A mano a mano ci si inoltra nel meraviglioso mondo Wada, dove l'aggettivo meraviglioso è un eufemismo, ci si imbatte in alcune vicende illuminanti circa la concezione della giustizia antidoping che alberga nella World Antidoping Agency, fondazione pubblico-privata, nata nel 1999 per volontà del Cio, con sede a Montreal, foraggiata anche dai governi nazionali che vi aderiscono (l'Italia, ad esempio, ha rivelato Giorgio Pasini su Tuttosport, nel solo 2023 ha versato 1 milione 163 mila 469, 10 euro). Per dirla con Platone, “Il capolavoro dell'ingiustizia è sembrare giusto senza esserlo”. Precedente 1: gennaio 2021. Otto mesi prima dei Giochi di Tokyo, l'antidoping cinese riscontra 28 casi di positività sui 23 nuotatori riuniti nello stesso albergo. Fra gli atleti coinvolti, c'erano anche Wang Shung e Zhang Yufei che poi vinsero addirittura l'oro in Giappone (e sono andati a medaglia anche a Parigi). C'era anche Qin Haiyang, tre medaglie ai Mondiali 2023, oro nella staffetta mista a Parigi).
La versione ufficiale di Pechino
La versione ufficiale di Pechino parlò di "contaminazione accidentale" causata dalle cucine dell'hotel. Peccato che la trimidazina, la sostanza proibita, non sia contenuta negli alimenti, ma sia presente nel farmaco contro l'angina pectoris che nessun dipendente dell'albergo risultava assumesse. En passant, la trimidazina non è il clostebol che non procura nessun vantaggio a chi l'assume involontariamente in quantità inferiore a un miliardesimo di grammo. La sostanza trovata nei test pechinesi aumenta il flusso sanguigno e riduce la fatica. Di fronte a questa situazione, che cos'ha fatto la Wada? Se n'è lavata le mani, non ha battuto ciglio, ha accettato le spiegazioni asiatiche e il fatto che gli atleti non fossero stati né interrogati né sospesi, infischiandosene delle regole di Montreal, come risulta dal rapporto indipendente redatto in 63 pagine dall'arbitro i svizzero Eric Cottier. A titolo di cronaca, il vicepresidente Wada è il signor Yang Yang, cinese, che se la prese moltissimo quando i soliti maligni collegarono la sua elezione alla carica con la donazione del governo di Pechino alla medesima agenzia (cit. chinadaily,com del 24 aprile scorso).
L'altro precedente
Quindi, di fronte alla contaminazione alimentare di un battaglione di nuotatori, la Wada non batte ciglio, ma, al contrario, ricorre al Tas per Sinner, nonostante il Numero Uno del mondo sia stato proclamato innocente e assolutamente estraneo all'assunzione involontaria a meno di un miliardesimo di grammo di Clostebol dall'Itia, sulla scorta anche della relazione di tre luminari legati a vario titolo a chi? Alla Wada. Precedente 2. Anno Domini 2006, mese di maggio, giorno 23: in Spagna scatta l'Operaciòn Puerto. A Madrid, grazie alla confessione del corridore Jesus Manzano, la Guardia Civil spagnola rinviene 211 sacche di sangue codificate per autotrasfusioni nel laboratorio clandestino del ginecologo dottor Eufemiano Fuentes. Sono 215 i potenziali clienti di Fuentes; risultano 58 i ciclisti professionisti coinvolti che in tribunale la scampano con il medico perché, otto anni fa, nel regno di Felipe VI la legislazione antidoping era praticamente inesistente. All'alba del novembre 2018, cioè due anni e mezzo dopo, la Wada identifica 7 sportivi coinvolti nell'Operaciòn, ma, con la scusa che tutto è passato in prescrizione, non ne fa mai i nomi, senza nemmeno precisare se fossero o non fossero in attività. Secondo l'accusa, l'organizzazione facente capo a Fuentes e a Manolo Saiz, direttore sportivo della squadra Liberty Seguros, era dedita alle autoemotrasfusioni, alle vendita di sostanze dopanti come l'Epo, ormoni della crescita, anabolizzanti. Fuentes confessa che la sua assistenza spazia dai ciclisti ai tennisti, ai motociclisti, ai calciatori; protesta la propria innocenza e viene assolto dalla giustizia spagnola il 14 giugno 2016. Sono trascorsi 18 anni e, sull'Operaciòn Puerto, la Wada non ha mai rotto i suoi assordanti silenzi. All'anima dell'antidoping.