Visto dall’alto delle tribune a strapiombo sul Centrale, tutto sembra normale, tutto appare visto e risaputo. La chierica è al suo posto, l’esultanza non è diversa da quella che lo fece conoscere 19 anni fa nel gran giro del tennis, gli scatti hanno ancora un che di felino, se c’è una palla da ghermire. E se ti chiami Rafa, una palla da adunghiare non manca mai.
Nadal è ancora Nadal, verrebbe da dire, ed è a suo modo consolante, almeno credo. In fondo, se ogni anno vissuto da professionista del tennis ne valesse tre di un uomo che abbia condotto una vita di lavoro assai meno dispendiosa, magari seduto davanti al computer, potrei dire che io e Rafa abbiamo la stessa età, sulla settantina.
Ma lui sostiene che le cose non stanno così. Dichiara di scoprire nuove sensazioni ogni giorno che trascorre in questo ritrovato Tour, nel quale ha ripreso a circolare da due settimane e mezzo.
Anche i leoni hanno paura: i turbamenti di Nadal
Percezioni, sentori, turbamenti mai provati prima. E relativi stati d’animo, su tutti quello del combattente, disposto a ribellarsi perfino nei confronti di se stesso. Sapete l’ultima? Nadal dice di aver paura. E aggiunge che fino a quando non se la scrollerà di dosso, o la prenderà a calci nel sedere, cosa che lui è capacissimo di fare malgrado nessuno abbia mai stabilito dove si trovi il “lato B” della paura, gli sarà complicato sentirsi di nuovo pronto e competitivo come vorrebbe. Tanto più a due settimane dal Roland Garros, “su casa”.
Ma paura di che? Di non farcela? E allora ci faccia capire meglio quali scopi nasconda questo ritorno. È un giro d’onore negli stadi, tra gli spettatori che l’hanno amato di più? Roma ieri ha riempito il Centrale per rivederlo ancora, salutarlo, incitarlo, e ringraziarlo di esistere, come si faceva un tempo lontano con i Penati, le divinità protettrici della casa e della famiglia. Al Foro, tra le statuette di coccio da onorare, la sua c’è da tempo. Ha vinto il torneo dieci volte, ha partecipato a dodici finali. Da quella dei cinque set contro Coria, nel 2005, all’ultima vinta nel 2021, solo Djokovic è riuscito a sfilargli il trofeo (nelle finali del 2011 e 2014).
"È un momento complicato": le condizioni migliorano, ma ancora non convincono
Oppure le intenzioni sono diverse e negli appunti sull’agenda, nella sezione “cose da fare”, Rafa ha scritto “ricordati che devi vincere il titolo numero quindici a Parigi”? Perché se è così, allora è probabile che Nadal sia in ritardo, di condizione, di partite giocate, di palline colpite. Sperava di tornare prima, ci ha provato in Australia, ha giocato a Brisbane, ma di fronte allo Slam non se l’è sentita di tentare. Ha fatto un nuovo tentativo a Indian Wells, e un altro ancora a Montecarlo, ma non era aria. Così, si è presentato a Barcellona, ha battuto uno spaurito Cobolli, poi si è arreso di fronte a De Minaur. Era una ripartenza, logico che si sia esaurita alle prime difficoltà. Eppure, la settimana dopo, a Madrid, con De Minaur era già pronto per la rivincita. Tipico di Rafa… 5-7 1-6 a Barcellona, 7-6 6-3 nella capitale. A Madrid i passi avanti si sono visti, ma il torneo è durato quattro match e Lehecka gli è stato fatale. Ancora troppo poco, per immagazzinare le energie che gli serviranno al Roland Garros. Roma può essere il torneo che gli farà il pieno?
Rafa continua a scuotere la testa. «Non lo so, come potrei saperlo? Certo che dei passi avanti ci sono stati, ne sono consapevole, e anche contento. Ma non si tratta solo di questo. È un momento complicato, difficile, perché ho bisogno di verificare i miglioramenti ogni volta che scendo in campo, ma non sempre è possibile».
"Devo continuare a provarci, che altro potrei fare?": Nadal non molla e punta Hurkacz
Visione inedita di un tennista tutto d’un pezzo che deve aver fatto duramente i conti con se stesso, a cominciare dall’idea - difficile da digerire - che parte dei suoi pezzi si siano dispersi tra un’officina e l’altra, nelle quali ha trascorso negli ultimi anni più tempo che sui campi da tennis.
«Ci provo», continua Rafa, «ma sento che mi sto trascinando dietro un filo di paura, sugli scatti in particolare. E questo mi toglie tranquillità. L’intervento chirurgico che ho subito ha rimosso una parte importante del mio tendine psoas, e ho dovuto mettere in moto molti muscoli per supplire. In pratica, li costringo a lavorare più di prima. E ho bisogno di tempo per permettere al mio corpo di abituarsi a queste nuove necessità. Il problema è che non ho molto tempo a disposizione».
Il turno l’ha passato, tra gli incitamenti dei nadaliani di origine romana. Ma ha sofferto anche contro Zizou Bergs, ventiquattrenne belga di padre innamorato di Zidane, best ranking al numero 103. Gli ha regalato il primo set, lasciandosi breakkare due volte, la prima sul vantaggio di 3-1. Poi ha fatto pesare l'esperienza e ha rimesso le cose a posto nei due set successivi, ma senza mai dare l’impressione di dominare.
«Non è questo il problema. Mettiamola così, la vittoria mi offre l’opportunità di giocare un nuovo match. Nel primo le cose sono andate così così, lo so. Magari nel prossimo farò meglio, e riuscirò a stare in campo senza altri pensieri. Devo continuare a provarci, che altro potrei fare?».
Al prossimo turno c’è Hubert Hurkacz (curioso, non si sono mai incontrati). E Rafa dovrà chiedere al polacco, attuale numero 9 del mondo, se per favore lo aiuta a mettere da parte i propri timori.