia e Lukashenko, quindi alle Olimpiadi di Tokyo gli atleti di Minsk non andranno sotto la loro bandiera, come accadde ai kuwaitiani a Rio 2016. Siamo nel caos più completo di gestione dello sport italiano». E Gianni Petrucci, predecessore di Malagò, ha rincarato la dose: «Spadafora non è il padrone dello sport. Lui ha la vigilanza sul Coni, le leggi non sono cambiate e noi dobbiamo seguire le leggi, non gli indirizzi. Oggi c’è grande caos, ci sono confusione e impreparazione, perché questa non è una riforma dello sport ma un’occupazione».

L’orchestrina della politica suona sul Titanic dove ha piombato l’Italia (sesta nel medagliere complessivo dei Giochi per numero di medaglie d’oro (247); sesta nel medagliere dei Giochi estivi (207 ori), dodicesima nel medagliere dei Giochi invernali (40 ori). Il 27 gennaio a Losanna si riunirà il direttivo del Cio: Dio solo sa quanti salti mortali abbia fatto sinora Malagò per evitare le sanzioni, ma il tempo sta per scadere. Occhio, Spadafora: la Bielorussia non è mai stata così vicina. E se il 21 luglio 2021 a Tokyo, non vedremo sfilare gli atleti italiani sotto il tricolore, gli converrà chiedere asilo politico a Minsk. Sempre che glielo concedano.

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