Pechino ci dica la verità su Peng Shuai

Pechino ci dica la verità su Peng Shuai© EPA

La vicenda di Peng Shuai, la tennista scomparsa dopo aver denunciato sui suoi canali social l’ex vicepremier cinese Zang Gaoli di abusi sessuali, ha ormai valicato i confini dello sport per assumere dimensioni internazionali. Il presidente statunitense Joe Biden ha ammesso di avere allo studio un boicottaggio diplomatico, che però potrebbe sforare anche nel boicottaggio alle Olimpiadi. La Wta, ovverosia l’associazione delle tenniste dopo aver già presentato richieste ufficiali, ora minaccia attraverso il Ceo Steve Simon un proprio boicottaggio: «Siamo disposti a ritirare la nostra attività e ad affrontare tutte le complicazioni che ne derivano senza problemi. Le accuse di stupro sono più importanti degli affari. Deve essere fatta chiarezza». E la Wta oltre ai tornei, avrebbe un contratto a lungo termine per le Finals femminili. Colpire negli affari, perché no?

Anche a Torino si parla e si prega per Peng Shuai. Il francese Nicolas Mahut dopo la sua partita di doppio ha definito «imbarazzante», il silenzio del Cio, che non ha ancora fatto niente. lo stesso Jannik Sinner durante l’incontro con i media si è detto: «molto colpito e preoccupato, bisogna prestare la massima attenzione». Nientemeno che l’Onu ha chiesto prove certificate dello stato di buona salute di Peng.

Eppure la Cina prosegue nel silenzio. Forse stavolta lo sport può davvero aiutare, sarebbe bello se il mondo sportivo fosse il primo a introdurre rapporti diversi con un Paese che vive in una condizione a parte. E lo ha dimostrato anche durante i meeting per l’ambiente e l’inquinamento. Magari è utopistico immaginare una soluzione attraverso lo sport, ma perché non sognare e nel frattempo lottare? Lo sport può essere veicolo fortissimo. Pensiamo a Messico 1968 o a Muhammad Ali. Le Olimpiadi invernali sono alle porte. Chiediamo la verità. E le prove, soprattutto.

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