Wimbledon, Royal Sinner oltre Federer. I cavalli in calzini, precedenti bulgari e fragole in cartone

La cuccuma reale, gli applausi con una mano sola, curry e chicken e Roddick che si gode Roger Jannik: è l'erba, bellezza

Applausi contenuti, con una mano sola, che batte sulla coscia. L’altra serve a evitare che la cuccuma con dentro qualcosa di pasticciato possa spargersi sui regali scranni. Pasticcio di pollo a tutti gli effetti, royal chicken. A Wimbledon tutto è “royal”, a cominciare dal box dei titolati, che si nota per i disegni a fiori sui vestiti delle dame, simili alle tende di Buckingham Palace, e per certe arditissime acconciature che sembrano building a quattro piani, e occorre una troupe esperta in edilizia acrobatica per pettinarle. L’erba, poi, è royal per principio, perché solo un giardino del re potrebbe permettersi di far giungere le sementi da ogni parte del mondo, per intrecciarle, provarle e stabilire ogni anno la semina migliore.

Dal loglio, alla poa pratensis, alla segale (80 per cento) di questi ultimi anni, sugli steli del Centre Court c’è scritta la storia del torneo. «Un bel posto» disse la regina Elisabetta, in una delle sue rarissime apparizioni a Wimbledon, «peccato che questo sport non si possa giocare a cavallo». Il duca di Kent, proprietario dei terreni su cui sorge l’impianto di Church Road, ci pensò un po’ sulla regale sortita, radunò i giardinieri per chiedere lumi: ma un cavallo sul Centre Court… È proprio impossibile? Gli mostrarono le foto di un tempo, quando i cavalli entravano davvero sui campi per aiutare il lavoro, con le loro brave pattine a mo’ di calzino sopra gli zoccoli, per non rovinare l’erba. Il duca comprese: chiedere ai reali di cavalcare un cavallo con i calzini, non avrebbe migliorato i suoi rapporti con la Casa Madre

 

 

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Sinner, operazione "Dimenticare Halle"

Lunch con Sinner, a pranzo con il peccatore. Meglio che seguire un allenamento, ma l’impegno non è poi così diverso. Pedro Martinez recita nella parte dell’invitato, ma forse non l’ha capito e ha l’espressione colpevole di un imbucato, sicuro che presto lo beccheranno. E lei chi è, scusi? A che titolo è qui? Pedro non ha titoli, ma sa sorridere della vita. Ai giornalisti spagnoli, ieri mattina, prima dell’evento, ha raccontato che se la stava facendo sotto. Troppa emozione, una regale diarrea… Ha lasciato il campo felice, in compenso. «Ho tolto a Sinner almeno un game per set». Cinque in tutto, non c’è da scialare. Ma nel 2° lo spagnolo è riuscito a colpire più spesso la palla di piatto, e qualche segnale della sua presenza l’ha inviato, malgrado la spalla destra abbia richiesto l’intervento dei fisio.

Fin qui, Sinner ha potuto in tutta calma rinfrescare le proprie reminiscenze erbivore, dalle scivolate controllate (l’erba, si sa è traditrice, e per ritrovare il giusto timing con il quale pattinare verso la palla, occorre tempo e qualche inevitabile caduta), a come alternare al meglio con il servizio i colpi piatti e quelli in kick. L’operazione “dimenticare Halle” procede. Anche Bublik ha tolto subito le tende e ha già ripreso la via di casa: il numero uno è solo con se stesso e conoscendolo direi che gli va bene così. È la 17ª volta che Sinner è negli ottavi di uno Slam, la 4ª a Wimbledon in 5 partecipazioni. 

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Jannik toglie un record a Federer a Wimbledon!

Un altro record di casa nostra che si aggiunge a quelli già timbrati: anche in questa classifica a finirgli dietro è Pietrangeli, negli ottavi 16 volte. Finora non ha perso un set, non ha subito un break, vincendo tutti i turni di servizio. In totale (3 match) ha perso 17 game: record di Wimbledon era Open: meglio dei 19 di Federer 2004 («mi è sempre piaciuto tantissimo guardarlo giocare: però non mi interessano queste statistiche»). Eppure sono numeri importanti, tra un piatto di pollo al curry e una porzione di fragole, che ora le danno dentro un cartone che ricorda quello del latte, sulle tribune, e qualche mascherato sgranocchio anche tra gli ospiti del Royal Box, dove spiccavano Roddick e Amritraj, entrambi nella Hall of Fame. A loro si è rivolto Sinner: «Mi sembra di non aver vinto nulla in confronto a voi», mentre ha già vinto più di Andy e Vijay messi insieme. «È bello vedere i volti di chi ci segue, grazie per le vostre attenzioni». Applausi del pubblico, a richiesta.

24 ore per pensare a Dimitrov, che in 3 set si è liberato dell’austriaco Ofner. «È un grande tennista, e di sicuro mi proporrà problemi diversi cui dovrò dare risposta. Ho una giornata per prepararmi, voglio fare le cose per bene». Perciò ha declinato gli inviti per andare a Silverstone a vedere dal vivo il GP di Formula 1: «Voglio concentrarmi sul torneo». Col bulgaro ha giocato 5 volte: la prima a favore di Dimitrov (Jannik era un pupo), le altre 4 per Sinner (compresa la finale a Miami ‘24) con un solo set perso.

Sinner-Dimitrov, orario e dove vedere in tv e streaming l'ottavo di Jannik a Wimbledon

 

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Applausi contenuti, con una mano sola, che batte sulla coscia. L’altra serve a evitare che la cuccuma con dentro qualcosa di pasticciato possa spargersi sui regali scranni. Pasticcio di pollo a tutti gli effetti, royal chicken. A Wimbledon tutto è “royal”, a cominciare dal box dei titolati, che si nota per i disegni a fiori sui vestiti delle dame, simili alle tende di Buckingham Palace, e per certe arditissime acconciature che sembrano building a quattro piani, e occorre una troupe esperta in edilizia acrobatica per pettinarle. L’erba, poi, è royal per principio, perché solo un giardino del re potrebbe permettersi di far giungere le sementi da ogni parte del mondo, per intrecciarle, provarle e stabilire ogni anno la semina migliore.

Dal loglio, alla poa pratensis, alla segale (80 per cento) di questi ultimi anni, sugli steli del Centre Court c’è scritta la storia del torneo. «Un bel posto» disse la regina Elisabetta, in una delle sue rarissime apparizioni a Wimbledon, «peccato che questo sport non si possa giocare a cavallo». Il duca di Kent, proprietario dei terreni su cui sorge l’impianto di Church Road, ci pensò un po’ sulla regale sortita, radunò i giardinieri per chiedere lumi: ma un cavallo sul Centre Court… È proprio impossibile? Gli mostrarono le foto di un tempo, quando i cavalli entravano davvero sui campi per aiutare il lavoro, con le loro brave pattine a mo’ di calzino sopra gli zoccoli, per non rovinare l’erba. Il duca comprese: chiedere ai reali di cavalcare un cavallo con i calzini, non avrebbe migliorato i suoi rapporti con la Casa Madre

 

 

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