
Sono lacrime che fanno male, quelle di Matteo Berrettini. Esce a testa bassa, la mano sugli occhi, da un campo che non lo aveva mai visto perdere. Due titoli, nove match. Sembrano tempi lontani… Ma di davvero lontano, rispetto a quelle giornate, c’è lo sfinimento che sembra aver colto Matteo, e che prima non si era mai mostrato. L’infinito tsunami d’infortuni e maledizioni che ha dovuto affrontare negli ultimi due anni ha aperto lacerazioni profonde, l’angoscia che traspare dagli sguardi mesti dopo ogni errore è il segno del suo stato d’animo, scosso dal non poter reagire e cambiare il corso delle cose come cento volte ha dimostrato di saper fare.
Berrettini e Stoccarda, un anno dopo
L’anno scorso giunse a Stoccarda in condizioni simili, dopo una lunga odissea che lo aveva costretto a uno stop di oltre quattro mesi per un’operazione a un tendine del mignolo della mano destra. Ma aveva lo sguardo feroce di chi voglia spaccare tutto, anche la sfiga. Vinse il torneo, si ripeté al Queen’s, prima di tornare ad alzare bandiera bianca alla vgilia di Wimbledon. Covid, e nove giorni a letto. Quest’anno ha saltato meno tornei, ma alcuni di essi li ha giocati in uno stato di prostrazione quasi sconosciuto in un tennista che è sempre riuscito a mostrarsi positivo nelle situazioni più fosche. L’ha superato alla fine, ha ripreso il suo percorso a Montecarlo, ha battuto Cerundolo (e si è visto a Parigi che razza di giocatore sia, sulla terra rossa), e di nuovo ha accusato problemi fisici. Rientrava ieri, e il sorteggio l’ha posto contro il suo amico più caro, Lorenzo Sonego, che in questi mesi ha trovato la forma migliore e insieme una solidità tennistica mai avuta prima. Era un match complicato, contro un avversario che vive il proprio momento magico. Batterlo sarebbe stato comunque difficile. Ma il punteggio finale, e la facilità estrema con cui Sonego ha tenuto a bada il tennis di Matteo, raccogliendo la prima vittoria sull’erba contro un top 30, e la prima in assoluto sul suo amico (3-1 dopo Stoccarda, nei precedenti), hanno scosso Berrettini, facendogli scoprire di essere più che lontano da una condizione e da un tennis accettabili. Poco importa che Sonny abbia giocato un match senza una sola imperfezione, con tre break per ogni set. Matteo è uscito a pezzi dal confronto, che pure qualcosa di buono avrebbe potuto suggerirgli.

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