Sinner, angelo fuori dal campo e diavolo dentro: come ha festeggiato

Il modo in cui Jannik ha celebrato il trionfo agli Australian Open e affrontato l'avversario e le interviste racconta molto di lui

Ormai gli avversari la buttano sull’ironia. E sull’autoironia. In fondo è il primo e più importante riconoscimento della grandezza di un campione. È pure un attestato di stima e rispetto, se non amicizia. Sascha Zverev, per esempio, non dimenticherà l’abbraccio e le parole di Jannik poco dopo la vittoria, preceduto soltanto dall’abbraccio a staff e fratello. Così, sull’aereo prima della partenza dall’Australia Sascha posta una foto e commenta: "Bene, questa volta almeno sono davanti a lui", con annesse faccine sorridenti. Sinner è il re che può infastidire soltanto per la sua superiorità ora schiacciante, ma certo non per le relazioni umane. Anche con i tennisti che lo inseguono.

Sinner, il campione educato e umile

Sinner l’hanno disegnato così i suoi genitori, con l’educazione ammirevole in casa. Jannik non cambia, né cambierà mai. Sarà sempre diretto e con il sorriso della disponibilità indossato in ogni occasione. Che sia per il servizio fotografico con la Norman Bookes Challenge Cup, che il giorno dopo segue il trionfo in uno Slam. Che sia per l’intervista fatta da uno dei bambini protagonisti del lancio della monetina durante il torneo. Allo shooting, sotto la pioggia rinunciando all’ombrello, Sinner conferma un altro punto fermo di questa stagione partita in pieno dominio sul resto del mondo: la volontà di mantenere il contatto con la famiglia, la realtà al di fuori del tennis. "Vincere per la seconda volta l’Australian Open è speciale. Il primo Slam è diverso, è come un sollievo. Vedi le cose che puoi fare se giochi alla grande. Il secondo forse te lo godi un po’ di più, ma ogni Slam che vinci ha una storia diversa e le sue difficoltà".

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Sinner e i festeggiamenti sobri

Al solito, nessun grande festeggiamento per il titolo, Jannik ha bisogno del suo mondo e di prendersi tempo: "Ho chiamato i miei, per sentire se era tutto a posto a casa. Poi siamo andati a cena, c’era anche mio fratello con noi. È stato un momento molto bello, ci siamo presi del tempo per noi, non abbiamo fatto niente di che, ma era quello che ci serviva dopo queste due settimane in cui sei sempre sotto i riflettori. Eravamo ovviamente molto felici". E poi ha anticipato a modo suo ciò che sarebbe diventato ufficiale poco dopo. "Adesso ci sta di avere un po’ di tempo per riposare, poi quando ci rimetteremo al lavoro, il tennis avrà di nuovo il 100% della nostra attenzione. Ci sono tanti tornei importanti in cui devo essere al top, ma è fondamentale avere l’equilibrio, il bilanciamento tra la vita fuori dal campo e il lavoro in campo. Meglio prendersi un giorno in più di pausa per essere poi pronto al massimo". E dunque niente Rotterdam, appuntamento a Doha.

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Il calendario di Sinner 

Sotto la pioggia Jannik è tornato anche sulla consolazione a Zverev, ammettendo quanto sia più difficile per un giocatore convivere con la sconfitta: "Per noi giocatori il dolore per una sconfitta è più forte della gioia per una vittoria, siamo sempre più attaccati, purtroppo, alle cose che non riusciamo a fare. È un nostro difetto. Per Sascha era un momento difficile, ho cercato di incoraggiarlo. Merita più di tutti di vincere uno Slam".  Poi l'attenzione a un bambino, sotto un albero secolare e a fianco dello Yarra River. Si chiama Leo, origini italiane, Jannik lo ha messo subito a proprio agio dicendogli “parli l’italiano meglio di me”. "È speciale svegliarsi con questo trofeo, assaporare ogni tipo di clima in un sol giorno. La pressione? A volte non è facile da gestire, ma ti spinge a tirare fuori il meglio. La cosa importante è concentrarti su di te e divertirti con quello che fai. E quando sono giù, cerco di trovare sempre una soluzione perché so che nel tennis non è finita fino a quando la partita non è finita, tutto può cambiare. A volte bisogna essere anche fortunati". Elegante e disponibile fuori, un diavolo di computer in campo. Che del resto la sua minaccia l’aveva già lanciata ai rivali il giorno prima: "Sono felice, ma ora devo migliorare sulla terra". Il percorso è disegnato. Doha dal 17 al 22 febbraio per restare sul cemento all’aperto e giocare un torneo diverso. Poi un’esibizione a Las Vegas con Zverev, Fritz e Tommy Paul. E il Sunshine double, Indian Wells dal 5 al 16 marzo e Miami dal 19 al 30. Poi la terra, Montecarlo, finalmente Roma e il Roland Garros, aspettando il verdetto del Tas dopo l’udienza del 16-17 aprile.

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Ormai gli avversari la buttano sull’ironia. E sull’autoironia. In fondo è il primo e più importante riconoscimento della grandezza di un campione. È pure un attestato di stima e rispetto, se non amicizia. Sascha Zverev, per esempio, non dimenticherà l’abbraccio e le parole di Jannik poco dopo la vittoria, preceduto soltanto dall’abbraccio a staff e fratello. Così, sull’aereo prima della partenza dall’Australia Sascha posta una foto e commenta: "Bene, questa volta almeno sono davanti a lui", con annesse faccine sorridenti. Sinner è il re che può infastidire soltanto per la sua superiorità ora schiacciante, ma certo non per le relazioni umane. Anche con i tennisti che lo inseguono.

Sinner, il campione educato e umile

Sinner l’hanno disegnato così i suoi genitori, con l’educazione ammirevole in casa. Jannik non cambia, né cambierà mai. Sarà sempre diretto e con il sorriso della disponibilità indossato in ogni occasione. Che sia per il servizio fotografico con la Norman Bookes Challenge Cup, che il giorno dopo segue il trionfo in uno Slam. Che sia per l’intervista fatta da uno dei bambini protagonisti del lancio della monetina durante il torneo. Allo shooting, sotto la pioggia rinunciando all’ombrello, Sinner conferma un altro punto fermo di questa stagione partita in pieno dominio sul resto del mondo: la volontà di mantenere il contatto con la famiglia, la realtà al di fuori del tennis. "Vincere per la seconda volta l’Australian Open è speciale. Il primo Slam è diverso, è come un sollievo. Vedi le cose che puoi fare se giochi alla grande. Il secondo forse te lo godi un po’ di più, ma ogni Slam che vinci ha una storia diversa e le sue difficoltà".

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