Sinner, ora la Davis! Il clamoroso debutto a Torino e l'ultimo trionfo Italia

Il ricordo del match d'esordio nel torneo del numero uno al mondo e la voglia di fare ancora una volta la storia: Jannik è pronto

Torino, Bologna, Malaga, da quattro anni il nostro triangolo della Davis, dove accadono cose strane e memorabili. Lo fu anche il debutto di Jannik Sinner. Strano, perché giunse di seguito a un altro debutto, quello alle Finals, avvenuto la settimana precedente, sullo stesso campo di Torino che l’ha visto alzare l’altro ieri il primo trofeo da maestro. Ma anche memorabile, perché un ragazzino di vent’anni, alla sua prima esperienza in Coppa, si oppose al miglior servizio di quegli anni come se nulla fosse. Ne ricavò a sorpresa una quantità di risposte vincenti tale da frantumare in poco più di un’ora (e due minuti) le speranze di un avversario del tutto disabituato a vedersi rimpallare in quel modo la violenza dei servizi che lo avevano reso famoso. Era il 2021 e Jannik giocava contro John Isner, l’uomo che detiene il record per il servizio più veloce di sempre (253 orari) e che Wimbledon ricorda con una targa per aver sconfitto nel 2010 il francese Nicolas Mahut in un confronto lungo 11 ore e 5 minuti, proseguito per tre giornate e concluso 70-68 al quinto set.

Contro quel gigante, 208 centimetri per 105 chili, Jannik mise a segno 60 punti contro 28, e 5 break senza subirne alcuno. Chiuse 6-2 6-0 e fu un’impresa difficile da spiegare. La sua prima in Davis. La prima anche che lo presentasse al pubblico italiano nei panni del tennista del futuro. Forse un numero uno…

Coppa Davis, le scelte di Volandri

Sinner e la Coppa Davis

È anche la storia di una qualificazione fallita all’ultimo spareggio. Sinner vinse i suoi tre singolari (dopo Isner, sistemò il colombiano Galan e il croato Cilic) ma l’Italia smarrì la retta via nel confronto con la Croazia, la rimonta di Sonego contro Gojo fallì in un terzo set di fine stagione, dominato dalla stanchezza, mentre il doppio composto da Fognini e dallo stesso Sinner, gettato nella mischia per scombinare i piani di Mektic e Pavic, pratici ed esperti – una coppia che ha fatto la storia, prima che si sfaldasse tra liti sempre più accese –, non trovò le coordinate giuste per metterli in difficoltà. Un’occasione perduta, forse. Ma anche la sensazione che l’Italia fosse una delle squadre di maggiori qualità. Occorreva liberarle, farle crescere, recuperare Berrettini che si era infortunato agli addominali durante le Finals per la seconda volta in quella stagione, e attendere che altri (Musetti, su tutti) migliorassero tenuta e carattere e si portassero all’altezza degli altri. Insomma serviva ancora un po’ di tempo. Non troppo, ma un po’ sì…

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L'eliminazione del 2022

Proprio Musetti fu indispensabile alla squadra in avvio della Coppa successiva. Il 5 marzo 2022 l’Italia affrontò la Slovacchia in trasferta e Lorenzo detto Lollo, allora ventenne, mostrò di essere ormai pronto per spiccare il balzo. La vittoria consegnò gli azzurri alle cure del pubblico bolognese, tra i più entusiasti, in un girone degli ottavi che vide finalmente Sinner e Berrettini insieme. Qualificazione colta di slancio, malgrado un temutissimo avvio contro la solita Croazia, che Musetti, Berrettini e il ricostituito doppio Fognini-Bolelli, lasciarono a zero. Sinner, che aveva problemi fisici, entrò in scena la seconda giornata, battendo Cerundolo, ma nella terza giocò male le sue carte contro Mikael Ymer. La prima e unica sconfitta in singolare di Jannik in Coppa. L’Italia partì per Malaga con grandi speranze, ma senza Sinner fermato per riparazioni urgenti e con un Berrettini che stava anche peggio. Battuti gli Stati Uniti, la semifinale contro il Canada fu decisa dall’infortunio dell’ultimo momento capitato a Bolelli, sostituito da un Berrettini entusiasta di poter essere utile, ma accolto con qualche remora da Fognini, convinto che una scelta diversa gli avrebbe garantito di giocare dalla sua solita parte senza provocare un doppio cambio, di compagno e di schemi. Musetti finì battuto da Auger-Aliassime, che poi fu prezioso anche in doppio, e l’attesa della finale si allungò di un altro anno.

