Un antico adagio avverte: quando viene sera, anche le ombre dei piccoli uomini diventano giganti. Il problema, per i piccoli uomini, è che poi arriva l'alba: loro si squagliano, i giganti restano giganti. Cos'altro non sono che piccoli uomini i "cretini e i frustrati, quelli che avevano più mezzi tecnici di Sinner a disposizione per diventare numero uno al mondo e invece hanno fallito miseramente" (cit. Angelo BInaghi, presidente della Federtennis)? Cos'altro è, se non un gigante di straordinaria resilienza Jannik Sinner, 23 anni, N.1 del tennis mondiale, per cinque mesi costretto a vivere e a gareggiare sotto la spada di Damocle dell'antidoping, pur consapevole della propria innocenza, alla buon'ora proclamata a Ferragosto?
Le parole di Jannik
Le parole pronunciate a New York sono state forti e chiare: "Non ho mai violato le regole, non farei mai nulla di illegale. La gente sa chi sono, lo sanno i miei tifosi. In questi momenti, molti mi sono stati vicino e ho capito di avere degli amici". E ha capito anche di avere falsi amici o, peggio ancora, sciacalli. Non aspettavano altro che vomitare veleno su di lui, dal basso della loro invidia. Nella compagnia di giro ci sono tennisti falliti e/o immaginari, di quelli che non potrebbero nemmeno portare le racchette in campo a Sinner, che hanno meno di un miliardesimo di grammo della sua forza morale, che nemmeno sanno cosa sia il Clostebol. Ciononostante, sputano sentenze manco fossero Premi Nobel in farmacologia. Ha detto una volta Enzo Ferrari, il cui trentasettesimo anniversario della scomparsa è caduto proprio a cavallo di Ferragosto: "Gli italiani perdonano tutto ai ladri, agli assassini, ai sequestratori, a tutti. Ma non perdonano il successo”. Ne abbiamo avuto una plastica riprova in questi giorni, come se l'innocenza di Sinner, la sua totale estraneità alla vicenda che l'ha coinvolto, non fossero state ufficialmente acclarate, proclamando l'agenzia garante dell'integrità del tennis l'assunzione involontaria della sostanza contenuta nello spray utilizzato dal fisioterapista che l'ha trasmessa all'ignaro Jannik.
La cui forza mentale, una volta di più, si è rivelata mostruosa. Provate voi, per cinque mesi, a giocare camminando sul filo di un giudizio che non arriva mai per una violazione mai commessa; ad andare in campo nonostante l'anca dolorante che causa il forfait di Madrid e il ritiro di Roma. E ancora: il malessere nei quarti di Wimbledon contro Medvedev quindi, last but not least, la tonsillite che tarpa le ali al sogno olimpico. E tuttavia, il 10 giugno Jannik diventa il N,1 del mondo; il 23 giugno vince ad Halle e il 18 agosto a Cincinnati, infilando il successo numero 48 dell'anno, il quinto titolo del 2024, il quindicesimo della carriera. Ha dichiarato Andy Roddick, N.1 Atp per tredici settimane, dal 3 novembre 2003 al 1° febbraio 2004; in carriera, 32 titoli, fra i quali l'Us Open 2003 e 5 Masters 1000: "Immaginiamo che Jannik stesse davvero provando a doparsi. Beh, sarebbe il peggior tentativo di doping di tutti i tempi, visto che non ha tratto nessun beneficio, trattandosi in pratica di una quantità pari a meno di un granello di sale. Lui è il miglior giocatore al mondo di tennis e sarebbe il peggiore al mondo a doparsi, se davvero ci stesse provando. Hanno appurato che non ci fosse intenzionalità da parte sua. E, soprattutto, non vedo perché dovresti rischiare tutto per qualcosa che, a oggi, altererebbe le prestazioni a livello zero". Go Jannik go.