TORINO - "Tutti esperti di tennis, mo’. Del resto due mesi fa erano tutti velisti. E alle Olimpiadi perfino ginnasti. La verità è che l’italiano non è sportivo: è tifoso. Per carità, è bellissima questa esplosione di popolarità del tennis, eh? Sia chiaro: altrimenti poi dicono che sono un rosicone, un invidioso. Ma vi pare? È bellissimo ed è merito di Sinner. In gran parte almeno, via. Anche se ogni tanto io e Panatta scherzando ci diciamo: oh, ha anche un po’ rotto le balle...". Massì, Pietrangeli, diciamo le cose come stanno! Adesso pure le Atp Finals ha vinto, questo giovanotto, il torneo che ai suoi tempi chiamavano Masters. E chissà cos’ha in testa per i prossimi anni. "Ormai quando faccio una battuta lo premetto, oppure aggiungo la postilla. Mi hanno dato addosso solo per aver ricordato che almeno il mio record di 164 partite in Coppa Davis non lo batterà mai, che gli ci vorrebbero due vite. Allora, provo a essere serio: a me c’è soltanto una cosa che dà davvero fastidio: quando sento qualcuno dell’ambiente - dai giocatori ai dirigenti, dai giornalisti ai parvenu - parlare come se il tennis lo avessero inventato loro. Qualcuno ha giocato, e bene, e ha vinto, e tanto, e ha fatto grande il tennis anche prima di questa svolta - diciamo - moderna. E ha posto le basi perché questo gioco oggi arrivasse a far girare certe cifre, a far diventare dei ventenni già miliardari; milionari, pardòn, che adesso c’è l’euro. Mi fa arrabbiare la mancanza di riconoscenza. E anche un po’ di cultura. Non puoi esaltarti per Federer senza aver visto come giocava Sampras. Ora, non dico di impararsi a memoria i 500 anni del tennis di Gianni Clerici, ma magari leggere un po’ di più, informarsi su chi ha fatto grande questo sport cinquanta-sessant’anni fa. Il gioco più difficile di tutti, lo sport del diavolo, come lo ha definito Adriano".
Torniamo a Jannik, Nicola. Ormai s’è già detto quasi tutto, ma secondo me lei può dire qualcosa ancora qualcosa di inedito.
"Io do un consiglio: se lo vedete dal vivo, ma anche solo in tv, non vi limitate a guardare. Provate ad ascoltare. A sentire. Sentire il colpo. Il rumore dei suoi colpi. La forza, ma anche la pienezza. Quello schiocco. Si capiscono tante cose. Nessuno fa quel rumore lì. Nessuno è così devastante".
Quanto talento e quanto lavoro in Sinner, Pietrangeli?
"Metà e metà. Campioni si nasce, non si diventa. Oggi però per eccellere e mettere a frutto il talento devi essere prima un superatleta; una volta potevi fare il contrario. Ora non c’è verso. Dopodiché lui è stato bravissimo ad aggiungere ogni volta un dettaglio, curandolo, a salire un gradino per volta, imparando dalle sconfitte - pochissime e sempre più rare - ancor più che dalle vittorie. Però...".