Sinner, come è nata una stella... diversa

Jannik ha conquistato le platee di tutto il mondo con la gentilezza: gesti semplici e del tutto naturali. Ultimo atto: quel “no” alle Iene
Sinner, come è nata una stella... diversa© EPA

È nata una stella” è tra i film uno dei più replicati, riscritti, corretti. Ne circolano quattro versioni, dalla prima del 1937, diretta da William Wellman, con Janet Gaynor e Friedric March, all’ultima del 2018, con Lady Gaga e Bradley Cooper, che ne è stato anche il regista. Non esiste, del film, una versione possibilista, tanto meno dubitativa. Le stelle nascono perché ne hanno facoltà, lo meritano, magari lottano duramente, ma hanno titoli e talenti per essere astri lucenti. Su questo le quattro versioni del film concordano, altrimenti, addio Lady Gaga che canta “Tell me something, girl”, dimmi una cosa, ragazza, sei felice in questo mondo moderno? O ti serve di più? E addio anche premio Oscar.
La versione possibilista ce l’ha il tennis, se l’è costruita insieme all’approdo di Jannik Sinner nelle fasce alte del nostro sport, un personaggio che in pochi ritenevano in grado di irradiare così tanto appeal. Il titolo corretto, a questo punto, potrebbe essere… “È nata una stella diversa dalle altre”. Il punto è proprio questo, si può essere stelle diverse? Lassù, nello spazio, pare proprio di sì. Ci sono le Giganti, le Giganti Brillanti, le Ipergiganti, le Gialle, le Blu, le Bianco-gialle e ovviamente le Nane. Qui da noi, la selezione è assai più ristretta, la filiera sembra appartenere a un unico ceppo, quello delle personalità border line, che non indica necessariamente un aspetto negativo, ma di tanto in tanto può diventarlo. E il fatto nuovo non è nemmeno la nascita di una stella in controtendenza, ci vuole un Big Bang che faccia da lancio, e questo c’è stato anche nel tennis. Piuttosto, ciò che incanta è la capacità di mantenere il calore e la lucentezza dei quali ogni stella è portatrice, tramite requisiti del tutto naturali, forse banali, magari semplicemente normali. Salvo scoprire che naturali, banali, normali non lo sono più.

Sinner, la naturale gentilezza

Con Jannik Sinner funzionano bene… Funziona la naturale gentilezza, il rispetto per gli altri, l’attenzione per le persone che lo circondano, il rossore sul volto lentigginoso quando riceve un complimento, il piacere della normalità che c’è in un gesto del tutto comune, come quello di farsi dare l’ombrello dalla ballgirls che ha il compito di accudirlo mentre cadono le prime gocce di pioggia e invitarla a sedersi al suo fianco per ripararsi e scambiare quattro chiacchiere. Lo abbiamo visto giocare a wheelchair tennis con Alfie Hewett, il ventiseienne britannico in testa a tutte le classifiche, di singolare e di doppio, seduto come lui sulla carrozzina, incredulo di poter colpire una palla, per poi concludere che «i campioni sono loro, noi al confronto siamo apprendisti». Lo abbiamo visto impegnato nel far sgroppare felice il figlio di Nadal, dietro a una palla da colpire però con i piedi. E attendere sotto la pioggia l’amico Andrea Vavassori, per uscire dal campo insieme, così come vi erano entrati. E l’abbiamo ascoltato interrogarsi su come poter essere d’aiuto a Matteo Berrettini, nei giorni in cui il romano, compagno di Davis, ha fatto il suo rientro in campo.
Gesti e parole che gli vengono da dentro per vie del tutto naturali, sulle quali non grava alcuna strategia di comunicazione. Ma capaci di accendere gli appassionati del nostro sport, che vivono questa crescita di Sinner come quella di un amico per il quale è piacevole e doveroso fare il tifo. La gentilezza paga, forse l’avevamo dimenticato, magari volutamente sacrificato sull’altare di altri atteggiamenti, più in linea con l’esprit du temps, lo spirito dei tempi, che certo non alimentano peana per chi, semplicemente, si comporta bene. Ma “la forza dell’esempio positivo”, come sottolineato in un articolo di pochi giorni addietro firmato da Fulvio Scaparro (su "Io Donna" del Corriere della Sera), psicoterapeuta e scrittore, “affascina per le qualità che vorremmo vedere in noi stessi e nel nostro ambiente di vita”.

Jannik e Le Iene

L’ultima è di ieri, educata e soft quanto si vuole ma decisamente recisa. Il no alle “Iene”, che lo cercavano per porgli alcune domande. Un “no grazie”, giunto dopo quello al Festival di Sanremo, ma detto con la faccia di chi non ha intenzione di dare spago. Quanti campioni del tennis del passato si sarebbero negati? Sinner è la prima star che si sostenga con i modi di un’anti-star. Nessuno come lui, in passato… La storia delle stelle a misura del nostro sport è lunga, e comincia quando la comunicazione non era certo materia universitaria. Forse la prima vera stella, in campo maschile, fu Bill Tilden, tennista meraviglioso, omosessuale quasi dichiarato e uomo di spettacolo senza troppi talenti da spendere sul palcoscenico.

Più vicino a noi Bjorn Borg, che otteneva con le ragazzine a Wimbledon la stessa partecipazione emotiva che trasformava in urla, lacrime e svenimenti i concerti dei Beatles. Ma Bjorn era “il matto calmo” (copyright Panatta), solo all’apparenza mite e riservato. Poi John McEnroe, con le sue sfuriate, e Boris Becker, che a suo dire ebbe una figlia da una donna senza averci fatto l’amore. Pete Sampras fu stella per i risultati che ottenne, mai per gli atteggiamenti. Si accostano a Sinner i Fedal, Federer e Nadal, mai eccessivi. Meno Djokovic (che ieri si è detto convinto che Sinner sarà numero uno a mani basse), tremende le sue sfuriate quando le cose vanno storte. Poi, si sa, è più facile diventare stella che mantenersi tale. Esserlo scatena il malanimo di alcuni, i confronti sciocchi di altri. Ma Sinner ha spalle larghe. Mostra equilibrio e forza mentale in ogni circostanza. Se la via è lastricata di difficoltà, c’è chi la lucentezza la emana per vie naturali.

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