Ha fatto la scelta opposta rispetto a Gimbo Tamberi. Forse per questione di radici familiari. Il papà di Gimbo saltava, Osvaldo Bolmaro giocava e allena tra i canestri. E così il figliolo Leandro a 14 anni saltava 1,95, ma a 16 ha scelto di dedicarsi soltanto al pallone arancio. È finito in un club allenato da Ettore Messina più o meno alla stessa età del suo idolo, Manu Ginobili ne aveva 23 quando approdò alla Virtus Bologna. Leandro Bolmaro ne ha 24. Però dalla Nba è già passato per due anni difficili, scelto alla 23 nel 2020. Leandro ha già dominato le fasi decisive della Supercoppa con Milano e si propone come uno dei protagonisti più interessanti della Serie A che comincia oggi. Playmaker di due metri (vabbé 1,99) con mezzi atletici da stella dell’atletica leggera. In una Milano rivoluzionata, assai allenabile e nata, cioè costruita, per correre appena si può.
Bolmaro, perché Milano dopo il Bayern Monaco.
"Perché era una grande opportunità di crescita in un team vincente, con un progetto pluriennale. E ho trovato un’organizzazione di prim’ordine, bella gente, compagni di squadra disponibili, un ambiente perfetto. Una grande città".
Lei era una promessa dell’atletica, portato in pista dalla sorella.
"Ma mia sorella era davvero forte, quattrocentista che gareggia in competizioni importanti. Ho iniziato a 4 anni, poi seguivo papà in palestra e ho cominciato con il basket, per scegliere definitivamente a 15-16. Devo molto però del mio basket all’atletica: la coordinazione, l’atletismo, la capacità di saltare. Ero bravo nelle specialità miste, indirizzato verso il decathlon, ma le competizioni in cui riuscivo meglio erano salto in alto e salto in lungo. Anche gli ostacoli mi piacevano".
È vero che a volte le manca l’atletica?
"Mi piace molto, quando posso la guardo in tv. Ho seguito le Olimpiadi, in particolare proprio atletica e basket, ma anche il tennis. Comunque nessun rimpianto".
Sa che in Italia, abbiamo un campione di salto in alto, Tamberi. Grande appassionato di basket.
"Sì l’ho visto, è sorprendente, spettacolare, galvanizza il pubblico. Incredibile quello che fa".
Il suo idolo nell’atletica leggera, però, era il re della velocità: Usain Bolt.
"Si, era pazzesco. Unico. E anche lui un personaggio fantastico. Ai Giochi anche quest’anno mi sono visto tutti i 100 metri. Altre gare che mi hanno emozionato il salto in alto e soprattutto quel fenomeno del salto con l’asta che migliora sempre il record mondiale. Duplantis".
L’idolo dei canestri era invece Ginobili, l’ha poi conosciuto, frequentato?
"Restavamo svegli la notte per guardare Manu e tifavamo San Antonio. Tutti noi ragazzini. E si, l’ho incontrato quando ero nella Nba, a San Antonio. E l’ho incontrato insieme con Pablo Prigioni e Fabricio Oberto che è mio concittadino, due campioni della generacion dorada. È stato emozionante e mi ha dato anche tanti consigli, Ginobili".
Nei vostri colloqui recenti gli ha chiesto anche di coach Ettore Messina? Un motivo per cui lei è qui è legato al fatto che Messina ha allenato Ginobili?
"No, non gli ho chiesto e non è stato questo il motivo. So che Messina è un grande allenatore che ha avuto un sacco di giocatori fortissimi. Ho scelto Milano e Messina per migliorare, imparare giorno dopo giorno".
Obiettivi con Milano, in particolare in Eurolega.
"Io penso che possiamo fare molto bene, abbiamo una squadra completa a bilanciata, che ha margine e con il lavoro quotidiano può crescere tantissimo. L’Eurolega è lunga e dipende da tanti fattori, ma l’obiettivo è lottare ogni partita per agganciare i playoff. E una volta nei playoff giocarcela per raggiungere la Final Four. Insomma, nessun programma, ma lottare ogni partita. Un passo alla volta. In Italia invece Milano parte sempre per vincere".
E il suo obiettivo personale, a proposito di miglioramenti?
"Cercare di essere continuo, giocare con fiducia, essere consistente. Continuo intendo nell’arco della stagione e anche della partita"
Lei può difendere su tre ruoli, giocare playmaker o guardia, ma dentro di sé che giocatore sente di essere? «Un playmaker, certo devo migliorare come detto nella continuità, nelle scelte, ma sono un playmaker». Ha chiuso definitivamente il capitolo Nba?
"Sono stati due anni molto difficili per me. Non si chiudono porte, ma sono concentrato su ciò che faccio. Il mio obiettivo è essere importante in Europa. E questo basket mi piace molto".
A chi è più grato?
"Alla mia famiglia innanzitutto, non sarei ciò che sono oggi. E poi Pepe Sanchez, la persona più importante per la mia carriera. Sono finito in un club professionistico grazie a lui che mi ha portato da las Varillas, Cordoba, a Bahia Blanca e poi mi ha segnalato in Europa, al Barcellona. Ci sentiamo ancora, siamo in contatto. È stato anche un grandissimo playmaker. Infine il mio concittadino Fabricio Oberto. Ho raccontato loro al telefono dell’offerta di Milano e mi hanno risposto di coglierla al volo".
Al Barcellona l’allenatore Pesic l’aveva definito il Messi dei canestri. Il suo rapporto con il calcio.
"Non tocchiamo Messi, il calcio mi piace moltissimo, ci gioco anche e lo guardo. Andare Allo stadio per vedere Lautaro? Magari andrò a San Siro per curiosità, ma io tifo per le squadre argentine nella Coppa Libertadores. Se non ami il calcio, non sei un vero argentino".
A Milano ha ritrovato Mirotic, che l’aveva accolta al Barcellona.
"Gli devo molto, è vero. È stato ad accogliermi e presentarmi a compagni della prima squadra, mi ha aiutato. Avevo 18 anni. Io faccio sempre quello che lui mi dice, perché so che è la cosa giusta da fare. Mi ha sempre sostenuto, mi ha dato fiducia e continua a farlo. E poi è un giocatore straordinario".
Per finire, cosa fa Bolmaro fuori dal campo?
"Musica, ne ascolto tantissima e cerco di produrre la mia. Poi leggo, guardo film, ma la musica è la mia passione".