Atp Finals Torino: se Nadal fa tenerezza

La sconfitta, mai in discussione, con Auger-Aliassime fa scoprire al pubblico di Torino un Rafa inedito, stavolta nelle sue debolezze e nella sua impotenza. Applausi e riconoscenza, sognando che sia un arrivederci e non un addio
Atp Finals Torino: se Nadal fa tenerezza© Getty Images

TORINO - ”Ho dovuto mantenere alta la concentrazione fino all’ultimo su ogni pallina, perché con un avversario così, che non si arrende mai, mai puoi essere sicuro di avere vinto”. Mente sapendo di mentire, il canadese Auger-Aliassime, aitante canadese quebeçoise di nascita e togolese di origini, Felix di nome e di fatto dopo la delusione patita contro Ruud all’esordio, mentre commenta al microfono di Diego Nargiso l’incredibilmente agevole affermazione su Rafa Nadal. Il quale, intanto, sta avviandosi mestamente negli spogliatoi del Pala Alpitour, senza perdere l’educazione (autografi anche tornando sui suoi passi se sente un ragazzino chiamarlo) né la tenerezza che forse per la prima volta ha suscitato su un campo da tennis. Tenerezza, sì. Perché lui, potenziale Goat della racchetta (la questione è sempre aperta e forse mai si chiuderà), comunque l’uomo che ha vinto più Slam di chiunque e a chiunque ha fatto venire uno o più esaurimenti nervosi, mai prima d’ora aveva dato così l’impressione di non avere davvero alcuna chance di ribaltare la situazione; di non avere una condizione fisica (e forse stavolta anche mentale) tale da poter sorreggere il suo campionario di colpi magistrali e insieme assurdi per potenza, precisione e imprevedibilità, ma soprattutto i suoi proverbiali recuperi.

Nadal a rete per forza

Tenerezza faceva mentre scendeva a rete, trovandosi paradossalmente più a suo agio che sulla riga di fondo, quella che Auger continuava imperterrito a martellare pizzicandone ogni lembo sia che attaccasse di dritto dopo le bombe di servizio sia che contrattaccasse di rovescio, specie in lungolinea, allorché il maiorchino provava a forzare la meccanicità degli scambi prolungati sui quale aveva quasi sempre la peggio, mentre una volta erano il suo pane. Tenerezza faceva quando affrettava i tempi perfino al momento della battuta, tagliando quelle attese infinite che sfinivano psicologicamente i suoi rivali e irritavano quanti non tifavano per lui. Piuttosto, il tempo fino allo scadere del consentito se lo pigliava Auger-Aliassime, e a volte pure oltre, tanto da beccarsi lui la time violation da parte del giudice di sedia Layani, peraltro dopo averne tollerate altre, tanto che i Rafafans sugli spalti hanno più volte beccato a voce alta sia il canadese sia l’arbitro, indisponendo entrambi. Tenerezza faceva il pubblico, mai come qui a Torino compatto nel sostenere il vecchio e acciaccato campione, forse proprio per questa consapevolezza condivisa che il suo destino fosse segnato. Nadal che spreca quattro palle break in due game e poi si fa strappare il servizio alla prima che concede non può essere lui, è chiaro. Lui che faceva semmai accadere sempre il contrario, sfruttando ogni minima occasione e ricacciando in gola ogni illusione all’avversario di turno, quale che fosse il punteggio e l’importanza della posta in palio.

Grugniti di Felix contro rantoli di Rafa

Quelli di Auger durante i rally a velocità spaziale sono grugniti feroci, quelli di Nadal stavolta sembrano sovente rantoli. Lo zio Toni ora nell’angolo del canadese si sforza di mostrarsi impassibile, applaudendo timidamente qualche colpo del suo giovane allievo nascondendo le mani sotto le ginocchia, in sfavore di telecamera ma visibili oltre le balaustre in plexiglass. La gente invece applaude Rafa e lo incoraggia anche quando va, senza la convinzione di un tempo, a onorare i suoi riti con gli asciugamani, a coltivare con intensità decrescente le sue dinamiche gestuali di pizzicamento di braghette, mutande, capelli e fascetta. Provano ad aiutarlo perfino gli altoparlanti sul soffitto, Rafa, facendo partire una musica unz-unz proprio mentre l’altro sta per servire per il primo set, sul 5-3 e 40-15. Niente. La prima partita se ne va senza sussulti. E la seconda comincia pure peggio - perché il break arriva già nel terzo game - e appena fa mezzo errore, o un doppio fallo, e si ritrova indietro nel punteggio al servizio, Felix piazza un paio di ace di fila, a volte pure tre, e fine della storia. Il sussulto di un ancora possibile, ma poco credibile, ribaltone arriva con un dritto incrociato da urlo che porta Nadal sul 30-30 quando sta sotto 4-3 e risponde.

Tifo, rispetto e amore: vince Torino

La folla esplode in un’ovazione, che dura quasi un minuto alimentandosi a ondate di speranza, dai che ci siamo. Macché. Auger piazza un’altra lecca in battuta, stringe il pugno, mostra i muscoli alle tribune ed esplode in un ululato di predominio che suona perfino crudele, ancorché sia giustificatissimo. Ragazzi, battere Nadal per la prima volta - per quanto questo Nadal, e non quello là - deve darti una botta di adrenalina pazzesca: chissà se e quando ti ricapita. E in ogni caso potrai raccontarlo ai nipotini, magari davanti a un camino acceso sotto la neve di Montreal. Dopo gli altoparlanti ci prova pure il falco, a sorreggere Rafa, sparendo quando serve un ace contestato dall’avversario. Un altro minuto di attesa buffa e surreale, le immagini non arrivano, Layani chiede supporto al walkie-talkie, era buona o fuori?, finché spiega che le immagini non ci sono ma la palla è out. Mormorii di disapprovazione, non tanto perché non si crede che la palla sia uscita ma perché si fatica ad accettare che ad uscire sia Nadal. Sono le 16.20, pratica liquidata in meno di due ore, tempo che il vecchio Rafa impiegava a entrare davvero in palla per avviare quelle sue fantasmagoriche rimonte. Atp Finals stregate per lui. Stavolta un pensiero a vincerle finalmente se lo era forse fatto, invece si ritrova a chiedersi se mai le giocherà ancora. Tenerezza, sì. Giù il cappello e su le mani per Rafa Nadal, il voleador perdente e mai così amato.

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