"Sinner è mostruoso, fa la differenza. Lo vorrei pure in doppio"

Parla Vincenzo Santopadre, ex coach di Berrettini, e fa le carte all’ultima fase di stagione, tra Atp Finals e Davis
"Sinner è mostruoso, fa la differenza. Lo vorrei pure in doppio"© Getty Images

Schietto, sincero, interessante. Per oltre un decennio al fianco di Matteo Berrettini, da inizio 2024 Vincenzo Santopadre lavora con il francesino Luca Van Assche, «un ragazzo intelligente che ha sempre avuto facilità a vincere». Il 53enne romano, ex tennista con un passato da n. 100 ATP, a settembre ha anche commentato lo US Open per Supertennis tv, benché non fosse la prima volta alle prese con cuffie e microfono. Il tennis come credo, vissuto però anche con la passione del tifoso. Santopadre non ha dubbi: «l’Italia è necessariamente la favorita per la Davis, non bisogna nascondersi. Io Capitano? Mi piacerebbe molto».

Vincenzo, come procede il lavoro con Luca?

«Va tutto bene, ognuno ha i suoi tempi. L’anno scorso Luca era arrivato al n. 63, poi come spesso accade c’è un calo fisiologico per i giovani che arrivano in alto ma non hanno le competenze per continuare a crescere all’infinito. Un calo in classifica però non corrisponde necessariamente al valore reale. Luca quest’anno ha fatto un bel click. Poi ha deciso di separarsi dal suo coach storico e di affidarsi a me: tutte cose grosse per un ragazzo di 20 anni».

È difficile conciliare l’impegno con Luca con il resto delle attività, come le telecronache?

«Con Luca, essendo da solo, ho dovuto fare con grande piacere uno sforzo extra. Mi auguro però ci sarà a breve l’innesto di una seconda figura: credo sia importante in primis per lui, poi anche per me ogni tanto per rifiatare. Nel rifiatare posso metterci anche una telecronaca, che ho fatto con grande piacere perché si parla di tennis, la mia grande passione».

Per oltre un decennio ha lavorato con Berrettini: pensava di arrivare con lui a fine carriera?

«Io e Matteo abbiamo sempre fatto progetti a lungo termine: è importante per acquisire una certa mentalità. Bisogna però tener conto che nulla è per sempre: la cosa buona è stata uscire da una relazione lunghissima senza nessuno strascico. Ci sentiamo con continuità: è stato un percorso fantastico per entrambi, ma poi ognuno prosegue per la sua strada. Credo sarebbe sbagliato associare Matteo soltanto a me e viceversa: siamo cresciuti insieme, ma siamo due professionisti diversi».

Continua a vedere le sue partite?

«Quando posso sì e con molto piacere. L’affetto rimane ed è la cosa più bella. Siamo arrivati alla fine con calma, ma anche con la convinzione che fosse la cosa migliore per entrambi. Nessuna delle due parti è rimasta ferita: è una ferita che non è una cicatrice, soltanto un distacco lavorativo. Possiamo dire sia stato un graffio».

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Berrettini è tornato in zona testa di serie Slam: dove può salire?

«Arrivare ai livelli che ha raggiunto in passato sarebbe eccezionale, ma già lo è stato esserci arrivato. A volte si perde un po’ di vista la realtà: non molti tennisti possono dire di essere stati n. 6 Atp. Matteo ha giocato due volte le Finals, una volta era lì da riserva: vuol dire essere in una posizione di classifica fenomenale a fine anno. Ha fatto un percorso eccezionale e per questo difficilmente ripetibile, ma sicuramente lui lavora per quello e ha dalla sua un’esperienza maggiore. Non è semplice, ma mai dire mai».

1-1, doppio decisivo: Bolelli/Vavassori o Sinner e qualcun altro?

«Bisogna avere dei piani a priori, ma è importante capire il momento, lo stato di forma ed emotivo del giocatore. Avere il n. 1 del mondo in squadra, che non è specialista del doppio solo perché non lo gioca tantissimo, fa la differenza. Sinner ha un livello, una personalità e una capacità di gestire i momenti caldi che mi farebbero partire da lui, senza nulla togliere ovviamente a una coppia straordinaria come Andrea e Simone che hanno fatto una stagione pazzesca. Poi se Jannik mi dice che non se la sente è un altro discorso, ma se io fossi il capitano una chiacchierata con lui dopo il singolo la farei».

