Il magico 2024 del tennis italiano
Domenica è stato il giorno della conquista, della Coppa di tutti, dell’amicizia che si rinnova, degli abbracci, dei lacrimoni che non ce la fai a tenerli su. Cuore ed emozioni davanti a tutto il resto, come lo sport esige, riscoprendo gli aggettivi dell’epica che aggiungono allori sui riccioli degli atleti e li configurano come terrene divinità. Oggi invece è la giornata delle valutazioni, della rilettura attenta e ponderata di ciò che è successo, della presa d’atto e dei dubbi che si sono messi di traverso. Non in questo caso, però. Dubbi non ce ne sono, l’Italia ha portato a termine un’impresa accessibile, per quanto sia sempre umanamente arduo combinare impegno e vittoria con il favore dei pronostici che rappresentano il vento più anomalo tra tutti, e talvolta si rifiutano di soffiare dalla stessa parte. È la vittoria che chiude la stagione più bella, s’è detto. Ed è vero. Dentro la Coppa c’è un anno con ventiquattro titoli, se vi va di crederci, uomini e donne insieme, in lieta e perfetta parità. Ed è stata una vittoria di squadra, nel senso più ampio del termine. Tutti hanno aggiunto qualcosa, quelli che c’erano e quelli che non c’erano, ma ci sono stati e si sono fatti sentire (Arnaldi, Cobolli…) quando ce n’era il bisogno. Tutto vero, inconfutabile. Con un’aggiunta che però non deve mancare… Se la vittoria è di tutti, lo è stata un po’ di più per Sinner. E più ancora per Matteo Berrettini.