MILANO - Paola Egonu si racconta e parla del razzismo nella sua vita, dentro e fuori dal campo. La pallavolista della Vero Volley Milano è stata ospite al podcast BSMT, raccontando la sua esperienza a cominciare dal duro sfogo dopo la finale 3°-4° posto del Mondiale 2022 con l'Italia quando disse che non voleva più tornare in Nazionale: "Non era uno sfogo, era un parlarne dopo che ad un certo punto era diventato l'unico argomento che si voleva affrontare con me. Da esperienze di altri sapevo cosa avrebbe generato, però facendo così ero un po' in conflitto con me stessa. Non stavo esprimendo la mia opinione e non potevo essere portavoce di chi aveva vissuto le cose che avevo vissuto io e la mia famiglia. Non volevo creare un problema o una reazione mediatica così forte. Volevo solo dire la verità, una cosa che succede tutt'ora".
Egonu e l'Italia
Dopo lo sfogo: "C'erano persone intelligenti, che l'avevano vissuto sulla propria pelle e che sanno che è una cosa che esiste. E poi altre persone che negavano, che mi davano contro e che si lamentavano dicendo 'noi ti abbiamo accolto nel nostro paese, sei diventata ciò che sei grazie a noi e ora ci dai contro'. Grazie a Sanremo riesco a spiegare effettivamente il fatto che amo il mio paese, che gioco per il mio paese, che vivo in Italia e ne amo la cultura. Ma che non nascondo che esiste questa parte negativa. Il mio è un modo per eliminare questa parte e le sofferenze di altri ragazzi e famiglie semplicemente per il colore della pelle".
"Non lo faccio per me, ma per chi vive questo"
Poi ancora: "Non vengo discriminata io, ma viene discriminata la mia famiglia o le altre ragazze che vanno a giocare a pallavolo e sentono versi e commento. Non lo faccio per me, ma per le altre persone che vivono tutto questo. Possono essere i versi dei genitori o degli altri mentre sei in campo, e non è piacevole. Quando entri in un negozio vieni vista subito e controllata con la puzza sotto il naso. Sono tante situazioni e dinamiche che alla fine noti, ci fai caso. A me non capita, mi è successo nel passato e ora non ci faccio più caso. Ci ho lavorato, capita più fuori dal campo che dentro".
Infine sui giocatori che hanno fatto interrompere le partite dopo insulti razzisti: "Il giocatore che subisce questa cosa è una persona, ha delle emozioni e quindi reagisce. Potresti essere bravo e controllarti in quel momento, però fa male. Non è una cosa che riesci sempre a controllare. I miei genitori mi hanno preparato a questo, mi dicevano di essere sempre la più brava e di essere educata, mai fuori luogo".