“Sinner è una bestia, so il problema di Berrettini. Musetti migliorerà”

Lo svedese Thomas Johansson, un successo a Melbourne, ora è un tecnico quotato e applaude la crescita del movimento azzurro
“Sinner è una bestia, so il problema di Berrettini. Musetti migliorerà”
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«Ricordo perfettamente quelle giornate. Appena messo piede in Australia mi sono sentito strano. Non cacciavo una palla dall'altra parte della rete, ero così frustrato che dopo qualche giorno ho detto al mio allenatore e a mia moglie: “torniamo a casa, qui è un distrastro". Loro invece mi hanno convinto a restare e a lottare. Prima con la testa e poi con il fisico. Giorno dopo giorno, partita dopo partita ho ritrovato il ritmo e ho giocato il mio miglior tennis. E vissuto il giorno più grande della mia vita, il mio giorno». 
 

 Il 17 gennaio 2002, quasi ventitré anni fa. Thomas Johansson, che nel frattempo è arrivato a quota 49, svedese, erede di Bjorn Borg e Mats Wilander, insomma della tradizione scandinava di giocatori maratoneti e lottatori da fondo campo, non spettacolari ma di grande sostanza, ci racconta l'apice della sua carriera di fronte ai campi in erba del Kooyong Lawn Tennis Club, la casa degli Australian Open, fino al 1987, e dove Jannik Sinner l'anno scorso ha iniziato in esibizione la sua cavalcata trionfale verso il primo Slam e il numero 1 del mondo. 
Nove tornei vinti, la classifica mondiale scalata fino al numero 7, due apici: quella vittoria a sorpresa e l'argento olimpico del doppio con Simon Aspelin a Pechino 2008 perdendo la finale contro la Svizzera di sua maestà Roger Federer e del principe del rovescio a una mano Stan Wawrinka. In mezzo una grande choc, una pallata in allenamento con Mario Ancic che gli ha procurato il distacco della retina all'occhio destro. E portato al ritiro, per diventare allenatore. Di campionesse (l'ex n. 1 Caroline Wozniacki, la greca Sakkari) e top10 come il belga Goffin e ora il giapponese Nishikori che ricerca lo smalto perduto dopo tanti, troppi infortuni. È a Melbourne per scoprire i talenti di domani. Johansson è la persona migliore per parlare anche del boom italiano. 
 
Thomas, partiamo dalla scommessa Nishikori, ex numero 4 del mondo, ora 74. 
«Si sente molto meglio dopo molti problemi fisici. Ha 35 anni e deve avere rispetto per il suo corpo, ma sono molto contento di quello che sta facendo. Siamo sulla strada giusta, il buon torneo di Hong Kong, dove ha perso in finale col francese Muller, lo dimostra». 
 
Un lottatore come lei. E Sinner... 
«Già, Jannik non molla mai. Ha una forza mentale straordinaria, ma quello che mi impressiona di più è un aspetto che ancora non è considerato abbastanza. Fisicamente è una bestia. Il modo in cui si muove, il modo in cui si difende, il modo in cui attacca... Incredibili. Mettete tutto insieme e capite perché è il numero 1. E di tanto». 

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Berrettini, Musetti e Paolini

Berrettini invece come Nishikori è stato rallentato da troppi infortuni. 
«Il problema di Matteo è che è molto alto e che si appoggia su una struttura sottile, esile, con una parte superiore del corpo invece massiccia. Kei è più basso, non si porta dietro tanto peso. Matteo sì. Mi piace molto, è molto forte, ma forse ha bisogno di mettere un po' più di massa nelle gambe. Amo vederlo giocare e odio vederlo farsi male così spesso, infortunarsi. Ha le potenzialità per essere un top-top player, quello della finale di Wimbleon. So che ci sta lavorando e che ha intorno persone molto professionali, quindi sono ottimista per lui». 
 
