Tennis, si conclude un’era: l’Atp manda a casa i giudici di linea

La decisione avrà effetto dal 2025, spazio alla tecnologia: arriva il sistema chiamato ELC live, il giudice di sedia sarà un notaio
Tennis, si conclude un’era: l’Atp manda a casa i giudici di linea

Un uomo solo sul trespolo. Sempre lassù, più in alto di tutti. Ma spogliato delle responsabilità arbitrali (la gran parte, quanto meno) e definitivamente assegnato a mansioni più notarili. Dal 2025 il tennis manderà in pensione i giudici di linea, sarà il computer a prendere tutte le decisioni e a renderne conto al pubblico. L’ha deciso - e comunicato - l’Atp e la Wta dovrà presto accodarsi, sempre che non voglia coltivare (e pagare in proprio) una “cantera” di giudici a livello internazionale. Il nuovo inquilino invisibile dei campi da tennis si chiama ELC, come un elfo prodigioso che resti sempre connesso alle mansioni da sbrigare, live per l’appunto, da cui ELC Live. Nome e cognome di un futuro in buona parte già noto. La sperimentazione va avanti dal 2006, i tornei statunitensi sono stati i primi ad aderire con convinzione, e gli anni della pandemia hanno fatto da acceleratore a ogni decisione, quando si è reso necessario tagliare le presenze ai tornei per rendere più agevoli le norme di sicurezza anti virus.

Djokovic d'accordo, le parole di Guadenzi

Un taglio sul quale si disse d’accordo perfino Djokovic, dall’alto (o dal basso) delle sue posizioni no-vax. «Siamo convinti dell’importanza delle tradizioni che il tennis ha reso tali nei suoi centocinquant’anni di storia, ma in questo caso era giusto lasciare il passo all’innovazione e alle nuove tecnologie», ha spiegato Andrea Gaudenzi, presidente dell’Associazione Tennisti. Ciò che AG non può spiegare – preferendo occuparsi di fattori economici e organizzativi –, è la filosofia molto americana che fa da mastice alla decisione presa e vuole lo sport professionale sempre più disgiunto dal fattore umano. L’assunto è semplice: lo sport è tale (tanto più lo sport professionale) se offre ai protagonisti in campo e ai loro appassionati la certezza del risultato finale, e finché vi sarà un essere umano a decidere – pur con tutta l’onestà e la buona fede di questo mondo – le statistiche degli errori e delle omissioni restano troppo alte. Se potessero, in America avrebbero già messo da parte gli arbitri di qualsiasi attività sportiva, football e soccer compresi. Da noi il dibattito non si è ancora aperto, e certo vi sarà chi è convinto che sia opportuno non aprirlo mai.

Tecnologia a soluzioni

Ma la tecnologia sta studiando le soluzioni, e prima o poi garantirà partite di calcio, basket, rugby (e via elencando) prive di arbitri e di polemiche. E a quel punto occorrerà prendere una decisione. Al momento, non ci saranno più tennisti vittime di una decisione arbitrale iniqua. Si va verso un mondo alieno, zeppo di chip e sensori, nel quale un McEnroe non avrebbe saputo vivere, salvo calarsi un passamontagna sul volto e andare di notte a tirare racchettate sui diodi dei computer a disposizione di ELC. Serve uno sport dove vincano sempre i migliori, là dove per “migliore” s’intende chi nel corso di un match abbia saputo far valere l’insieme del suo stato tecnico, fisico e mentale, al punto da appaiare e sorpassare un avversario (anche un campione) di superiore dotazione. Cosa che non sempre accade. Ma non ieri. Non sono state le “inique” decisioni arbitrali a indicare a Vavassori e Cecchinato la strada per uscire dalla Caja Magica. I loro avversari, Medvedev e De Minaur, si sono mostrati superiori. Non di molto, ma quanto bastava. Anzi, Wave e il Ceck sono rimasti nel match fino alla fine, facendosi in quattro per contrastare da una parte il gioco violento e scombiccherato del russo cittadino di Cannes, dall’altra le accelerazioni brucianti dell’australiano di padre uruguagio e di mamma spagnola, favorite dalla velocità davvero impressionante negli spostamenti.

Il serve and volley di Vavassori

Mi è piaciuto non poco osservare Vavassori impegnato in uno stoico quanto sistematico utilizzo del serve and volley in tutti i suoi turni di battuta. Era l’unico modo per affrontare il russo e Andrea l’ha fatto con dedizione e personalità. Nel primo set, addirittura, Wave ha avuto tre palle break che avrebbero potuto cambiare identikit al confronto, le prime due nel gioco d’avvio, una, la più importante, sul 4 pari, 30-40, che Medvedev ha respinto con una fucilata di servizio. Anche nella seconda frazione Vavassori ha tenuto botta fino al 3-4, quando Medvedev ha dato la definitiva spallata al match, avviandosi poi alla conclusione. Il torinese ne sorte con un viatico incoraggiante: «In questo tennis c’è posto per me, anche in singolare», la sintesi. Il best ranking al numero 141 diventa così un punto di partenza. Può recriminare qualcosa Cecchinato, ma solo con se stesso. Ha fatto match quasi pari con De Minaur, ma è stato meno bravo a trasformare in punti le palle break. L’australiano le ha salvate tutte, il Ceck solo l’80 per cento. Statistiche alte, come si vede, ma decisive nell’orientare la sfida. Marco fa un salto di 43 posizioni e ritrova un posto nella Top 100, al n. 74. Oggi c’è Matteo Arnaldi, contro Jaume Munar, che ha superato la settimana scorsa a Barcellona. È l’ultimo italiano. E non parte sfavorito.

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