Su Sinner
"Se mi piacerebbe allenare Sinner dopo lo stop? No, no, per carità. No, no, ma non è la vita che fa per me, tutti i giorni vedere le stesse persone, mi mette l'ansia. Poi, quella vita lì... Sai, il coach, oramai, deve avere una vocazione quasi monacale, perché vivi sempre insieme a questo giocatore. Lui più tutti gli altri... Perché una volta ci stavano giocatore e coach. Adesso ci stanno il coach, il vice-coach, il vice del vice-coach, il fisioterapista, il parrucchiere, manicure... Passi 300 giorni l'anno col tuo team, minimo, se non di più... Ma pensa che ogni mattina mi devo alzare per dover parlare sempre di tennis, figuratevi, è da impazzire. Io voglio parlare soprattutto di altre cose, mi annoio dopo 5 minuti... È una vita che non potrei mai fare. Assolutamente, già facevo fatica a fare la vita da tennista, figuriamoci quella da coach", le parole di Adriano Panatta sulla possibilità di entrare nel team del leader del ranking mondiale.