Musetti invece non è un lottatore, ma uno spettacolo per gli occhi. 
«A me Lorenzo piace molto, non solo tecnicamente. Viviamo entrambi a Montecarlo, lo vedo spesso allenarsi. È un ragazzo meraviglioso, con potenzialità estremamente alte, ma è una grande persona anche fuori dal campo. Penso che vivrà un bell'anno, migliore di quello passato. I motivi sono due: è un giocatore molto forte e in Italia state vivendo un boom. Avete un leader che trascina e spinge in avanti tutto il gruppo». 
 
Già, un momento magico. 
«Sì, ma non penso che sarà un momento. Credo che durerà a lungo: l'Italia sarà al vertice per tanti anni. Non avete solo il numero 1 del mondo e molti giocatori in top100, ma anche tanti giovani alla base che spingono. Nel vostro Paese vedo tanto talento». 
 
Lei ha allenato anche donne molto forti, cosa pensa della Paolini? 
«Amo Jasmine. È sempre sorridente, positiva, così carina. Sono molto contento dei suoi risultati anche per Renzo (l'allenatore Furlan che da giocatore Thomas ha battuto nella finale in uno dei suoi sette titoli: San Pietroburgo 1997, ndr). Il lavoro e i miglioramenti che ha fatto in questi ultimi anni è impressionante, specie perché non è certo una donna imponente come Rybakina o Sabalenka. Il confronto fisico è notevole, eppure Jasmine è lì, lotta con loro. Sono molto curioso di vedere cosa farà quest'anno». 

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«Ricordo perfettamente quelle giornate. Appena messo piede in Australia mi sono sentito strano. Non cacciavo una palla dall'altra parte della rete, ero così frustrato che dopo qualche giorno ho detto al mio allenatore e a mia moglie: “torniamo a casa, qui è un distrastro". Loro invece mi hanno convinto a restare e a lottare. Prima con la testa e poi con il fisico. Giorno dopo giorno, partita dopo partita ho ritrovato il ritmo e ho giocato il mio miglior tennis. E vissuto il giorno più grande della mia vita, il mio giorno». 
 

 Il 17 gennaio 2002, quasi ventitré anni fa. Thomas Johansson, che nel frattempo è arrivato a quota 49, svedese, erede di Bjorn Borg e Mats Wilander, insomma della tradizione scandinava di giocatori maratoneti e lottatori da fondo campo, non spettacolari ma di grande sostanza, ci racconta l'apice della sua carriera di fronte ai campi in erba del Kooyong Lawn Tennis Club, la casa degli Australian Open, fino al 1987, e dove Jannik Sinner l'anno scorso ha iniziato in esibizione la sua cavalcata trionfale verso il primo Slam e il numero 1 del mondo. 
Nove tornei vinti, la classifica mondiale scalata fino al numero 7, due apici: quella vittoria a sorpresa e l'argento olimpico del doppio con Simon Aspelin a Pechino 2008 perdendo la finale contro la Svizzera di sua maestà Roger Federer e del principe del rovescio a una mano Stan Wawrinka. In mezzo una grande choc, una pallata in allenamento con Mario Ancic che gli ha procurato il distacco della retina all'occhio destro. E portato al ritiro, per diventare allenatore. Di campionesse (l'ex n. 1 Caroline Wozniacki, la greca Sakkari) e top10 come il belga Goffin e ora il giapponese Nishikori che ricerca lo smalto perduto dopo tanti, troppi infortuni. È a Melbourne per scoprire i talenti di domani. Johansson è la persona migliore per parlare anche del boom italiano. 
 
Thomas, partiamo dalla scommessa Nishikori, ex numero 4 del mondo, ora 74. 
«Si sente molto meglio dopo molti problemi fisici. Ha 35 anni e deve avere rispetto per il suo corpo, ma sono molto contento di quello che sta facendo. Siamo sulla strada giusta, il buon torneo di Hong Kong, dove ha perso in finale col francese Muller, lo dimostra». 
 
Un lottatore come lei. E Sinner... 
«Già, Jannik non molla mai. Ha una forza mentale straordinaria, ma quello che mi impressiona di più è un aspetto che ancora non è considerato abbastanza. Fisicamente è una bestia. Il modo in cui si muove, il modo in cui si difende, il modo in cui attacca... Incredibili. Mettete tutto insieme e capite perché è il numero 1. E di tanto». 

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