Shhhh, silenzio! Siamo di fronte a un capolavoro. A un nuovo modo di guardare le cose del tennis, il presente e il futuro, ciò che è stato e ciò che sarà. E anche lui, Mastro Sinner, che sul capolavoro ha apposto la firma, appare per l’ennesima volta rinnovato – o aggiornato se preferite – ai nostri occhi che continuano a sorprendersi di ciò che sappiamo ormai benissimo di lui, giovane uomo dedito a migliorare di continuo, a essere sempre se stesso pur cambiando incessantemente. Trovare la semplicità nella complessità, è il tema di giornata, e Sinner lo affronta tracciando, quasi con voluttà, righe sempre più prossime e numerose, sulla tavolozza che il campo rappresenta. Tutte indicano una strada, un percorso compiuto, e ognuna è necessariamente diversa dall’altra. Se il tennis fosse pittura le righe avrebbero un proprio colore, a determinare figure geometriche diseguali ma rappresentative dei pensieri, delle scelte che le hanno determinate. E il campo diverrebbe simile a un quadro di Piet Mondrian, padre del neoplasticismo: opere all’apparenza semplici, da tutti riproducibili, in realtà strutturate in modi cui solo lui seppe infondere uno spirito vitale.

Sinner e il tocco dell'artista
Così ha fatto Sinner, andando a cogliere il terzo frutto del suo viaggio negli Slam contro un tennista, Sascha Zverev, di grandi doti fisiche e balistiche, ma impreparato a cogliere gli sviluppi della costruzione tennistica che il numero uno gli stava proponendo. Non c’era spazio per il duello rusticano fine a se stesso, aveva senso solo la costruzione di un tennis in grado di offrire infinite traiettorie verso l’approdo finale, il rendez vous con la vittoria. Un tennis capace di raccogliere insieme la semplicità dell’esecuzione e la profondità delle intenzioni, divergente quel poco da se stesso per non essere mai uguale, e in grado di mostrare in quanti modi sia possibile operare scelte migliori dell’avversario, senza derogare dall’obiettivo fissato. Nasce così un match quasi privo di errori. Una finale che poche volte mi era capitato di osservare, nello svolgimento, e anche nel punteggio, tra due atleti a loro modo vicini come Sinner e Zverev. Due che prendono le mosse da un tennis di grande vigore, di estrema potenza e vitalità, simile per molti aspetti, se Sinner non l’avesse popolato di nuove indicazioni, e arricchito di mille particolari. Sono stato spettatore di svariate finali terminate con punteggi simili.