L’ingiustizia Schwazer, l’oro di Jacobs, i rosiconi con Bolt

L’ingiustizia Schwazer, l’oro di Jacobs, i rosiconi con Bolt© ANSA

Non so voi. Eppure, ogni volta che vedo un vincitore di Olimpia premiato da Lord Sebastian Coe, presidente della World Athletics, l’attacco di orticaria è immediato. Oggi è acuto. A Sapporo, questi dovevano essere i giorni di Alex Schwazer, i giorni della marcia. Invece, l’olimpionico di Pechino non c’è. Egli è stato scandalosamente defraudato non di una, ma addirittura due Olimpiadi: nel 2016 venne fermato prima di Rio e squalificato sino al 2024 perché inverecondamente accusato di doping, vittima della manipolazione di provette smascherata dal coraggioso gip di Bolzano, Walter Pelino che il 19 febbraio scorso l’ha scagionato, proclamandolo innocente («Il fatto non sussiste»). Ciononostante, né il Tas né il tribunale federale svizzero hanno concesso a Schwazer la sospensiva che gli avrebbe consentito di gareggiare in Giappone guidato da Sandro Donati, suo allenatore e autore del libro «I signori del doping, il sistema sportivo corrotto contro Alex Schwazer», in testa alle classifiche di vendita dell’editoria sportiva.

Coe, leggi a pag. 410

Qualora non avesse il tempo di leggerlo, a Coe basterebbe soffermarsi sulla pag. 410: il Gip di Bolzano ritiene «accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer l’1.01.2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati». Il Gip «ritiene sussistano forti evidenze del fatto che nel tentativo di impedire l’accertamento del predetto reato siano stati commessi una serie di reati che di seguito si elencano: falso ideologico, frode processuale, diffamazione». Anzichè andare a nascondersi, Lord Coe ha sbiellato: «L’Italia non si metta dalla parte sbagliata della storia. Non voglio che l’atletica italiana venga contaminata. Spero solo che la gente riconosca questo caso e state certi che la storia non sarà tenera». Stia tranquillo, Coe e stia tranquilla la Wada cui regge il moccolo: la gente si è fatta un’idea molto precisa di ciò che è accaduto a Schwazer.

Alex, Jacobs e la spazzatura Usa

A proposito. Sono trascorsi quattro giorni dal fantastico oro di Jacobs e non abbiamo ancora sentito un pigolìo, un belato, un suono della World Athletics che condannasse la spazzatura made in Usa e Uk, propalata da frustrati e rosiconi, inchiodati proprio da Schwazer: «Quando uno va forte, escono sempre queste storie, messe in giro da alcuni invidiosi. Sembra che quasi ci si debba scusare di essere andato così veloce. Le accuse velate che ho letto sono molto tristi, ma, per fortuna, lasciano il tempo che trovano. Marcell ha scritto la storia dello sport italiano e si deve godere il momento. Ha fatto qualcosa di incredibile e gli faccio tanti complimenti. La sua gioia non deve essere minimamente turbata da accuse sterili». Per non dire della scivolata in pista di Usain Bolt: «Le scarpe usate da Jacobs sono strane e ingiuste, al limite del ridicolo». Infatti, è notorio che, a suo tempo, il mitico giamaicano abbia vinto 8 ori olimpici, 11 titoli mondiali e abbia demolito record su record calzando un paio di anfibi e, alla bisogna, scarponi da montagna. Ritiratosi nel 2017, divenuto campione di spot, Bolt deve essersi perso l’evoluzione della tecnologia applicata all’atletica. O, forse, Usain ignora il micidiale complotto ordito dall’industria calzaturiera mondiale perché trionfassero Jacobs e i nuovi primatisti mondiali Karsten Warholm (45”94) e Sydney McLaughlin (51”46) nei 400 ostacoli, Yulimar Rojas nel salto triplo (15.67). Ha scritto la meravigliosa Alda Merini: «La miglior vendetta? La felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice». Marcell può confermare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...