Appassionati e addetti ai lavori (e probabilmente persino gli avversari) sono d'accordo: c'è un solo avversario che può fermare uno Jannik Sinner sul campo così dominante ed è il Tribunale Arbitrale dello Sport, chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato dalla Wada. L'agenzia mondiale antidoping si è opposta infatti all'assoluzione decisa l'agosto scorso dall’Itia (International Tennis Integrity Agency), tribunale indipendente che ha giudicato in primo grado il caso della positività del 23enne di Sesto Pusteria al clostebol, in una concentrazione di “86 miliardesimi di grammo/millilitro” per il controllo effettuato il 10 marzo al torneo di Indian Wells e di “76 miliardesimi di grammo/millilitro" per il test svolto il 18 marzo, fuori torneo.

Sinner e il caso Clostebol
In sostanza l'Itia ha accolto la spiegazione del campione azzurro di una contaminazione con il Trofodermin, spray usato dal fisioterapista Giacomo Naldi che si era procurato un taglio a un dito della mano e gli ha praticato massaggi e altri trattamenti. Una versione che la Wada non ha mai contestato, ritenendo tuttavia non corretta la constatazione di “assenza di colpa o negligenza” ai sensi delle norme vigenti, in base alle quali "è dovere personale di ogni giocatore assicurarsi che nessuna sostanza proibita entri nel suo organismo". Per questo, l'agenzia antidoping ha richiesto che Sinner (ha dovuto rinunciare ai 400 punti Atp del 1000 californiano e pagare una multa di 300mila euro) venga squalificato per un periodo da uno a due anni.