Pagina 2 | Panatta, la profezia sul 2024 di Sinner: "Segnatevelo in rosso sull'agenda"

Sinner è in semifinale. Tutti gli altri son lì che fanno i conti. Match vinti, set, game e via confondendosi. Forse è il caso di intitolare i Gironi ai grandi matematici, che so, quello con l’italiano, il Green Group, a Pico della Mirandola o a Leonardo Fibonacci, l’altro, il Red Group, a John Nash se non addirittura ad Albert Einstein. Vabbè. Quello che conta è che Sinner è qualificato, ed è il primo italiano a farcela nel torneo di fine stagione. Un’associazione, questa, tra Sinner e “primo italiano” che sta diventando sempre più ricca di contenuti, e per me decisamente rassicurante. Ieri qualcuno mi ha chiesto…

Adrià, ma quando nascerà un nuovo Sinner? Mi sono sentito riavere. Ragazzo simpatico Jannik, alla mano, educato e carino nei modi, spigliato, uno a cui piace divertirsi. Ma soprattutto un ragazzo, con i suoi 22 anni, sebbene in campo ne dimostri di più. Ci siamo conosciuti in questi giorni, ci siamo anche fatti due risate. Non vi fate confondere dal Sinner che in campo si trasforma, quello è il portato della concentrazione, dall’attenzione spasmodica che serve a giocare questo tennis sempre più complesso e veloce. Ed è anche, giusto aggiungerlo, l’effetto dell’impegno che occorre per fare le cose come si deve, obiettivo che Sinner non intende contravvenire. E fa bene.

Sinner, è il tuo momento

Perché è il suo momento, e ci sta coinvolgendo tutti, dai Carota Boys a chi per natura è più restio a concedersi al tifo, ma tocca a lui guidarlo, spingerlo nella giusta direzione. Spero che “il primo italiano” Sinner lo diventi anche in altri aspetti di questo nostro sport. Intanto, visto che c’è, può essere il primo finalista, poi anche il primo vincitore. Della rosa degli iscritti al possibile ruolo di semifinalista, non deve temere nessuno. Ha il tennis e la condizione fisica per farcela con tutti. Lo ha dimostrato in quest’ultimo mese. Ha battuto Alcaraz, due volte Medvedev e poi Djokovic, i numeri due, tre e uno del mondo. Può vincere, ne ha facoltà. Soprattutto, ne ha i mezzi come il Pico della Mirandola Group ha messo in mostra.

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Sinner, il ranking e gli Us Open

Poi può scalare il ranking, e diventare il primo numero uno italiano. E anche il primo italiano a vincere uno Slam su una superficie diversa dalla terra rossa. US Open 2024, segnateveli sull’agenda, in rosso. Ore 20, domenica, vedere in tivù Sinner che vince! Ma intanto è in semifinale. Ed è già una bellissima presa. Ma non basta. A noi certamente. Figuratevi a lui. Io, era il 1975, nemmeno la vidi con il binocolo, la semifinale. Ma era un Master diverso, a quei tempi. Intanto, molto più giovane e povero di storia, e quindi anche di tradizione. Sapevamo che era un tentativo importante che l’ATP stava portando avanti (in quegli anni fui anche nel board dell’associazione), ma era difficile ipotizzare che si sviluppasse in un torneo di tale richiamo.

Quell’anno si giocò a Stoccolma, sullo stesso campo dove il mese prima avevo battuto Connors nella finale del torneo. Dalla Svezia ero partito per il Sud America, Buenos Aires, Rio, poi avevo deciso di rientrare fermandomi a giocare in Sud Africa. Pessima decisione. Da Johannesburg a Stoccolma, fu un inferno. Sbagliai aereo, mangiai qualcosa che mi fece male, arrivai in Svezia dopo quattro voli, visitando i servizi igienici di tutti gli aeroporti in cui ci fermammo. Arrivai stravolto. Non fu il mio torneo, proprio no. Ma nel 1976 mi andò meglio.

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Sinner, il ranking e gli Us Open

Poi può scalare il ranking, e diventare il primo numero uno italiano. E anche il primo italiano a vincere uno Slam su una superficie diversa dalla terra rossa. US Open 2024, segnateveli sull’agenda, in rosso. Ore 20, domenica, vedere in tivù Sinner che vince! Ma intanto è in semifinale. Ed è già una bellissima presa. Ma non basta. A noi certamente. Figuratevi a lui. Io, era il 1975, nemmeno la vidi con il binocolo, la semifinale. Ma era un Master diverso, a quei tempi. Intanto, molto più giovane e povero di storia, e quindi anche di tradizione. Sapevamo che era un tentativo importante che l’ATP stava portando avanti (in quegli anni fui anche nel board dell’associazione), ma era difficile ipotizzare che si sviluppasse in un torneo di tale richiamo.

Quell’anno si giocò a Stoccolma, sullo stesso campo dove il mese prima avevo battuto Connors nella finale del torneo. Dalla Svezia ero partito per il Sud America, Buenos Aires, Rio, poi avevo deciso di rientrare fermandomi a giocare in Sud Africa. Pessima decisione. Da Johannesburg a Stoccolma, fu un inferno. Sbagliai aereo, mangiai qualcosa che mi fece male, arrivai in Svezia dopo quattro voli, visitando i servizi igienici di tutti gli aeroporti in cui ci fermammo. Arrivai stravolto. Non fu il mio torneo, proprio no. Ma nel 1976 mi andò meglio.

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