Luciano Darderi e Flavio Cobolli, storia di gemelli diversi

Hanno stessa età, stessa altezza, classifica simile ed entrambi sono figli di tennisti: hanno superato per la prima volta il 1° turno a Roma
Luciano Darderi e Flavio Cobolli, storia di gemelli diversi

Gemelli diversi, Flavio e Luciano. Né dizigoti e nemmeno sesquizigoti (esistono davvero, se mi credete). Semplicemente diversi. Cioè disuguali ma non divergenti, accomunati da un tracciato che i due percorrono assieme, in lieto quanto casuale connubio. E se permettete, fra le tante stranezze di una giornata assolata di maggio chiusa da un freddo temporale marzolino, nella quale abbiamo preso nota del ritiro di Berrettini dal torneo perché “ha la sensazione di rompersi di nuovo”, e di quello definitivo di Camila Giorgi dal tennis, giunto senza un annuncio ufficiale ma tramite comunicato dell’International Tennis Integrity Agenzy (Itia), che iscrive a registro i tennisti beccati ad andare contromano sulla strada dei regolamenti e anche quelli che hanno deciso di cessare l’attività, non mi sembra davvero che la vicenda che collega Cobolli e Darderi possa passare come la più inconsueta e singolare fra tutte.

Gemelli di vittorie sulla scia di un percorso simile

Festeggiano la prima promozione romana a due ore di distanza l’uno dall’altro. Faticosa quella di Darderi, ma c’era di mezzo Shapovalov, che lo aveva battuto (di un niente) due mesi fa a Miami. Rumorosa di urla ed esultanza, come in un curioso rave tennistico romanesco, quella di Cobolli, che è di queste parti, Roma Nord, e ha due occhi da “pigliangiro” incastonati su un’aria “da impunito” tipica dei ragazzi che ci sanno fare. Hanno la stessa età, 22 anni, Luciano è di febbraio, Flavio li ha compiuti tre giorni fa. Sono alti uguale, un metro e 83. Hanno padri tennisti, diventati coach alle dipendenze (ma con libertà di rimbrotti e critiche) dei propri figli. Gino Darderi non è riuscito a passare professionista, perché in Argentina, dove il padre approdò (a Villa Gesell, vicino a Buenos Aires) prendendo le mosse da una frazione di Firenze, il tennis è ancora uno sport per soli ricchi, e impone viaggi e spostamenti che pochi possono permettersi. Ma è stato tra i migliori allievi di Felipe Locicero, il maestro di Guillermo Vilas. Stefano Cobolli, invece, fu buon giocatore di Future e Challenger, numero 236 Atp nel 2003, 75 mila dollari di montepremi in carriera, quanti potrebbe vincerne Flavio approdando al terzo turno di questi Internazionali.

La scalata in classifica

Il gran balzo l’hanno compiuto entrambi quest’anno, paracadutati (guarda un po’) al numero 76 della classifica. Cobolli il 29 gennaio, Darderi il 24 febbraio. Poi la Top 70 e ora, in data 6 maggio la Top 60, Luciano al numero 54, Flavio 57. Il primo turno romano porterà entrambi a un nuovo best ranking, sempre più su, a passi regolari ma sicuri.
Accomunati infine dalla tipologia di tennis che esprimono, costruita sull’immancabile binomio dell’uno-due servizio e dritto, ma non imperiosa e definitiva come quella che ci ha mostrato Berrettini nei suoi anni migliori, piuttosto insistita, continua, ma alla fine spietata come il lavoro ai fianchi di un esperto boxeur.

Cobolli batte Marterer: incontrerà Korda

Facile, all’apparenza, il successo di Cobolli su Maximilian Marterer, macchinoso e troppo lento per rimediare agli spari del romano, e alla fine spazzato via persino con una certa dose di brutalità. Match sofferto in avvio, con il tedesco avanti di un break (3-1), poi risolto in modo brillante dal romano, quando l’emozione si è via via dispersa, grazie a due break per set, che sono sinonimo di salute e buona predisposizione. Gli serviranno entrambe, a Flavio, per far fronte a Sebastian Korda in secondo turno, salvo ricordare che l’americano e la terra rossa non abbiano un rapporto del tutto amichevole (anche se l’unico Atp vinto da Sebi è stato a Parma, sul rosso). «Sono partito male e ho finito alla grande», dice Flavio, «un po’ di emozione me l’aspettavo, ma il campo era veloce e mi ha aiutato. Con mio padre mi trovo bene, ogni tanto abbiamo i nostri scazzi, forse dovrei imparare ad ascoltarlo di più. Ma ci sto provando».

Vince e suda Darderi contro Shapovalov. Lo aspetta Navone

Più laboriosa la vittoria di Darderi, contro uno Shapovalov che non riesce a ritrovarsi ma non ha alcuna intenzione di ammorbidire il proprio gioco e cercare qualche soluzione che lo esponga meno agli errori (di misura, soprattutto) che commette, in certi momenti devastanti come la considerazione di sé che il proprio ego gli impone. Temo, in questo sfoggio di “tafazzismo” sconsiderato, che sia ben sostenuto da mamma Tessa, coach e insegnante di tennis, da sempre incontrastata eroina del “fa’ come ti pare che fai bene”. Così, tra giocate affascinanti e orribili strafalcioni, Shapo ha dato modo a Darderi di costruirgli una gabbia in stile marcatura a uomo nella quale il canadese ha finito per fare la figura di un salame (un insaccato, insomma). Uno scambio di break, due per parte, dal sesto al nono game del terzo set, ha fatto da momento più emozionante, rimettendo in bilico un match che era sembrato (sul 4-2, poi sul 4-5) a turno nelle mani di uno dei due contendenti. Il tie break finale l’ha firmato Darderi, che ha preso il largo sul 5-3 e chiuso 7-4 sull’ennesimo errore non forzato del canadese, che alla fine sono stati 39 in tutto (20 per l’italo-argentino). Una vera miniera, l’ex numero 10 (anno 2020) Shapovalov.
«Ho avuto profondità nei colpi, gli sono stato sempre attaccato», dice Luciano. «Ero un po’ teso, ho sentito l’emozione, e alla fine avevo un crampo che di tanto in tanto si faceva sentire. Ma ho giocato bene nei momenti che servivano». Prossimo avversario, Navone. «L’ho battuto a Buenos Aires, mi ha sconfitto a Bucarest e a Cagliari. È in gran forma. Nell’ultimo anno non abbiamo fatto altro che incontrarci». Cinque volte, 3-2 per l’argentino. Che è Navone, non Darderi.

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