È bastato respirare l’aria di casa per ritrovare il sorriso, come si vede dalle foto del suo arrivo all’aeroporto di Bolzano, dopo la trasferta parigina culminata con la sconfitta al quinto set contro Carlos Alcaraz. Partita da leggenda, durata cinque ore e ventinove minuti. Partita da archiviare, con insegnamento annesso. Il mantra di Jannik Sinner, d’altronde, è il solito: famiglia, lavoro, dedizione, resilienza, educazione. Riabbracciare papà Hanspeter, che al Roland Garros non c’era perché impegnato in cucina, e stare un po’ con mamma Siglinde, che in tribuna è stata stoica, ridarà serenità al nostro fuoriclasse della racchetta. Che festeggia, tra l’altro, un anno esatto da numero 1 al mondo. Boschi, golf, kart, gli amici e i propri cari: poi si riparte. "La mia famiglia, chi mi conosce, tutti mi aiuteranno. A volte dai, a volte prendi: ora tocca a me ricevere". L’obiettivo, ovvio, è vincere Wimbledon, impresa mai riuscita a un italiano (primo e unico finalista il compagno di avventura in Davis Matteo Berrettini). Nel mezzo, salvo imprevisti, la ripartenza sull’erba di Halle, in Germania, dove è campione in carica. Venerdì sono attesi i sorteggi del tabellone: nel doppio, Jannik è dato iscritto con l’altro amico azzurro Lorenzo Sonego. Per ricaricarsi, entrambi.
Sinner sa come rialzarsi dopo una caduta
Il Rosso, è sicuro, sa come rialzarsi, più forte di prima. È scritto nella sua storia agonistica. In passato, dalle batoste, anche inaspettate come quella con Daniel Altmaier a Parigi, si è ripreso vincendo, picchiando ancora più forte, scalando la classifica. E, ricordiamolo, finali a Roma e al Roland Garros non ne aveva mai fatte. Quindi, altro salto in alto. Ora cerca l’impresa sul verde londinese, dove al massimo si è issato in semifinale, sconfitto da Nole Djokovic 6-3, 6-4, 7-6 nel 2023. Lì, si sentì più vicino che mai al serbo, il carotino. E da lì spinse sull’acceleratore. Deve trovare l’antidoto a Carlitos Alcaraz, la sua kryptonite. Riuscirà nell’intento, la fiducia è massima. D’altronde, a suo tempo, ci è riuscito con tutte le sue bestie nere: da Stefanos Tsitsipas che lo fermava in Australia a Daniil Medvedev che lo bloccava sul suo terreno preferito, il cemento (e pure l’erba l’anno passato corredato dall’affare Clostebol con malori annessi), arrivando al Djoker. Dalla sfida di Coppa Davis ha svoltato con il serbo, invertendo i ruoli. Rimane il ragazzo terribile di El Palmar: per carità, battuto a Umago, a Wimbledon, in Arabia, ma avanti - e tanto - nei confronti diretti.