Non basta giocare una buona partita. Sinner la valuta «più che buona», e io per carità mi adeguo, mi accodo, correggo il giudizio. Più che buona mette tutti d’accordo? Anche Djokovic, purtroppo. Evidentemente non basta nemmeno giocare una “più che buona partita” per riuscire a batterlo.
Il tennis è un gioco d’incastri, e ciò che serve a costruire una vittoria, la presa di campo, il tempo per operare variazioni che siano sempre più credibili, incisive, e pungenti soprattutto, prende forma unicamente nella misura in cui l’avversario è disponibile a farsi da parte. Almeno un poco. Ma non Djokovic. Con uno come il serbo, gli spazi risultano sempre, inevitabilmente, ristretti. Non so, avrei voluto che Sinner affrontasse questa prima semifinale Slam della sua carriera in termini più aggressivi, più famelici, a mascella spianata, e così facendo costringesse il Djoker a subire la personalità del nostro ragazzo delle Dolomiti. Ma è successo solo in parte. Sinner ha offerto un quadro d’assieme del suo tennis, delle proprie qualità, che di sicuro gli fa onore, colpendo l’ex numero uno con schemi che mostravano velocità di palla e intuizioni che pochi posseggono. Ma si è trattato di incursioni, frastornanti come petardi fatti esplodere all’improvviso, ma pur sempre scorribande in un match che Nole ha governato fin dai primi colpi. Sinner non è riuscito a collegare quei momenti in un insieme unico, tale da renderlo ingestibile, insormontabile anche per l’ultimo dei Fab Four. Se gli posso fare una colpa, mi limito a questo. E la risposta di Sinner, «c’è tanto da imparare per me in una partita del genere», per quanto la ritenga apprezzabile, non cancella l’amarezza per l’occasione perduta.
Djokovic: "I 36 anni sono i nuovi 26"
Altre ve ne saranno. Ha ragione Djokovic nel sottolinearlo. A 22 anni JS è appena agli inizi della propria scalata. Nole lo definisce uno dei leader della nuova generazione. Ma lui c’è ancora, e ha tutta l’intenzione di giocare a lungo. Così fa sapere, aiutandosi con una battuta che sembra tratta dalle riviste al femminile... «I trentasei anni di oggi valgono i ventisei dei miei inseguitori». E a guardarlo l’impressione che se ne trae sconsiglia di dargli torto. È un Djokovic carico di motivazioni. Ha appena messo piede nella trentacinquesima finale dello Slam, la possibilità di centrare il ventiquattresimo titolo Major appare sempre più concreta (potrà distaccare Nadal e appaiare Margaret Court Smith), e poco più oltre già s’intravede la montagna del Grand Slam. L’imbattibilità ormai decennale sull’erba del Centre Court ne sorte confermata, il progressivo avvicinamento a Federer che di Championships ne ha vinti otto, uno più di lui, prosegue, e nella finale contro Alcaraz potrà giocarsi anche la leadership del tennis. Il vincitore sarà numero uno (con 9595 punti Nole, con 9675 punti Carlitos), il modo più bello per chiudere un grande torneo.