C’è stato un momento per gli italiani che hanno almeno 50 anni, nel quale si gonfiava il petto quando, all’estero si sentiva dire: «Italiano? Ah, Paolo Rossi!». L’eroe del Mundial del 1982 aveva riscattato una Nazione, come, nel Dopoguerra, Bartali e Coppi o il Grande Torino, come Enzo Ferrari, Pietro Mennea, Alberto Tomba, Valentino Rossi. La storia dell’Italia, anzi degli italiani, intesi come cittadini che da sempre vivono tra orgoglio e imbarazzo, fra eccellenze e miserie, è punteggiata da personaggi che ci hanno sollevato il cuore e la fronte, regalandoci l’ebbrezza di andare a testa alta. Da ieri quel ristretto club ha dato il benvenuto a Jannik Sinner, primo storico numero uno italiano del ranking del tennis mondiale, campione totale, in campo e fuori, esempio per una Nazione che specchia in lui le cose migliori che sa fare, quando le vuole fare. Ovvero: coltivare il talento con serietà, umiltà, determinazione; superare i momenti difficili senza paura e con molta fantasia. In una parola: eccellere.
Sinner è un’eccellenza italiana, come il Parmigiano o il Barolo, uno di quelli che porta in giro il volto bello del Paese e ci infonde quel coraggio e quell’ottimismo di cui abbiamo disperato bisogno. Sinner è il numero uno del mondo, il migliore tennista del pianeta. Il complesso algoritmo studiato dalla Atp non sempre è stato sincero nel classificare i suoi atleti, ma questa è sicuramente una delle volte in cui il numero uno aritmeticamente calcolato è anche il numero uno sul campo. Nel momento in cui tramonta il sole di Djokovic, non senza che contemporaneamente scenda anche un velo di tristezza, perché a uno come Nole non gli si può non voler bene, l’astro di Sinner sorge in modo prepotente, come prepotente è stata la vittoria di ieri pomeriggio su Dimitrov. È diventato numero uno proprio mentre stava giocando, glielo hanno detto dopo e ha accolto la notizia con la solita pacatezza. È uno sportivo vero e la virtualità di questo traguardo lo ha lasciato un po’ spiazzato, per lui l’arrivo è fissato il giorno della finale di Parigi, magari vincendola. Quella sarebbe la sua festa. Il nocciolo della questione, per Sinner, non è arrivare al numero uno, ma rimanerci.