Il trionfo a Malaga

Preceduta da qualche polemica sul forfait di Sinner, che anticipò il decollo del tennista verso le vittorie a raffica ottenute dalla fine del 2023 fino a oggi (appena otto le sconfitte subite da allora), l’Italia di un anno fa fu squadra di slanci e di miracoli. Affrontò con Musetti, Sonego e il debuttante Arnaldi una difficile qualificazione, ritrovando un Canada quanto mai tosto (fu 3-0 per gli americani, l’ultima sconfitta della nostra Davis), rimediando poi i punti necessari a volare in Spagna contro Cile e Svezia. A Malaga, con Sinner in squadra (ma Berrettini fuori per l’infortunio subito agli US Open), la squadra italiana trovò nel suo Matteo numero due (Arnaldi) una pedina fondamentale, in grado di reggere l’impatto contro avversari di primo piano. Sinner giocò anche in doppio, con Sonego, trovando punti preziosi che servirono a superare L’Olanda nei quarti e la Serbia in semifinale. Al centro, il nuovo confronto con Djokovic, che Sinner aveva sconfitto la prima volta nel round robin delle Finals torinesi, perdendoci poi nella finale.

Il confronto di Malaga vide il numero uno di allora a un passo dalla vittoria, ma Sinner fu in grado di sfilargli tre match point e poi trafiggerlo. In finale bastarono i singolaristi per acquietare l’Australia. Arnaldi mise su un partitone contro Popyrin, Sinner nascose la palla a De Minaur, chiudendo il discorso con un sei-zero letale.

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La terza Davis in un 2024 speciale

Era la seconda Coppa Davis per il nostro Paese, giunta a distanza di 47 anni dalla prima, in Cile. La volle festeggiare anche il presidente Mattarella, felice di poter fare i complimenti alla squadra riunita al Quirinale. Il seguito ci porta ai giorni nostri. Le tre vittorie su Brasile, Belgio e Olanda portano la firma di Matteo Berrettini, tornato in squadra dopo aver fatto da capo tifoso nei giorni della conquista della Coppa. Stavolta è giunto Sinner a fare il tifo per i compagni, e tutti hanno dato il loro apporto. Arnaldi battendo Monteiro il brasiliano, Cobolli superando Griekspoor l’olandese e Bolelli-Vavassori conquistando il punto decisivo contro il Belgio. Ora tocca a Sinner, nel suo ruolo di caposquadra e numero uno. C’è una terza Davis che ci aspetta, nella stagione più bella del nostro tennis.

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Torino, Bologna, Malaga, da quattro anni il nostro triangolo della Davis, dove accadono cose strane e memorabili. Lo fu anche il debutto di Jannik Sinner. Strano, perché giunse di seguito a un altro debutto, quello alle Finals, avvenuto la settimana precedente, sullo stesso campo di Torino che l’ha visto alzare l’altro ieri il primo trofeo da maestro. Ma anche memorabile, perché un ragazzino di vent’anni, alla sua prima esperienza in Coppa, si oppose al miglior servizio di quegli anni come se nulla fosse. Ne ricavò a sorpresa una quantità di risposte vincenti tale da frantumare in poco più di un’ora (e due minuti) le speranze di un avversario del tutto disabituato a vedersi rimpallare in quel modo la violenza dei servizi che lo avevano reso famoso. Era il 2021 e Jannik giocava contro John Isner, l’uomo che detiene il record per il servizio più veloce di sempre (253 orari) e che Wimbledon ricorda con una targa per aver sconfitto nel 2010 il francese Nicolas Mahut in un confronto lungo 11 ore e 5 minuti, proseguito per tre giornate e concluso 70-68 al quinto set.

Contro quel gigante, 208 centimetri per 105 chili, Jannik mise a segno 60 punti contro 28, e 5 break senza subirne alcuno. Chiuse 6-2 6-0 e fu un’impresa difficile da spiegare. La sua prima in Davis. La prima anche che lo presentasse al pubblico italiano nei panni del tennista del futuro. Forse un numero uno…

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È anche la storia di una qualificazione fallita all’ultimo spareggio. Sinner vinse i suoi tre singolari (dopo Isner, sistemò il colombiano Galan e il croato Cilic) ma l’Italia smarrì la retta via nel confronto con la Croazia, la rimonta di Sonego contro Gojo fallì in un terzo set di fine stagione, dominato dalla stanchezza, mentre il doppio composto da Fognini e dallo stesso Sinner, gettato nella mischia per scombinare i piani di Mektic e Pavic, pratici ed esperti – una coppia che ha fatto la storia, prima che si sfaldasse tra liti sempre più accese –, non trovò le coordinate giuste per metterli in difficoltà. Un’occasione perduta, forse. Ma anche la sensazione che l’Italia fosse una delle squadre di maggiori qualità. Occorreva liberarle, farle crescere, recuperare Berrettini che si era infortunato agli addominali durante le Finals per la seconda volta in quella stagione, e attendere che altri (Musetti, su tutti) migliorassero tenuta e carattere e si portassero all’altezza degli altri. Insomma serviva ancora un po’ di tempo. Non troppo, ma un po’ sì…

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