-10 al vertice Cio: il grande pasticcio della politica

Da sedici giorni, su queste colonne, ci stiamo occupando del gigantesco pericolo che l’Italia correrà tra 10 giorni a Losanna, quando il Comitato esecutivo del Cio dovrà stabilire se gli azzurri potranno essere azzurri, se ci sarà un tricolore a sventolare e se sarà ascoltate l’inno di di Mameli sul podio
-10 al vertice Cio: il grande pasticcio della politica© EPA

Da sedici giorni, su queste colonne, ci stiamo occupando del gigantesco pericolo che l’Italia correrà tra 10 giorni a Losanna, quando il Comitato esecutivo del Cio dovrà stabilire se gli azzurri potranno essere azzurri, se ci sarà un tricolore a sventolare e se sarà ascoltate l’inno di di Mameli sul podio. La situazione, ahinoi, non si è fatta né meno grave, anzi è peggiore, né più seria, vista la leggerezza dimostrata dal mondo politico.

La crisi di governo aperta in settimana da Italia Viva ha impedito il decreto correttivo di quello dell’agosto 2019, finito sin da subito nel mirino di Thomas Bach. Ricordiamolo: il controllo politico dello sport e i tagli imposti al Coni non sono accettabili per la Carta Olimpica, che esige una sana e comprensibile autonomia dei singoli movimenti sportivi. È una battaglia lunga decenni, nella quale proprio l’Italia ha fatto scuola al resto del mondo. La lezione di Giulio Onesti, delle 247 medaglie d’oro vinte da Atene 1896 a Rio 2016, di quello che è stato – appunto – pure un modello gestionale. Dicevamo: la crisi di governo ha allontanato la speranza di una correzione. E anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella possibilità di avocare a sé il fascicolo avendo la vicenda un riflesso nelle relazioni internazionali, ha dovuto passare le ultime ore e gli ultimi giorni a rincorrere deputati “responsabili” per salvare la legislatura.

Ecco: sarebbe bello che, con un colpo di coda, altri “responsabili” si trovassero anche di fronte al rischio che l’Italia corre a Losanna. Mettiamo la testa ad agosto, quando – speriamo – andranno finalmente in scena le Olimpiadi di Tokyo. Che tristezza sarebbe non vedere la nostra bandiera nella sfilata di apertura e leggere sulle maglie non “Ita”, bensì Ioa, acronimo che sta per “Indipendent Olimpic Athlet”? L’unica volta in cui qualcosa di simile si vide, ma erano altro contesto e altro tempo, fu per le Olimpiadi del 1980 a Mosca, quando era la guerra fredda a decidere e non certo i pasticci lungo il corridoio dei passi perduti di Montecitorio. Lo sport è una delle attività più importanti di questo Paese. Lo dice il settimo posto al mondo nell’ultimo anno di sport, estremo angolo di “made in Italy” davvero forte, lo dicono i tanti milioni di ragazzi e di ragazze che hanno nello sport il conforto, la salute, la speranza di futuro. «Mi auguro che la questione trovi una soluzione logica, per il bene degli atleti e del movimento» diceva ieri, su Tuttosport, la grande Giovanna Trillini, otto medaglie e portabandiera ad Atlanta 1996. Bisogna infatti, al di là di noi appassionati, guardarla dal punto di vista di chi gareggia. Non si può togliergli la pienezza e la gioia di un’Olimpiade affrontata con i colori dell’Italia. L’orgoglio di rappresentare un Paese, un Paese che dovrebbe essere all’altezza dei loro sforzi. Mancano 10 giorni al voto che può inchiodare il nostro mondo. A mandarci a Tokyo svuotati di ogni simbolo nazionale e a mettere in discussione persino Milano e Cortina 2026, le Olimpiadi invernali che tanto aspettiamo e che hanno rappresentato un motivo di fierezza nel giorno della assegnazione. Lo abbiamo scritto sette giorni fa e lo riscriviamo, con le stesse parole, oggi: evitateci questa figura di melma.

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