“Non mi dà il tempo”: i lamenti di O’Connell che raccontano tutto di Sinner

Jannik cresce a ogni partita, demolito l’australiano che arriva a dire in campo: “Non mi fa neanche preparare i colpi”
“Non mi dà il tempo”: i lamenti di O’Connell che raccontano tutto di Sinner

Sembra uno sberleffo. Popy-Popyrin! Tipo bislungo e bislacco, con una testina piccola piccola sulle spalle da granatiere, che in tempi di tennis mentale esibito come evoluzione della specie tennistica “sapiens sapiens” rispetto ai trogloditi di una volta, sembra quasi una contraddizione. Il fatto è che Alexei Popyrin, sopraffattore dell’ex re (e ultimo vincitore) di Corona Park Novak Djokovic sta a Botic van de Zandschulp, dissacratore della divinità di El Palmar, Carlos Alcaraz, come Giuseppe Baiocchi detto Peppe er Pantera a Michele “Ferribotte” Nicosia, maschere perfette di grandi attori (li ricordo per dovere, Vittorio Gassman e Tiberio Murgia) che niente vieta possano rivelarsi con il tempo gli stessi Alexei e Botic (ieri passato a fil di racchetta da Jack Draper), protagonisti anche loro di un “Audace colpo dei Soliti Ignoti” in salsa tennistica.

Ko anche Musetti

I due, intanto, hanno firmato un insolito break nel flusso continuo e irrinunciabile del nostro sport, contribuendo alla cacciata dei medagliati dal tabellone. Aiutati dall’originale contributo di Brandon Nakashima, da San Diego - americanissimo giapponese proprio come Alexei Popyrin da Sydney è un australianissimo russo - che si è preso la briga, lui numero 50 con un best ranking al 43, di battere per sfinimento il bronzo italiano Musetti, numero 18, applicando con intelligenza le regole storiche del tennis star and stripes, le stesse che enunciavo giorni fa per Michelsen e per i suoi lontani progenitori Tim Mayotte e Brian Gottfried: gioco su due, tre colpi, discese a rete d’ordinanza, servizio e dritto di prima scelta. Che Musetti avrebbe saputo bene come affrontare, e magari ribaltare a proprio favore, se non si fosse imbattuto nella ferrea volontà dell’americano di commettere pochissimi errori, esempio inaspettato di continuità mai dato prima.

Si vede che a Brandon ha fatto bene la cura del coach “che non ha mai allenato italiani”, Davide Sanguinetti da Viareggio, 38 chilometri dalla musettiana Carrara per 31 minuti di auto passando dalla A12 fino a imboccare la E80. Più di un derby, come si vede, concluso tra molti rimpianti, per un quarto set che Lorenzo ha condotto 4-0 con due break e ha dovuto cedere a Nakashima al tie break. Così, oro argento e bronzo sono già fuori dallo Slam, evento che non si verificava da venti anni, dai Giochi di Atene dove il portabandiera Federer, giovanissimo numero uno, si fece annichilire da Berdych. E primo anno dal 2002 senza un titolo Slam di Federer, Nadal o Djokovic. Mentre resta in piedi il “non olimpico” Sinner, che tanto avrebbe voluto esserci a Parigi, impedito da una tonsillite forse diplomatica (ma questo è un mio parere, motivato da tutto ciò che si è saputo dopo e dal fatto che i signori della Wada non aspettavano altro che JS si presentasse bel bello nella competizione olimpica), e che oggi, guarda i casi della vita, può approfittare delle altrui scombiccherate condizioni fisiche e mentali.

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Che occasione per Sinner

Tanto più un Sinner che si mostra di partita in partita sempre più vicino alla migliore edizione di se stesso, cosa estremamente promettente per la conclusione positiva dello Slam dei Laghi Scintillanti (Flushing Meadows, al centro di Corona Park), e in vista delle molte battaglie da vincere dal prossimo torneo di Pechino fino alle Atp Finals e alla Coppa Davis. Un Sinner che ora ha tutto il pubblico dalla sua, e così sarà fino a quando non incontrerà un altro americano. Di fatto, spariti Djokovic e Alcaraz, il pubblico si stringe al numero uno. Ammirando il tennis di slancio che produce, il rumore rotondo delle palline colpite come si deve, le risposte talmente angolate da far sussultare anche Serena Williams, bella e matronale e con parecchie dame di corte scelte fra le sue amiche, assisa sugli spalti riservati al locale vippaio.

Applausi anche dall'avversario

Applausi sinceri anche dall’avversario, Christopher O’Connell, per tre o quattro conclusioni confezionate da Sinner in pacchetto regalo, che il marinaio australiano (lasciò il tennis per un anno, lavorando al rimessaggio delle imbarcazioni nel porto di Sydney) non si aspettava e nemmeno è riuscito a farsene una ragione. «Non mi dà il tempo, non mi dà il tempo…», si lamentava Chris con il suo team, «non riesco a preparare i colpi come si deve». La miglior partita di Sinner dal ritorno in campo. Migliore anche di quelle giocate e vinte di pura volontà a Cincinnati, terzo Masters 1000 della sua carriera. Condotto da cima in fondo in testa, a dettar gioco grazie a un servizio ritrovato e quanto mai aggressivo.