Ljubicic dice che Sinner è strafavorito per le Finals di Torino.

«Ivan è un amico e un grande intenditore, non mi permetterei mai di andare contro di lui. Vedo Jannik favorito, anche se forse non strafavorito. In un match di semifinale puoi trovare uno Zverev: se serve come sa non è che Sinner se la porta da casa. Però sono gli altri a dover sperare che Sinner non giochi al meglio, altrimenti sì, lui è il favorito».

Un anno meraviglioso come questo è ripetibile per l’Italia?

«Ci hanno insegnato che si può sempre fare meglio e io sono un ottimista. Spero di sì, ma non deve diventare un vizio, altrimenti non ci godiamo mai i successi. Le probabilità di fare meglio sono basse, anche se noi tifosi ce lo auguriamo. L’essere tifoso può portare anche all’esagerazione: se Sinner dovesse perdere in semifinale alle Finals non può venir fatto un processo, bisogna mantenere equilibrio».

Come magari invece era successo dopo la sconfitta contro Medvedev a Wimbledon.

«Talvolta anche gli addetti ai lavori tendono a perdersi un po’. Nel tennis vince solo uno ed è abbastanza incredibile che quell’uno quest’anno abbia avuto una percentuale di vittorie mostruosa, degna solo di Federer, Nadal e Djokovic».

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Schietto, sincero, interessante. Per oltre un decennio al fianco di Matteo Berrettini, da inizio 2024 Vincenzo Santopadre lavora con il francesino Luca Van Assche, «un ragazzo intelligente che ha sempre avuto facilità a vincere». Il 53enne romano, ex tennista con un passato da n. 100 ATP, a settembre ha anche commentato lo US Open per Supertennis tv, benché non fosse la prima volta alle prese con cuffie e microfono. Il tennis come credo, vissuto però anche con la passione del tifoso. Santopadre non ha dubbi: «l’Italia è necessariamente la favorita per la Davis, non bisogna nascondersi. Io Capitano? Mi piacerebbe molto».

Vincenzo, come procede il lavoro con Luca?

«Va tutto bene, ognuno ha i suoi tempi. L’anno scorso Luca era arrivato al n. 63, poi come spesso accade c’è un calo fisiologico per i giovani che arrivano in alto ma non hanno le competenze per continuare a crescere all’infinito. Un calo in classifica però non corrisponde necessariamente al valore reale. Luca quest’anno ha fatto un bel click. Poi ha deciso di separarsi dal suo coach storico e di affidarsi a me: tutte cose grosse per un ragazzo di 20 anni».

È difficile conciliare l’impegno con Luca con il resto delle attività, come le telecronache?

«Con Luca, essendo da solo, ho dovuto fare con grande piacere uno sforzo extra. Mi auguro però ci sarà a breve l’innesto di una seconda figura: credo sia importante in primis per lui, poi anche per me ogni tanto per rifiatare. Nel rifiatare posso metterci anche una telecronaca, che ho fatto con grande piacere perché si parla di tennis, la mia grande passione».

Per oltre un decennio ha lavorato con Berrettini: pensava di arrivare con lui a fine carriera?

«Io e Matteo abbiamo sempre fatto progetti a lungo termine: è importante per acquisire una certa mentalità. Bisogna però tener conto che nulla è per sempre: la cosa buona è stata uscire da una relazione lunghissima senza nessuno strascico. Ci sentiamo con continuità: è stato un percorso fantastico per entrambi, ma poi ognuno prosegue per la sua strada. Credo sarebbe sbagliato associare Matteo soltanto a me e viceversa: siamo cresciuti insieme, ma siamo due professionisti diversi».

Continua a vedere le sue partite?

«Quando posso sì e con molto piacere. L’affetto rimane ed è la cosa più bella. Siamo arrivati alla fine con calma, ma anche con la convinzione che fosse la cosa migliore per entrambi. Nessuna delle due parti è rimasta ferita: è una ferita che non è una cicatrice, soltanto un distacco lavorativo. Possiamo dire sia stato un graffio».

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