Atp Finals, intervista a Chiara Appendino: «La mia Torino vince»

Il Sindaco racconta con orgoglio il progetto e svela un passato da giocatrice: «In campo ho conosciuto mio marito. Dal dopolavoro ferroviario alle finali: dal tennis ho imparato che non è mai finita. Città al centro, innovazione e ambiente»
Atp Finals, intervista a Chiara Appendino: «La mia Torino vince»© LAPRESSE

«Dieci volte ho pianto e dieci volte ho sorriso». Elegante in un tailleur pantalone nero, Chiara Appendino ora non trattiene proprio il più grande tra quei sorrisi. Il sindaco ci accoglie nella sua sala di Palazzo Civico, poche ore dopo l’assegnazione ufficiale delle Atp Finals 2021-2025. Fra due anni i migliori otto tennisti al mondo e le migliori otto coppie si disputeranno la coppa di fine stagione al PalaAlpitour. «È una vittoria nata dal lavoro e dalla capacità di fare squadra, in cui tutti sono stati coinvolti. Altrimenti non avremmo potuto battere Tokyo, Singapore, Londra, una rosa di 40 città candidate, senza avere le medesime possibilità economiche. Sì, sono felicissima. Poi sono un’appassionata di tennis. Giocavo, classificata 3.5. E ho conosciuto mio marito grazie al tennis, avevo 17 anni, al Circolo del Dopo Lavoro Ferroviario di corso Rosselli. Per me è stata una doppia opportunità».

Torino sulla mappa mondiale.
«L’impatto economico sarà notevole, i numeri sono noti, 250.000 spettatori annui, un giro d’affari di 500 milioni complessivi. E da appassionata spero nella presenza di giocatori italiani, magari di un torinese».

Cosa ha convinto, a suo avviso l’Atp Tour?
«Il nostro progetto poggia su tre gambe: città protagonista, innovazione, ambiente. Ora comincia la vera sfida, abbiamo due anni di tempo per presentarci, fare ancor più squadra sul territorio. Poggiamo su alcune certezze: la capacità organizzativa della Fit, mostrata con gli Internazionali, Next Gen Finals. Poi la possibilità di avere un impianto moderno come il PalaAlpitour che ci consente di concentrare le attenzioni sul sistema cittadino. Sarà creata un’autentica cittadella del tennis. In città saranno coinvolti tutti i circoli. Vogliamo far sì che la città sia protagonista, partecipe, coinvolta per intero. Sono sicura, Torino lavorerà sodo. E le ricadute saranno importanti, del resto parliamo di uno sport che muove appassionati da tutto il mondo e con possibilità di spesa».

Lei ci ha creduto fin dall’inizio. Cosa le infondeva tanta fiducia?
«Ho sempre pensato fosse possibile perché Torino è storia, cultura, passione, entusiasmo, come mostrato dal video dell’Atp Tour. La città merita visibilità internazionale e ci riuscirà grazie a un evento che non lascerà ricadute negative sui conti. Mi ha convinto il lavoro di squadra, la Fit è stata fondamentale, il Coni, il Governo, la Regione anche se con un governo di altro colore hanno dato supporto importante, così come la Camera di Commercio. Poi il fatto che quando il Sottosegretario Giorgetti ha chiesto un intervento cittadino, il mondo imprenditoriale abbia immediatamente risposto. Nell’ultima fase la Fit e l’intervento del Credito Sportivo e dell’ulteriore garanzia hanno avuto ruolo chiave».

Innovazione e ambiente, qualche anticipazione?
«Ne parleremo lunedì in sede di presentazione, quando il presidente di Atp Tour Chris Kermode illustrerà nel dettaglio i motivi della scelta. Ma posso anticipare che in quanto città dell’innovazione mostreremo l’utilizzo di nuove tecnologie nell’Arena, attraverso la rete 5G coinvolgeremo la città, cerchiamo una certificazione ambientale. Vogliamo creare un modello innovativo, anche per la città».

Il presidente Fit Binaghi, ci ha detto che grande merito del successo è suo.
«Io ho solo messo l’energia, la chiave è stata lavorare tutti compatti, nella stessa direzione. Non ha vinto solo Torino, ma il Paese. Questo sarà un motore economico di sviluppo. E lo sport può aiutare la crescita anche civica. Si impara a distinguere la differenza tra nemico e avversario. È educazione alla cittadinanza».

Lei gioca ancora?
«Non ho più tempo. Non tocco una racchetta da 5-6 anni. Il tennis è uno sport difficile, non c’è soltanto la questione tecnica e la fisicità, c’è la capacità di tenere l’equilibrio. Il primo torneo vinto è stato un doppio misto con mio marito al DLF».

C’è qualcosa della sua educazione sportiva che utilizza nella quotidianità?
«Ero solo una sportiva amatoriale. Comunque sì, la fatica dell’allenamento. Poi faticavo ad accettare una sconfitta. E un aspetto mi è servito in questa occasione: nel tennis anche se sei sotto 0-5 0-40 devi provarci, lottare. Fino all’ultimo secondo ho temuto in attesa dell’annuncio, ma lottato».

Chi vorrebbe in campo?
«Per Federer temo sarà tardi. Da piccola ammiravo Stefan Edberg. Il mio allenatore mi mostrava McEnroe. Tutti attaccanti, mi piaceva andare a rete. Adesso mi piace Djokovic, molto Fognini. Ripensandoci il tennis mi ha insegnato che il principale avversario è dentro se stessi. Tante volte ho perso da sola. Ho imparato a considerare le possibilità. Mio marito dice sempre che se le cose vanno bene è bene pensare a quando andrà male. E viceversa».

Con le Finals può svilupparsi un rapporto nuovo tra imprenditoria e sport, di maggior impegno.
«Ogni disciplina per convincere il mondo dell’imprenditoria deve presentare un progetto chiaro, credibile, funzionale, redditizio».

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