La migliore partita di Sinner dal ritorno in campo

Quindici ace e almeno un set e mezzo con percentuali impeccabili sulle prime di servizio, tanto da lasciare a O’ Connell meno di una manciata di punti. Break colto sempre nei primi due giochi, a dettare una distanza impossibile da colmare per l’avversario. Ma poca voglia di infierire su Djokovic e Alcaraz, che non è davvero nel suo stile. «Torneo imprevedibile, come quasi tutti del resto. La realtà è che nel tennis siamo tutti molto più vicini di quanto non si possa pensare, basta un niente, un lieve calo mentale o fisico per mandare di traverso una partita. Le sorprese ci sono state e sempre ci saranno. Io guardo me stesso e sono contento di essere ancora in gara. Contro l’australiano ho giocato una partita solida, molto attenta, e sono davvero contento di come l’ho portata dalla mia parte sin dall’inizio di ogni set. Il servizio è migliorato e mi ha dato più fiducia. Ma ora occorre proseguire alzando il livello d’intensità nel gioco, perché i prossimi avversari saranno sempre più difficili. Mi fa piacere annotare che sono in crescita. Mi fa piacere sentire che il pubblico mi sostiene. Una giornata positiva, ci voleva». Siamo agli ottavi, ed è la quarta volta consecutiva che JS giunge alla seconda settimana del torneo. Tocca agli altri inseguirlo.

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Sembra uno sberleffo. Popy-Popyrin! Tipo bislungo e bislacco, con una testina piccola piccola sulle spalle da granatiere, che in tempi di tennis mentale esibito come evoluzione della specie tennistica “sapiens sapiens” rispetto ai trogloditi di una volta, sembra quasi una contraddizione. Il fatto è che Alexei Popyrin, sopraffattore dell’ex re (e ultimo vincitore) di Corona Park Novak Djokovic sta a Botic van de Zandschulp, dissacratore della divinità di El Palmar, Carlos Alcaraz, come Giuseppe Baiocchi detto Peppe er Pantera a Michele “Ferribotte” Nicosia, maschere perfette di grandi attori (li ricordo per dovere, Vittorio Gassman e Tiberio Murgia) che niente vieta possano rivelarsi con il tempo gli stessi Alexei e Botic (ieri passato a fil di racchetta da Jack Draper), protagonisti anche loro di un “Audace colpo dei Soliti Ignoti” in salsa tennistica.

Ko anche Musetti

I due, intanto, hanno firmato un insolito break nel flusso continuo e irrinunciabile del nostro sport, contribuendo alla cacciata dei medagliati dal tabellone. Aiutati dall’originale contributo di Brandon Nakashima, da San Diego - americanissimo giapponese proprio come Alexei Popyrin da Sydney è un australianissimo russo - che si è preso la briga, lui numero 50 con un best ranking al 43, di battere per sfinimento il bronzo italiano Musetti, numero 18, applicando con intelligenza le regole storiche del tennis star and stripes, le stesse che enunciavo giorni fa per Michelsen e per i suoi lontani progenitori Tim Mayotte e Brian Gottfried: gioco su due, tre colpi, discese a rete d’ordinanza, servizio e dritto di prima scelta. Che Musetti avrebbe saputo bene come affrontare, e magari ribaltare a proprio favore, se non si fosse imbattuto nella ferrea volontà dell’americano di commettere pochissimi errori, esempio inaspettato di continuità mai dato prima.

Si vede che a Brandon ha fatto bene la cura del coach “che non ha mai allenato italiani”, Davide Sanguinetti da Viareggio, 38 chilometri dalla musettiana Carrara per 31 minuti di auto passando dalla A12 fino a imboccare la E80. Più di un derby, come si vede, concluso tra molti rimpianti, per un quarto set che Lorenzo ha condotto 4-0 con due break e ha dovuto cedere a Nakashima al tie break. Così, oro argento e bronzo sono già fuori dallo Slam, evento che non si verificava da venti anni, dai Giochi di Atene dove il portabandiera Federer, giovanissimo numero uno, si fece annichilire da Berdych. E primo anno dal 2002 senza un titolo Slam di Federer, Nadal o Djokovic. Mentre resta in piedi il “non olimpico” Sinner, che tanto avrebbe voluto esserci a Parigi, impedito da una tonsillite forse diplomatica (ma questo è un mio parere, motivato da tutto ciò che si è saputo dopo e dal fatto che i signori della Wada non aspettavano altro che JS si presentasse bel bello nella competizione olimpica), e che oggi, guarda i casi della vita, può approfittare delle altrui scombiccherate condizioni fisiche e mentali.

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