Tullamarine, Melbourne, è uno di quegli aeroporti che quando sbarchi, manca ancora un chilometro. Da fare a piedi. «Ti chiamo appena arrivo», mi aveva detto. Dubai-Melbourne sono tredici ore. Il messaggino giunge in orario, “chiamami ora”. Lo faccio, so dov’è. Questa è un’intervista che deve durare un chilometro. Vincenzo Santopadre è una consolazione. Non ti lascia mai solo, e non ha bisogno di riunire un conclave prima di rispondere. Il tema è il 2025, annuncio. «Il prossimo non sarà ancora l’anno della trinità», mi dice pronto, mitico, più che mistico. E allora quando? «Due anni ancora, almeno».
Tranquillizzami, stiamo parlando entrambi della stessa cosa, vero? «Penso di sì. Chi insieme a quei due… Non è così?».
Appunto. Sinner, Alcaraz e chi? «Joao Fonseca, per dirne uno. Talento a perdita d’occhio, un mare di talento, ed è in crescita, perfino rapida. Ha un po’ di Jannik e un po’ di Carlitos. Ma è ancora un bimbo. Glielo leggi negli occhi, lo vedi da certe reazioni che ha sul campo. Ha un buon team, gente seria. Dategli tempo, deve imparare tutto. Se quest’anno arriva tra i primi trenta, sarà pronto per lo scatto futuro».
Un bimbo tra i bimbi. Anche Alcaraz lo sembra, a volte. Non è così? «Anche Carlos, sì. Ha appena 21 anni, ma ha già vinto. Anzi, ha vinto moltissimo. E questo ti cambia dentro. Sa già di potersi permettere traguardi altissimi, ma deve crescere nella continuità, ed è un percorso sempre complesso, molto personale».
A confronto, Sinner è già un uomo. «Altro che… L’ho visto allenarsi a Dubai. Uno spettacolo. Continua a investire su se stesso, non ha mai smesso di farlo. Aggiunge di continuo nuovi particolari importanti al proprio gioco. Lo troverete migliorato. Questione di mentalità. La sua è forgiata nel minerale più duro che vi sia».
Lonsdaelite. Rarissimo. Viene da meteoriti cadute milioni di anni fa. Provenienza aliena… «Aliena, hai detto? Gli si addice…»