
Darren Cahill deve avere perso il conto di quante volte abbia fatto il giro del mondo in quarantacinque anni. Come dice Mats Wilander, sette volte campione Slam, anche un globetrotter come il supercoach di Sinner avrà il diritto di fermarsi, a fine anno. Anche perché John, il papà di Darren che a lui è legatissimo, sta per compiere 85 anni e c'è un momento nella vita in cui i figli diventano genitori dei genitori e vogliono stare molto vicini ai genitori. Il fatto è che, sul campo, la missione per Jannik è compiuta e sente di averla compiuta nel modo migliore l'allenatore che portò Lleyton Hewitt sul tetto del mondo, nel novembre 2001, facendolo diventare il Numero Uno a 20 anni e 8 mesi, record che ha resistito sino all'ascesa di Carlos Alcaraz nel 2022. Poi c'è stato Andre Agassi, sotto la guida di Darren divenuto a 33 anni e 131 giorni il più anziano giocatore ad avere mai occupato la prima posizione del ranking Atp e capace di vincere altri 11 titoli.Quindi, l'australiano ha preso per mano Simona Halep, dal 2017 al 2018 e lei è diventata la prima nella classifica Wta, ha sigillato il primo Slam al Roland Garros nel 2018 e ha disputato altre due finali nei major.
L'allenatore dei campioni
Capite perché, un rabdomante di campioni del suo calibro avesse visto lungo nel 2022, quando assunse l'incarico di supercoach di Sinner: "Jannik mi ricorda molto Hewitt. Come lui, ha il fuoco dentro, è competitivo, lo anima una grande etica del lavoro, ha i piedi per terra ed è molto umile. Il mio ruolo? Trasmettergli la mia esperienza". Darren aveva capito tutto del talento che aveva di fronte, il quale ricorda sempre quanto il feeling fosse stato repentino: "Ricordo ancora la prima settimana durante la quale abbiamo lavorato insieme, a Eastbourne. Darren ha una grande esperienza e sa come adattarsi a ogni giocatore". Qui sta il punto, cioè la capacità di Cahill di individuare e di esaltare le qualità di Jannik, indicandogli la strada per esprimerle al massimo livello, diventando il primo italiano nella storia a sedersi sul trono. La definizione di allenatore è riduttiva per l'uomo che, fra le prime cose, mostrò a Sinner i video di Agassi, spiegando al New York Times: "Jannik è alto, magro, ha una grande apertura di braccia e può generare una grande potenza. Ai suoi tempi, Agassi rivoluzionò il gioco per il modo con il quale colpìva la palla, soprattutto dal lato del rovescio. Dai grandi giocatori del passato c'è tanto da imparare perché,con la tecnologia dell'epoca e con le racchette che avevano loro, hanno semplificato le cose. Come dire, non si finisce mai di imparare. Filosofia socratica. Ha scritto il padre del pensiero storico occidentale: “Chi crede di sapere non sa; io almeno non so, ma non credo di sapere. Ed è proprio per questa piccola differenza che io sembro di essere più sapiente, perché non credo di sapere quello che non so".
Esperienza, umiltà, cultura del lavoro, sacrificio
Ecco: esperienza, umiltà, cultura del lavoro, sacrificio, voglia di migliorarsi giorno per giorno, resilienza. Di tutto questo la missione di Cahill si è nutrita e come non ricordare il sostegno morale, la solidarietà, il conforto che il Supercoach ha dato a Jannik da quando è cominciata la farsa Wada sul Clostebol, con la quale la Volpe Rossa è costretta a convivere, aspettando il Tas del 16 e 17 aprile. È questa l'ultima missione di Darren da compiere fuori dal campo, a Losanna, prima di congedarsi da Jannik. Tornano alla mente le parole pronunciate in piena tempesta al Corriere, prima delle Atp Finals: "Dopo ciò che ha vissuto, Jannik ha capito che potrà sopravvivere a tutto: nulla può più fargli paura. Due Slam, la stagione chiusa da numero 1: lui è fonte d’ispirazione anche per me, che pure sono un coach navigato. Tutti parlano del team, di quanto siamo importanti per lui.
Però è vero anche il contrario: il leader è lui, è lui che traccia la via. E se ne è capace, è perché sa di essere innocente: non ha fatto nulla di male. Jannik va avanti a testa alta, intanto.Affronteremo l’appello Wada con uno spirito sereno. Se c’è qualcosa di positivo in questo nuovo processo è che la Wada non ha messo in dubbio quanto Jannik sia un giocatore pulito e per noi è la cosa più importante. L’ha detto la Wada stessa, appellando: la sostanza trovata nelle urine di Jannik non ha a che vedere con il doping che altera le performance. Non è in discussione la ricostruzione di come sia potuto risultare positivo: un errore di un paio di ex membri del team, senza alcuna responsabilità del giocatore. Sappiamo che la squalifica sia una possibilità, ma non c’è nulla che noi possiamo fare per cambiare questa situazione. Quindi ci concentriamo sul lavoro quotidiano. Qualsiasi cosa succederà, Sinner l’affronterà con la solita maturità e compostezza. E noi faremo di tutto per proteggerlo". Ha proprio ragione, Jannik: chi trova Cahill, trova un tesoro